La scena black metal francese, molto prolifica anche quest’anno, sforna un’altra pietra miliare, ma questa volta senza cercare innovazioni o distaccamenti dal genere. I Forhist non sono altro che l’ultima incarnazione del geniale compositore Vindsval, membro fondatore di The Eye, Children Of Maani, Yeruselem, ma soprattutto entità senza volto dietro ai Blut Aus Nord, attivi sulla scena da circa trent’anni e autori di ben 13 album, più materiale vario, abbracciando tutte le variazioni possibili di un genere a cui hanno dato il proprio apporto per quanto riguarda l’evoluzione stilistica.
In questo debutto omonimo, pubblicato da Debemur Morti Productions il 26 febbraio, non troverete sperimentazioni, sprazzi di avanguardismo o progressismi, perché questo disco è un nostalgico viaggio a ritroso fino ai giorni magici del black metal più puro, quello norvegese dei primi anni ’90; un viaggio fatto di riff armoniosi ma selvaggi, assoli melodici, voce maligna e synth neo-gotici, sempre al livello elevato a cui siamo abituati quando si parla di questo autore-compositore. Qui le radici di Vindsval, tra i più anomali e istrionici personaggi della scena black metal, vengono portate alla luce ed echeggia dal passato la profonda ispirazione dei primi Satyricon, Burzum e Darkthrone, senza, però, essere un clone di tali band, ma ricreando la stessa atmosfera romantica e pericolosa che ha reso così famoso il genere.
Le tracce sono rappresentate da numeri romani, come a testimoniare che il disco è un’unica opera che attraversa varie fasi (non a caso il disco si apre e si chiude sempre con lo stesso sottofondo), trasportandoci in una passeggiata solitaria nelle foreste innevate, un ritorno al grembo da cui le tenebre sono nate tanti anni fa, una celebrazione nostalgica dell’iniziazione alle Arti Oscure. Unica pecca, almeno secondo me, la voce troppo in secondo piano rispetto al resto, ma forse, come accaduto spesso nei Blut Aus Nord, Vindsval vuole valorizzare maggiormente la musica composta, tesi avvalorata dal fatto che le parti cantate sono molto brevi rispetto alle composizioni.
I 43 minuti del disco passano lisci, tra blast-beat furenti, riff taglienti e melodici allo stesso tempo, synth maestosi, mid-tempo epici e rumori della natura tipici delle foreste del Nord, tra soavi cinguettii di uccelli, piogge incessanti, tuoni rimbombanti e il mare burrascoso che si infrange sugli scogli. I brani sono tutti ottimi, ma vorrei comunque segnalare fra tutti “IV”, mid-tempo maestoso, con i suoi synth d’atmosfera, i cori epici e le parti acustiche meditative, rappresentante i giorni lontani in cui tutto il mondo guardava al black metal come ad un astro nascente nel panorama musicale mondiale.
Per chi, come me, è cresciuto musicalmente e anagraficamente negli anni ’90, Forhist rappresenta un piacevole amarcord, quasi commovente; per chi era troppo giovane per aver vissuto la scena estrema di quegli anni, invece, questo manifesto di metallo nero dovrebbe essere materia di studio nel programma di storia della musica. Ascoltatevi e godetevi Forhist mentre passeggiate attraverso foreste innevate (se potete), oppure mentre le immaginate, e mantenete accesa la nera fiamma del black metal.
(Debemur Morti Productions, 2021)
1.I
2.II
3.III
4.IV
5.V
6.VI
7.VII
8.VIII