Quando ci si cimenta in un genere come il post-metal le atmosfere sono tutto: il manierismo, le scopiazzature nei confronti dei numi tutelari lasciano il tempo che trovano, soprattutto considerando quanto questo filone sia ormai saturo. Lo sanno bene i sardi Gairo, che al loro secondo lavoro denominato Her sfornano una prova maiuscola, assolutamente degna di guardare a testa alta album di band ben più conosciute e blasonate. Gairo è uno dei più famosi paesi fantasma dell’Ogliastra: pare che il nome derivi da parole greche che, tradotte, significano “terra che scorre”. La storia del borgo è affascinante: soggetto a nubifragi e frane sin dai primi del Novecento, viene abbandonato e il nucleo abitativo viene traslato altrove, ma i resti delle presenze umane rimangono, dando alla luce un suggestivo agglomerato di abitazioni che, abbandonate a sé stesse e alla natura, vivono una nuova vita. E mai nome fu più adatto per rappresentare con immagini la potenza evocativa e allo stesso tempo fluida del sestetto: un suono apocalittico, polveroso, ora dimesso liquido e malinconico ora rabbioso e allo stesso tempo struggente, senza mai abbandonare un deciso senso melodico che cattura sin dal primo ascolto.
Come inizia la prima traccia nonché title-track un solo nome viene alla mente: Neurosis, più specificatamente quelli della doppietta A Sun That Never Sets e The Eye of Every Storm; ma a ben vedere anche lo spettro di Von Till si aggira tra i solchi delle sei tracce, nella sua incarnazione solista folk apocalittica. Ma torniamo a “Her”: un arpeggio interlocutorio e sospeso, presto a sostegno di un cantato evocativo, profondo e pulito, sfocia dopo quasi quattro minuti di attesa in una gloriosa ed epica esplosione sonora guidata da un riff cristallino dal sapore vagamente alcestiano (o blackgaze, per estensione), momento questo che costituisce il cuore del pezzo. I ritmi si fanno poi più cadenzati e rallentati con una ripresa dell’intro, ma è solo l’antipasto per una nuova fiera deflagrazione sonica che con gran pathos va a chiudere degnamente una canzone che, messa così in apertura del disco, taglia subito le gambe e strega immediatamente. Si tira il fiato con la successiva “Koobi Fora”, guidata da una linea chitarristica dal sentore di blues sporco, polveroso, quasi “western” (chi conosce i Wayfarer può capire cosa intendiamo), che con il passare dei minuti flirta con riverberi lontani dal profumo shoegaze, per un brano che si perde nelle nebbie di uno spazio indefinito. Ma l’alternanza delle atmosfere è il punto di forza dei Gairo: “1808”, brano muscolare a metà tra certi Isis e l’incedere belligerante e minaccioso dei Cult of Luna, mette in luce l’abilità dei Nostri nel destreggiarsi tra più spettri emotivi senza mai perdere il filo del discorso; fino addirittura ad introdurre parentesi dal vago sapore tribale come in “Apogee”, che contribuiscono ad innalzare l’asticella della tensione emotiva ricordando qualcosa dei romagnoli Sedna nelle loro parentesi più sciamaniche e pensive. Il finale è affidato a due pezzi da novanta, “Like an Elephant in a Sandstorm” e “Summer of ‘94”, due canzoni che riprendono direttamente le atmosfere della title-track, sviluppandole ulteriormente. Di nuovo si affaccia il cantato evocativo, finora rimasto silente, per accompagnarci per mano attraverso dei saliscendi di rara potenza ed intensità: la seconda metà di “Like an Elephant in a Sandstorm” è un chiaro esempio di cosa si intenda quando si parla di climax nel post-metal. Più meditabonda, calda e rassegnata invece la conclusiva “Summer of ‘94”, che ricordando certe cose degli ultimi Klimt 1918 chiude in maniera epocale un disco che assolutamente non ci aspettavamo proprio.
Her è un Signor album: prodotto in maniera impeccabile, suonato con passione e sentimento, vissuto con il cuore dall’inizio alla fine. È un viaggio attraverso il paese di cui vi abbiamo parlato in apertura, attraverso le sue vie abbandonate e polverose, scrutando le mura crettate delle antiche case e scorgendo con la coda dell’occhio chissà quali fantasmi. È un percorso mistico, quasi di espiazione, una marcia solenne di caduta e rinascita, un disco di post-metal assolutamente da ascoltare. I Gairo hanno compiuto un mezzo miracolo, gliene va dato atto, e ci auguriamo che possano ottenere i riconoscimenti che si meritano.
(Drown Within Records, 2022)
1. Her
2. Koobi Fora
3. 1808
4. Apogee
5. Like an Elephant in a Sandstorm
6. Summer of ’94
8.0