La Maccaia segna il ritorno di Gaia Banfi, a distanza di cinque anni dal suo album di debutto, Lótus. Cinque anni in cui è cambiato quasi tutto per lei. Gaia è cresciuta, come donna e come musicista. E lo si capisce immediatamente, non appena l’album inizia a girare sul piatto. L’aria viene immediatamente pervasa da un senso di inquietudine che si trasforma pian piano in un abbraccio caldissimo, rassicurante, ma che sa essere comunque, sempre tagliente. Pervaso da un forte senso di drammaticità, La Maccaia è uno di quegli album che vorresti avere sempre vicino, per i momenti in cui hai bisogno di star male – un po’ come quando arriva la maccaia, quella vera, quella che copre il cielo sopra Genova, e, spinta dal vento di Scirocco ricopre tutto con la sua umidità, e la sua malinconia e ci avvicina all’Africa. Perché la maccaia, più che una condizione metereologica, è una condizione dello spirito.
C’è un senso di costante bellezza che domina il disco di Gaia Banfi. Una bellezza talmente intensa che travolge e commuove, e che, grazie ad una voce caldissima che parla al passato, e che guarda al passato con l’innocenza degli occhi di un bambino, libera da pregiudizi e da malizia, ci accoglie in un mondo in cui tutto finisce per perdere il proprio punto di riferimento. È qui, dove nascono le distanze, le differenze, dove la lontananza non fa paura, che l’album trova la sua sublimazione. Non è facile per nessuno cantare Genova dopo De André, questo è indubbio, ma Gaia lo fa sottovoce, in punta di piedi, evitando paragoni tanto scomodi quanto improponibili con lui. Va detto però che quella di Gaia può tranquillamente essere individuata come una sorta di “canzone d’autore 2.0” cioè il linguaggio odierno per comunicare attraverso le tecnologie e le strategie che abbiamo a disposizione.
Gaia Banfi ha scelto di privilegiare le emozioni, attraverso un linguaggio e un suono contaminato dalle mille culture di una città che, pur non essendo la sua, l’ha conquistata, l’ha cambiata, l’ha aiutata a crescere e a diventare donna adulta. La Maccaia è un disco seducente e delicato, ma che colpisce duro i nostri sentimenti con un minimalismo ricercato, dissonante e glaciale che trasuda calore. Un tentativo di aprirsi all’esterno, ma attraverso uno sguardo alle nostre radici, in un percorso che ha una logica condivisibilissima, ma che non punta all’immediatezza. Un investimento, che presuppone intelligenza e che richiede lungimiranza. Ma non c’è fretta. Abbiamo il tempo per attenderlo, fuori è ancora tutto ovattato dalla maccaia, restiamo in casa a guardare il mare, laggiù sullo sfondo.
(Trovarobato, 2025)
1. Macaia
2. Piazza Centrale
3. Il lungoriva di Genova
4. Amar
5. 7
6. Congelati
7. Seia