Quando si tratta di band come i Fractal Universe è impossibile prevedere cosa si andrà ad ascoltare, o almeno, si sa, ma non si può avere idea di come verrà presentato a chi ascolta. Un approccio impossibile che ha sempre caratterizzato qualunque uscita di moltissime altre band come Dillinger Escape Plan, Between The Buried And Me, The Contortionist o più banalmente i Pain Of Salvation. Quasi come se si stesse navigando in un mare avvolto da una fitta nebbia, impossibile prevedere la presenza di un faraglione che fa affondare la nave o di imbattersi in un minuscolo isolotto colonizzato da ninfe. Intendiamoci, in entrambi i casi con la suddetta band si tratta sempre della seconda possibilità. In ogni caso si tratta sempre di ascoltare e tastare con mano, con i tempi dovuti magari, perché si tratta pur sempre di qualcosa di veramente poco immediato e non esattamente accessibile a chiunque.
The Impassable Horizon evita completamente di preparare a ciò che sta per arrivare, non perde tempo e si lancia addosso all’ascoltatore come un Magro Notturno assetato di morte. Certo, non che Engram Of Decline o Rhizomes Of Insanity lo facessero, anzi, l’assalto diretto è esattamente lo stesso e funziona ancora. Questa volta i francesi hanno portato una notevole miglioria nel loro sound, infatti in questo nuovo nato la batteria vanta dei suoni decisamente meno plastici, cosa che a me personalmente non ha mai dato fastidio, ma senza dubbio ne risentiva la genuinità della proposta, l’anima per così dire. E non è l’unica novità, perché anche il livello di tecnica in generale è stato notevolmente abbassato per fare spazio ad una maggiore sperimentazione e in favore anche di una maggiore atmosfera. Facendo apparire il tutto come una sorta di brillante chimera venuta fuori dalla fusione di Fallujah e Native Construct. La quantità di idee e soluzioni dentro The Impassable Horizon è notevole e nonostante questo io credo che ci sia un abuso eccessivo di “rake” alla Duplantier, trick simpatico che diverte e colora il tutto, ma che dopo un po’ “maestro, anche meno”, non per quanto ne usino nello specifico i Fractal Universe, ma perché è diventato un particolare di cui sembra nessuna band contemporanea possa fare a meno. A rendere il tutto però più fantasioso ci sono gli inserti di sassofono, suonato dallo stesso Vince Wilquin, che purtroppo è stato usato poco, è un dettaglio che speravo di trovare più spesso, un po’ come nei Rivers Of Nihil, ma è andata così e ce lo teniamo. Brevi sezioni djentate si presentano di quando in quando e sono assolutamente squisite, soprattutto in un brano come “Symmetrical Masquerade”, pezzo che già per chitarre e basso vanta un groove misterioso e bellissimo. Comunque sia è difficile trovare un brano che non funzioni qua dentro, perché anche se non sembra a un primo ascolto, ogni pezzo del disco ha una sua caratteristica, facce ed espressioni della stessa opera differenti a volte in modo quasi impercettibile e a volte quasi completamente. Basta prendere ad esempio la fulminea “Autopoiesis” e la sfuggente “Interfering Spherical Scenes”, che sembrano uscire da due dischi diversi. E tutto questo si dipana in una scaletta di dieci pezzi (più una versione acustica di un brano mutuato dal disco precedente) che non annoiano mai chi ascolta, sempre che chi ascolta non sia troppo soggetto alla tecnica elevata si capisce, ma sono assolutamente sicuro che andando oltre la prestazione virtuosistica dei singoli elementi della band il godimento delle melodie, delle atmosfere e delle sperimentazioni date soprattutto dall’utilizzo di sassofono e synth vari, questo disco può rappresentare un’esperienza auditiva e immaginifica sognante e più che soddisfacente.
Mi pare ovvio che nonostante la band abbia buttato qua dentro il meglio di sé, non ci troviamo di fronte a qualcosa di assolutamente innovativo o rivoluzionario. Io che sono un avido ascoltatore di Umpfel, Distorted Harmony e Others By No One, ho colto in più di un’occasione una palese somiglianza con queste band, ma non è un difetto, perché si tratta pur sempre di cose dotate di grande eleganza e classe, caratteristiche che stanno andando perdute nel tempo, ma che questi ragazzi francesi cercano di tenere bene in evidenza. E può essere benissimo anche che The Impassable Horizon non venga digerito da chi non ama sentire sbrodolii vari quando ascolta musica, non ci sarebbe alcun problema, in fondo non approcciamo la musica tutti allo stesso modo, ma qui tutto ciò che compone il disco è assolutamente al servizio del pezzo, anziché il pezzo asservito agli elementi presenti, questo dettaglio va tenuto bene in mente quando si ascolta questo disco, giusto per non dire subito “troppa tecnica” e lasciarselo alle spalle senza nemmeno averlo approfondito un minimo. Forse non ancora il capolavoro della band, ma di sicuro la strada è quella giusta.
(Metal Blade Records, 2021)
1. Autopoiesis
2. A Clockwork Expectation
3. Interfering Spherical Scenes
4. Symmetrical Masquerade
5. Falls Of The Earth
6. Withering Snowdrops
7. Black Sails of Melancholia
8. A Cosmological Arch
9. Epitaph
10. Godless Machinists
11. Flashes of Potentialities (Unplugged)