Black Queer non lascia spazio alle imprecisioni; maturato negli ultimi quattro anni da parte dei Gerda, il gruppo hc italiano, è un album compiuto e consapevole. Attraverso le otto tracce che lo compongono si sprigionano musicalità e caos che arrivano dritti alla testa e al cuore, ma senza l’intento di distruggere, bensì di condividere e di comunicare. Dunque cosa vi è nella musica dei Gerda? Consapevolezza ed ancora prima coscienza, accettazione della perdita come parte integrante dell’esistenza. Non a caso, questo album è dedicato apertamente a Francesco Vilotta (ex-membro dei Vel, dei quali “Figlia” ne è la cover).
Non è un ascolto facile. Sviscerare i significati, l’essenza, di Black Queer non lo rende un ascolto per tutti. Pare che i Gerda vogliano far mettere in gioco l’ascoltatore e creare un terreno comune sul quale venirsi incontro, su quello che è un campo di battaglia (la vita), la cui arma è la musica.
L’urgenza espressiva del non gruppo non si traduce più in rabbia distruttiva, ma in desiderio di capirsi e di farsi capire, spiegarsi. Un ritorno alla realtà, che non può essere negata, non può essere ignorata. Bisogna accettare tutte le sfaccettature della vita ed il loro contrario poiché tutto fa parte dello stesso processo, o ciclo, e non vi si può sfuggire; semmai ci si può andare incontro, affrontandoa testa alta le proprie paure. La necessità di chiarezza risulta evidente e la musica ne è l’esempio più concreto. Ogni strumento ha la sua parte, inconfondibile, precisa; non ci sono sovrapposizioni tra di essi che creino troppe sfumature confuse; gli stacchi stessi sono ben calcolati. Così facendo i Gerda rendono se stessi diretti e taglienti, mostrano la realtà per ciò che è, mentre è nostro compito accettarla o meno, come nel caso di “Figlia”, una delle tracce più pungenti dell’album. Non mancano però momenti più lirici come la intro di “Hafenklang”, una climax di pura emozione dalla quale si impara l’importanza di non rassegnarsi mai.
Ascoltando i Gerda non è difficile constatare come essi si inseriscano nel solco della tradizione hc e noise rock. Dalla cover dei P.I.L “Theme”, l’ultima traccia in continuità con l’esplorazione del caos dell’intero album, a sonorità che ricordano Fugazi e Raein, tanto per fare alcuni nomi.
L’espressione e la comunicazione sono gli elementi costitutivi di questa opera, mentre il caos avvolge tutto in una nuvola di fumo che investe l’ascoltatore senza lasciargli la possibilità di ripararsi. Non si può sfuggire alla potenza espressiva dei Gerda, una volta che si entra in contatto con la loro musica. Si può solamente rimanere ad ascoltare e lasciarsi travolgere dalle emozioni che si sprigionano nel corso delle tracce. I Gerda sono attivi da vent’anni, o poco più, e la loro maturità tecnica, sonora e narrativa è ben più che evidente. Non resta che provare a superare il primo ascolto (il più difficile), per imparare ad amare alla follia Black Queer.
(Sonatine Produzioni, Shove Records, Bloody Sound Records and Wallace Records, 2018)
1. Jeg Kjorer Inn I Tunellen
2. Lulea, TX
3. Mare
4. Terzo Regno
5. Notte
6. Hafenklang
7. Figlia
8. Theme
8.0