È il 2016 e finalmente acclamiamo il ritorno degli Explosions in the Sky, usciti dal pantano dell’autocitazionismo e della mancanza di ispirazione. The Wilderness è il loro miglior disco dai tempi di The Earth is Not a Cold Dead Place, e in numerosi tratti – lasciateci sbilanciare – risulta anche migliore di quest’ultimo. La scena post-rock nel frattempo è afflitta maggiormente, per deformazione di genere, da miliardi di gruppi fotocopia su cui si elevano solo pochi nomi. Anche gli Explosions in the Sky sembravano esser diventati la fotocopia di se stessi, e già il loro miglior lavoro è largamente debitore di GY!BE, Mogwai e Slint, tanto per fare qualche nome.
The Wilderness è forse il primo disco davvero non derivativo dei Texani, a tratti imprevedibile, con delle ritmiche rinnovate e piacevolmente dinamiche, in cui si stagliano atmosfere electro-pop molto delicate. In The Wilderness non si contemplano enormi spazi aperti e orizzonti infiniti, né si abusa dei tipici crescendo post rock che ormai si sa dove andranno a parare a partire dalle prime due note. In verità sono i dettagli dei momenti più quieti a far la differenza, facendo suonare il lotto di pezzi colmo di momenti emozionanti. I crescendo sono presenti ma confinati in piccole gemme, capaci di creare davvero delle esplosioni nel cielo di breve durata e mai prevedibili: insomma, meno fuochi d’artificio, più bagliori momentanei. L’atmosfera generale è ieratica e melodica al contempo: si passa dall’esuberanza di “Disintegration Anxiety” alla psichedelia primitiva di “Logic of a Dream, dall’inquietitudine di “Losing the Light” alla dolcezza della titletrack, facendo l’occhiolino in certi momenti ai Cure di Disintegration e all’ambient minimalista e underground di Tim Hecker in altri. Le chitarre suonano pulite e precise, ma sono perennemente contrapposte a molti altri suoni più drammatici, come la batteria spesso distorta o digitale, oppure l’elettronica distaccata e asettica: il tutto contribuisce a aumentare un sostanzioso feeling di bellezza oscura, romantico e coinvolgente. Basti ascoltare le bellissime “Tangle Formations” o “Landing Cliffs” per rendersi conto di ciò. Vi sono anche momenti più sincopati come “Infinite Orbits”, che sembrano richiamare i concorrenti 65 Days of Static: la differenza però sta nel generale mood del pezzo, il quale rimane caldo e coinvolgente, contrariamente alla deriva digitale intrapresa dai loro colleghi.
The Wilderness ci descrive una natura lontana, inquieta, cinematica. The Wilderness è una goccia d’acqua che cade su una felce dopo un violento acquazzone. The Wilderness è l’odore del terreno pronto ad accogliere nuovi germogli.The Wilderness è questo e molto altro, ma rimane comunque un viaggio introspettivo sincero e toccante. E ne avevamo proprio bisogno da molto tempo.
(Temporary Residence Limited, 2016)
01. The Wilderness
02. The Ecstatics
03. Tangle Formation
04. Logic of a Dream
05. Disintegration Anxiety
06. Losing the Light
07. Infinite Orbit
08. Colors in Space
09. Landing Cliffs