Basta dare un minimo ascolto a Kulturkriget, secondo album degli svedesi Ett Dödens Maskineri, per poter esclamare “Che bellezza!” e iscriversi subito dopo a un corso online di lingua svedese. Battute a parte, ci ritroviamo tra le mani un ottimo disco di crust-hardcore dal forte piglio melodico che è una gioia da ascoltare. Tra le influenze dei nostri chiaramente spicca la coppia connazionale di Disfear e Wolfbrigade, i Tragedy meno cupi e si sente qua e là qualche tentativo di spingersi oltre che potrebbe chiaramente riportarci alla mente i Refused, sempre per rimanere in Svezia (spunta qua e là una qualche atmosfera malinconica e quasi gotica per cui non è fuori dal caso pensare, per esempio, agli AFI di Sing the Sorrow). Ed è proprio sul solco tracciato da questi nobili padri che i quattro di Falun (Daniel Garpebring, voce e chitarra, Aidin Razavi, chitarra e cori con i finlandesi Erik Öyen al basso e Andreas Thunmarker a batteria e cori) versano delle ben dosate gocce di nitroglicerina mischiando hardcore melodico, punk e una voce declamatoria (che ci ha ricordato più Erik Gärdefors a.k.a. Grift che altri esempi di cantanti crust tout-court) tirando fuori 12 tracce dall’alta carica esplosiva. I testi sono tutti in svedese (tranne qualche frase in inglese in “Distortion to hell”) e ci raccontano della guerra di cultura (kulturkriget, appunto) che permea ogni aspetto della vita moderna, lanciando come proiettili esplosivi strali e slogan ad abbattere patriarcato, fascismo moderno e capitalismo e infiammando di nuovo la mai spenta fiaccola dell’anarchia.
Le tre tracce che aprono il disco ci pongono subito di fronte alla furia mai scontata che ci verrà proposta nell’ascolto. “Vapen och ammunition”, “Människovärdighet” e la title-track mettono in chiaro che qua non si faranno prigionieri. Colpiscono peraltro la pulizia dei suoni (cosa non troppo rara, a dire il vero, nel crust scandinavo) e il perfetto mixaggio che ci fa godere a pieno dell’ottima vena dei nostri. Splendida quindi la resa sonora e se capissimo qualcosa di svedese verrebbe voglia di cantare a squarciagola insieme ai Nostri. Si tira un attimo il fiato arrivati al quarto pezzo, la già menzionata “Distortion to hell”, l’episodio più melodico del lotto con voce pulita e pregevolissima e uno strano mix inglese-svedese del testo. Poco più di tre minuti di relativa calma e via si riparte con “Blodröd”, che vede come ospite alla voce Henrik Levahn degli Horndal e che, nonostante alcuni sentori di thrash primigenio, si rivela essere, a nostro modestissimo avviso, il pezzo più debole di tutto l’album, vuoi per la ritmica un po’ più complessa e quasi indecisa, vuoi per la scarsa coerenza con la proposta dei Nostri. Comunque, a spazzare via ogni dubbio, ecco l’accoppiata “Avgrundsmörkret”/”Högerspöket”, aperta da un arpeggio à la Badalamenti della prima (che continua portata avanti da un bella e triste melodia della chitarra) mentre la seconda è un furioso assalto con un Garpebring al limite della possessione e con un bel riffone centrale/bridge/assolo che riporta alla mente gli Entombed di Wolverine Blues. “Med mandomen lindad runt halsen” ci sorprende con un bell’inizio che paga tributo, appunto, a quegli Dei del punk-hardcore svedese e mondiale che rispondevano al nome di Refused. Il pezzo in poco più di due minuti concentra la melodia e l’aggressività tipica dei Nostri e aggiunge un ritornellone che ci fa subito cercare il testo per poterlo urlare insieme a loro. La successiva “En ö i en ändlös ocean” ci fa illudere con una sequenza iniziale di poche note di piano, ma presto torna su territori già battuti anche se su tempi meno sostenuti (interessante lo scambio a due voci della strofa su un ricercato tappeto ritmico). La tripletta che ci porta alla fine del disco vede come primo pezzo “Le misanthrope” e anche qua sono soprattutto i bridge centrali che non ci fanno tenere fermo il piede e si fa apprezzare, e tanto, il lavoro delle chitarre che sembrano quasi duellare. “Stormsteg” è il brano più lungo dei dodici di Kulturkriget e già sarebbe un’ottima chiusura, con il suo incedere ritmico rallentato e quasi tribale: è con pezzi come questo che si capisce l’originalità della proposta del quartetto. Quindi, una gran carica di potenza e aggressività, tanta melodia (anche sufficientemente ruffiana) e un sottofondo malinconico in certi passaggi di chitarra e nel tono declamatorio degli urli. Il gran finale è per “Godnatt jord”, cavalcatona punk che nemmeno arriva ai due minuti ma che risulta essere un grande inno di coscienza, consapevolezza e reazione (“Buonanotte, terra” è la traduzione del titolo dell’omonima serie tv svedese del 1979 che racconta la dura vita dei proletari agricoli dei primi del Novecento).
Kulturkriget è un gran disco, un’ottima colonna sonora per la Resistenza a questa attuale e brutale guerra di cultura (e di classe). Gli Ett Dödens Maskineri sanno padroneggiare alla grandissima gli strumenti e sanno stare in sala prove a cesellare ogni minimo dettaglio dei loro pezzi. È ovvio che non stiamo parlando di virtuosismi o di onanismi su corde e pelli bensì di piena consapevolezza dei propri mezzi volta a comporre e produrre delle ottime basi da cui far partire i propri canti di rivolta. Di battaglie tante ne sono state perse e persino la guerra sembra avere una drammatica e tremenda conclusione. Eppure, ci sono degli illusi sognatori che tengono alta la bandiera della rivolta a uno stato delle cose che ci sta portando dritti verso il baratro. Ecco, gli Ett Dödens Maskineri stanno su quelle barricate e sembrano indicarci il punto nel quale è possibile attaccare il nemico e dove spaventarlo il più possibile. E da quella barricata si voltano verso di noi e ci gridano la più classica delle domande: “E tu, da che parte stai?”. Se continueranno ad accompagnarci con i loro inni di ribellione, forse sarà forse un po’ più facile rispondere.
(Suicide Records, 2023)
1. Vapen och ammunition
2. Människovärdighet
3. Kulturkriget
4. Distortion to hell
5. Blodröd
6. Avgrundsmörkret
7. Högerspöket
8. Med mandomen lindad runt halsen
9. En ö i en ändlös ocean
10. Le misanthrope
11. Stormsteg
12. Godnatt jord