Milano, 2008 circa. Un me ancora teenager si ritrova ad ascoltare un album che prenderà prepotentemente il posto tra i migliori album mathcore di sempre, Board Up The House. Un disco unico e fino a poco fa l’ultimo dei Genghis Tron. Facciamo un salto temporale al 2020 dove mi ritrovo a leggere che il gruppo pubblicherà un nuovo album, Dream Weapon. Le premesse ci sono: è vero manca Mookie Singerman, cantante eccelso e anche parte del comparto tastiera, ma si aggiungono Nick Yacyshyn, batterista di Sumac e Baptist, e Tony Wolski, cantante di una delle mie formazioni preferite, i The Armed, (di cui parlerò a breve per il loro nuovo ULTRAPOP). Insomma, band di culto torna dal nulla ed è subito attesa spasmodica. Wow!
Nel frattempo le mie certezze vengono sfasciate. I singoli, “Dream Weapon” e “Ritual Circle” non hanno nulla a che fare con Board Up The House, sono di una pasta completamente diversa. In un’intervista che mi ha spezzato il cuore la band rinnega il loro passato dicendo che non suonano più Nintendocore. Finalmente arriviamo a oggi e tutto si rivela: la band ha effettivamente implementato questo cambiamento; via i blast beat, la voce urlata, la cattiveria, i tempi dispari, i cambi repentini, e quello che resta sono tastieroni ambient, meditazioni synthwave ed escursioni epiche/psichedeliche decisamente sul prog. Senza mezzi giri di parole, non mi sono ritrovato a recensire e ascoltare un album che mi aspettavo di dover recensire. Il panorama che mi si prospetta è di spazi elettronici solcati da pezzi synthwave in vena post-metal, a volte persino ammiccanti al dream pop come in “Alone In The Heart Of The Light” e “Ritual Circle”. Di conseguenza inizia il mio disagio a recensire l’album; ho quasi zero esperienza in questi generi ma farò comunque il possibile.
Partendo dalla voce, anche se Tony Wolski è molto dotato come cantante pulito, qui non esprime al meglio la sua capacità vocale. Il suo canto viene ricoperto da strati e strati di effetti fino quasi a far sembrare la voce un sintetizzatore, persa in un suono che sa di brodo primordiale, denso e caldo. Qualcosa da godersi immersi senza orari con la vostra droga psichedelica o di rilassamento preferita. Senza dubbio di alto livello musicale. La batteria, ora tutta dal vivo, lascia in parte la carica emotiva ed è qui per ipnotizzarci. Sicuramente dà tanto corpo, ottima. L’altro strumento analogico, la chitarra, è decisamente limitato rispetto al passato. Onestamente per tantissimo dell’album non si sente nemmeno, oppure è talmente piena di delay e altri gingilli che neanche la riconosco; diventa principale motore della canzone solo in un paio di tracce quali “Dream Weapon” e ormai quasi alla fine del disco con “Single Black Point”. Senza dubbio i synth, ottimamente studiati, sono l’anima dell’album.
Come lunghezza le canzoni variano molto ma non scendono mai sotto i 4 minuti se tralasciamo gli interludi, intro e outro che si perdono nel flusso continuo dell’album che ci trascina senza mai giocare in modo prepotente su diversi range emotivi, ma in maniera zen e distaccata. Nella parte finale con “Single Black Point” e “Great Mother” il disco prende una piega più simile al post-rock più psichedelico dove la batteria e la chitarra si giocano tantissimi accordi e accenti e sembra quasi tutto fatto per essere un lunghissimo outro.
Il disco mi lascia in una difficilissima posizione. Non c’è dubbio che la capacità artistica e compositiva dei due membri originali non sia assolutamente diminuita e c’è tantissima cura dei suoni e nella ricerca di spazi elettronici immensi, e si può anche dire, in generale, che siano migliorati molto. A parte qualche bel momento che rimane in testa grazie alle linee vocali, spesso le canzoni paiono più uno spazio di sperimentazione di tastiera e chitarra ambient/post-metal con una bella batteria ipnotica, il tutto lontanissimo dai Genghis Tron che conoscevo. Forse l’album manca di altri lavori intermedi che ci avrebbero forse portato ad apprezzarlo di più. Non è una novità che i suoni cambino e i gruppi evolvano ma così, senza un percorso, per il fan teenager che è in me tutto stride tragicamente. D’altra parte il quasi trentenne ormai riesce ad amare più cose alla volta e non può che fare un plauso, seppur con un po’ di nostalgia, a dei grandissimi musicisti.
(Relapse Records, 2021)
1. Exit Perfect Mind
2. Pyrocene
3. Dream Weapon
4. Desert Stairs
5. Alone In The Heart Of The Light
6. Ritual Circle
7. Single Black Point
8. Great Mother