Di Shocking Metal. La storia del giornalismo metallaro in Italia, uscito per Crac Edizioni, ne abbiamo parlato nella recensione che gli abbiamo dedicato (potete leggerla qui). Adesso è il turno di parlare con l’autore Francesco Ceccamea. Abbiamo fatto il punto della situazione e poi ci siamo avventurati in una chiacchierata fatta di webzine e underground. Buona lettura.
Ciao Francesco e benvenuto su Grind on the road. Il tuo Shocking Metal compirà un anno ad aprile. Al di là di qualche polemica che ho intravisto sul web, ti va di tirare un po’ le somme di questa particolare avventura editoriale?
Positiva. Ne hanno parlato molto. Ha ricevuto buone recensioni. Purtroppo mi ha fatto anche rompere con qualche “amico” dell’editoria metallara, ma se devo scegliere tra l’esprimere una mia opinione e un esimio collega, preferisco senza dubbio la prima. Chiamatela pure “Attention Whoring”, se volete.
Quanto tempo, quanta pazienza ti è occorsa per la tua ricerca e per dargli un ordine? Ne è valsa la pena? Tornando indietro lo rifaresti?
Ci ho impiegato circa tre anni a raccogliere le dichiarazioni, ordinarle, farmi un’idea, scrivere il libro e mandarlo a Crac Editore. Come direbbe quasi ogni mamma: “Ne è valsa la pena e lo rifarei, certo”.
Che mi dici invece di una riedizione aggiornata con le voci mancanti e un maggior approfondimento sull’universo delle webzine?
Ti confesso che avevo pianificato assieme all’editore un seguito del libro, già alcuni mesi dopo l’uscita di Shocking Metal. Purtroppo l’aver espresso le mie stronze opinioni su alcune delle riviste e non essermi preso la briga di finanziare un’agenzia investigativa per rintracciare alcuni dei Vip storici del giornalismo metallico (e da lì poi la rassegnata esclusione di certi nomi “imprescindibili” come Luca Fassina, dal mio testo) mi ha fatto guadagnare una serie di “COL CAZZO!” abbastanza categorici da tutti i personaggetti che ho interpellato e quindi amen. Magari in futuro potrò tentare un aggiornamento di Shocking Metal, approfondendo la “scena” del web, come suggerisci tu. Io partecipo attivamente all’edicola metallara di internet, la seguo con grande interesse e ottimismo, ma vediamo come si mettono le cose. Ho un sacco di altre cose da fare, tipo ricucire le mie braccia all’agricoltura.
A proposito di webzine, anche se la carta continua ad avere il suo fascino, nella sezione riservata al futuro del giornalismo metallaro, in fondo le difendi, dichiarando che non si capisce in cosa il cartaceo possa essergli superiore. Però io ho anche visto persone che non si prendevano manco il tempo di finire il primo ascolto che già stavano pubblicando la recensione su Facebook. Ora, se la recensione ci aiuta a capire la qualità di un album, su cosa dobbiamo basarci per valutare una webzine? Il manifesto / programma? La serietà della linea editoriale?
Le webzines spesso non hanno alcun programma. Le redazioni iniziano basandosi sul classico schema di Metalitalia: rece, interviste, report e danno il via a un lavoro di doping archivistico: disco bello, disco brutto, disco bello… e così via. La rapidità e la superficialità sono caratteristici del web. Si tratta di una corsa a chi pubblica prima nella convinzione che maggiore sia la velocità e tanti di più saranno i Like e le condivisioni. Del resto superficiali sono le recensioni e chi le scrive e superficiali possono essere quelli che le “leggono”: magari si limitano a sbirciare le prime righe o addirittura neanche leggono il pezzo prima di scrivere sotto un commento tipo: “discone!” o “che merda di album!”. Si tratta comunque di un dibattito critico ma non credo arricchisca nessuno.
Nel tuo libro citi e intervisti tantissimi redattori della carta stampata ma non indichi una “penna “da webzine, anche se qualcuno, ad onor del vero, compare. Marinel, Grazioli, Pessina, Benbow, Novelli: nomi non ne mancherebbero. Come mai questo silenzio? Giusto perché il proposito della tua storia non voleva entrare nel merito di quella “contemporanea”?
