Un senso di misterioso, di arcaico e di magico pervade la musica dei Forlesen, un quartetto originario della Bay Area ma di stanza a Portland (OR) autore del secondo lavoro a distanza di due anni dal debutto, quel Hierophant Violent che onestamente aveva stregato il sottoscritto. Il qui presente Black Terrain condivide molti tratti con il precedente lavoro, in prima battuta il formato: non più due pezzi monolitici ma quattro canzoni, di durata comunque importante e portatrici delle stesse caratteristiche di monumentalità, possenza e inaspettata fruibilità, che piano piano, colpo dopo colpo, immergono l’ascoltatore in un’atmosfera sempre cangiante. Il tutto grazie ai tanti riferimenti musicali che i nostri tirano in ballo: (epic) doom, drone, black metal, slowcore, alcune spruzzate di psichedelia, folk e post-metal, per un prodotto incredibilmente affascinante e coeso.
Dietro i Forlesen si celano alcuni (ex-) membri di Botanist, Lotus Thief e Kayo Dot, tutte band di difficile inquadramento e decisamente istrioniche nelle loro composizioni: un aspetto questo che è stato trasportato anche in questo progetto, e che giustifica l’oggettiva difficoltà di inquadrare un lavoro che comunque non necessita di etichette, ma che va ascoltato e goduto ad occhi chiusi, come un viaggio, assaporando ogni nota e non preoccupandosi di quando o come finirà, gustandosi semplicemente il percorso. Un trip musicale perfettamente rappresentato dalla copertina ad opera di Benjamin A. Vierling: un artwork che profuma di antico, di credenze popolari, di misticismo e di titanismo, che si sposa divinamente con il brano posto in apertura, “Strega”. Si parte lenti, cadenzati ed eterei, cullati da un inizio dai tratti quasi dark folk/Americana, dimessi e sofferenti, che cresce nel pathos con l’inserimento della seconda voce femminile a supporto della principale, per sollevare un inno dal fortissimo impatto. Ma come ben raffigurato nella cover, questa bellissima atmosfera bucolica è turbata in lontananza da oscure nubi, che non tardano a scaricare sul povero ascoltatore tutta la loro potenza: alla metà del pezzo il mood si fa più torbido e ferale, i toni si incupiscono e una progressione di chiara matrice epic doom diventa il leitmotiv della restante parte della canzone. A tratti si affacciano alla nostra mente echi dei Wolves in the Throne Room più cadenzati e pastorali, dei Dead To A Dying World nelle sezioni più inclini alla malinconia di stampo apocalittico o dei Flight of Sleipnir più veraci, con parentesi ai limiti del drone e del post-metal che nella loro epicità così dimessa e malinconica ci ricordano certe cose fatte dai mai troppo compianti The Angelic Process. E si chiude così il pezzo in apertura: poco più di diciannove minuti di pura ed emozionante poesia messa in musica, con un tripudio di riferimenti amalgamati così sapientemente dai Nostri da rendere la loro proposta assolutamente unica e dannatamente coinvolgente. A seguire due brani uno l’opposto dell’altro, “Black Terrain” e “Harrowed Earth”. Il primo è caliginoso, sospeso, teso come una corda di violino: c’è elettricità nell’aria, una tempesta è prossima a scatenarsi nuovamente, il contadino si affretta a seminare insidiato da una serpe minacciosa e reso inquieto dai corvi che si innalzano di colpo dai campi spogli. Drone, una batteria minimale e tribale, un cantato lento e lontano, e di nuovo gli echi di The Angelic Process e di Esben and the Witch, per un senso di catastrofe imminente che si scatenerà, di fatto, con “Harrowed Earth”. È questo un ferale e sanguigno pezzo per buona parte black metal (di scuola cascadiana per il suo essere così di stampo naturalistico e panteistico) apparentemente confuso ma solo perché riversa sul povero ascoltatore una cascata di riff gelidi e taglienti come rasoi. Ma come già detto i Forlesen non amano mantenere le stesse strutture: alla metà del brano tutto si quieta, per poi riportare il pezzo su coordinate doom epiche e malinconiche. L’album si chiude poi con “Saturnine”, un mantra ipnotico ed atmosferico trascinato nella sua seconda parte da una prestazione maiuscola alle voci e alle chitarre, il tutto in grado di coniugare sensazioni psichedeliche e oniriche con immagini boschive e naturalistiche di nuovo tanto care alla scena Cascadian.
Black Terrain è un lavoro denso, stratificato, profondo e ricco di sorprese, a più riprese addirittura emozionante per come riesce a toccare contemporaneamente più stati d’animo e corde del cuore. I Forlesen avevano già fatto capire di che pasta erano fatti con il loro debutto, ma qui si alza ulteriormente l’asticella e, complice anche una suddivisione in quattro pezzi che rende il tutto più godibile, siamo di fronte a un disco che potenzialmente potrebbe permettere ai Nostri di fare un deciso balzo in avanti e di uscire dall’underground. Fiero, titanico, malinconico e toccante, Black Terrain è di sicuro tra le sorprese di questo 2022.
(I, Voidhanger Records, 2022)
1. Strega
2. Black Terrain
3. Harrowed Earth
4. Saturnine8.0