Mi interessava soprattutto recuperare le opinioni delle penne che uscivano in edicola. Tra le migliori penne del web segnalo i ragazzi del blog Metal Mirror. E non dimentichiamo gli stranieri: Austin Weber su tutti. E sì, quelli che hai riportato nella domanda. Marco Benbow in particolare è un fuoriclasse. Novelli ultimamente invece mi sembra si stia un po’ spegnendo, (Forza, Max! Dacci dentro, cazzo!) e altri hanno gettato la spugna senza raccogliere praticamente nulla rispetto a quanto fatto in diversi anni: valanghe di recensioni, editoriali brillanti, rubriche originali e divertenti. Penso in particolare a Denis Bonetti di Benzoworld: pagherei per farlo tornare a scrivere. Anche i tipi di Metal Skunk sono fichi. Mi detestano ma io resto un loro fedelissimo follower e spero che prima o poi torni Mancusi con il suo Brutal Crush, almeno la rissa è completa.
Insieme a Benbow tra le altre cose avevi iniziato l’avventura Psycho City, una sorta di Classix Metal del web. Che ne è stato poi?
Beh, ti ringrazio per il paragone con Classix Metal. In verità è successo che abbiamo cominciato con le migliori intenzioni e io ero gasato all’idea di collaborare quanto il Benbow. Già un paio di anni prima avevamo cercato di unire le forze, io, lui e Novelli in un blog a tre. Saltò tutto dopo un tentativo di pianificazione ma va beh. Tornando a PC, dicevo, è successo che poco dopo aver iniziato io mi sono dovuto licenziare dal mio lavoro e questo ha aumentato la mia instabilità. Ho diradato le mie pubblicazioni fino a fermarmi del tutto. Marco si aspettava un comportamento più serio da parte mia e per quanto abbia provato a essere comprensivo e venirmi incontro alla fine gli sono andato in culo. Abbiamo litigato poche settimane fa. Non vuole più avere a che fare con me. Succede sempre più spesso, nella mia vita. Dovrei farmi qualche domanda ma ho paura delle risposte.
Su Shocking Metal non parli mai di Rock Sound, baluardo in Italia del punk rock ma anche del nu metal. Sarebbe stato interessante parlarne anche proprio per il suo taglio “new school”.
Hai ragione. Purtroppo il libro rispecchia molto il mio trascorso di lettore e devo confessare che Rock Sound non l’ho mai neanche aperta. Magari ne approfitterò per colmare la mia lacuna e parlare di questa rivista nella versione aggiornata, che dici?
Parli invece molto dell’importanza di preparare una buona intervista. Questa cosa mi ha fatto venire un po’ d’ansia da prestazione e me ne uscirei con un marzulliano “fatti una domanda e datti una risposta”.
Questa intervista mi sta piacendo? Direi di sì. Vedi, in realtà non ci vuole molto se chi prepara le domande è davvero interessato a conoscere un artista e il suo lavoro. Purtroppo la tendenza all’archivismo dopato di cui ti parlavo più sopra spinge le webzines e le riviste superstiti tipo Rock Hard, a “coprire” il maggior numero di gruppi, anche solo con domande standard, tanto per dire: “ok, ci siamo fatti pure questi, speriamo che gliene freghi a qualcuno”.
Ci vai mai al concertino sotto casa o preferisci il nome medio – grande straniero? Cioè, se ti chiedessi di parlarmi di underground italiano, quello nuovo, non i Fingernails, cosa mi sapresti dire?
L’underground ormai è su internet, mica sotto casa. Anche quello italiano. La scena è virtuale ma ha le stesse caratteristiche di quella reale: ipocrita, infantile, ingenua, provinciale. Ci sono delle valide eccezioni. Devo solo scoprirle. Continuo a scavare. No, scherzo. Vuoi dei nomi? Malnàtt, Selvans, Boglia di Malacoda, Vade Aratro, Nanowar Of Steel, Atroci, Sposa in alto mare. Come puoi notare usano tutti l’Italiano, per me autentico discrimine, sai? Parto così quando sento un gruppo italiano. Canta in inglese americanesco? Due punti di penalità.
Chiudiamo così, cosa rappresenta il metal per Francesco Ceccamea?
Domandona! Il metal per me rappresenta una fonte di forza, energia e benessere. Se provo a farne a meno vado in depressione e non so più di cosa cazzo scrivere.