Tempi duri per i concerti dal vivo e nonostante la situazione sia un po’ migliorata sorgono sempre mille problematiche organizzative. Eppure certi eroi continuano ad esserci; persone che non hanno mai voluto smettere di crederci, come l’etichetta italiana Go Down Records e lo storico Bloom di Mezzago. I Nostri hanno deciso di mettere su uno speciale evento chiamato Go Down Fest che vede in cartellone quattro formazioni italiane, totalmente differenti l’una dall’altra e pronti ad appagare i gusti di chiunque.
Anche il sottoscritto ha dovuto affrontare parecchie difficoltà per partecipare al concerto sia per la distanza da percorrere sia per i soliti impegni lavorativi che lo hanno costretto a partire nel tardo pomeriggio e macinare oltre tre ore di macchina senza il lusso di fare le cose con calma. L’ultima volta al Bloom fu probabilmente per gli Ulver nel 2014 eppure ogni volta che ci si torna si avverte sempre una piacevole sensazione interiore grazie alla bella atmosfera che si respira.
Non si fa in tempo ad entrare nell’area esterna che sbucano fuori amici e conoscenti che non si vedevano da anni ed anche se il pubblico non è così numeroso i sorrisi sotto le mascherine ripagano di tutte le stanchezze ed i malumori.
Dopo un primo giretto esplorativo, rinfreschi e spuntini si entra in sala e ci si accomoda, con le consuete distanze e normative da rispettare, in attesa della prima band in cartellone, ovvero i marchigiani Mad Dogs, che finalmente riescono a proporre dal vivo il loro recente album We Are Ready To Testify. Il quartetto ha a disposizione pochissimo tempo quindi spara a raffica una manciata di canzoni veloci e rock’n’roll/garage dimostrando che i brani eseguiti dal palco hanno ancora più energia e vigore che su disco. Tutti e quattro i musicisti sono ben amalgamati fra loro ed ognuno resta al suo posto senza strafare, creando una macchina rocciosa e devastante. Le vocals di Marco sono fiere e maschie, le chitarre sono furibonde e la sezione ritmica elettrizza che è un piacere denotando anche una certa componente punk che non guasta mai. Non si poteva chiedere di meglio per risvegliare gli animi. La potenza sprigionata è notevole e consolida che le esperienze live hanno fatto il loro lavoro fortificando i quattro musicisti. Il set, incentrato sul disco recente, scivola via molto velocemente e finisce che non ci si rende nemmeno conto. Cominciano i lunghi preparativi per il cambio palco per far si che si esibisca l’unica band non affiliata con la Go Down Records.
Arriva quindi il momento de La Morte Viene Dallo Spazio (sotto l’etichetta finlandese Svart Records a cui si sono aggiunti recentemente i colleghi Messa) anche loro abbastanza freschi di una nuova release, chiamata Trivial Visions. Dopo un primo album (Sky Over Giza), che aveva suscitato parecchio interesse fra gli amanti del rock psichedelico, la band milanese (nata dalla volontà del chitarrista dei Giöbia e dal flautista Angelo) si ripresentano dal vivo sempre in formazione a cinque ed è forte la curiosità di constatare se la band sia solo una meteora o se veramente ci sia un valore più massiccio.
Il sottoscritto aveva avuto modo di vederli live in occasione del Solo Macello Fest al Magnolia nel 2018 e la sensazione fu buona anche se minata da suoni non all’altezza e da sonorità non così innovative o particolarmente brillanti. Nel giro di pochi minuti ci si rende conto del netto miglioramento sia in ambito compositivo che nell’esecuzione. Lo show è stato molto intimo, soffuso e mistico; il notevole lavoro di basso di Camilla ha sprigionato un groove micidiale facendo volare letteralmente le canzoni, rimanendo sempre ben accompagnato dal dinamismo del multistrumentista Angelo. L’aspetto più etereo è dato dalla super sexy (forse in maniera eccessiva) cantante Melissa che si diletta anche al theremin e tastiere che, nonostante continui ad usare la voce in maniera molto esile, riesce ad imprimere un aspetto sognante alle composizioni mentre la componente più dura è data dalla chitarra di Stefano che spazia molto fra i generi più diversi. Le nuove canzoni non sono più unicamente rivolte alla psichedelia ma inglobano molti generi come il drone, il post rock, lo shoegaze ed anche il metal. Sebbene siano l’ennesima band fin troppo esaltata dalle testate, in perenne ricerca della “new sensation” con voce femminile, ciò non toglie che abbiano delle buone capacità e che con il tempo potrebbero ottenere notevoli risultati.
Nell’attesa del gruppo successivo si va a prendere aria e fare un giretto fra i banchetti merchandise facendo quattro chiacchiere. Le temperature esterne sono decisamente piacevoli ed invogliano a rilassarsi all’aperto (non è un caso che moltissimi giovani passino di qui per svagarsi). Il tempo scorre in fretta fino all’esibizione seguente.
E’ il momento di un altro piccolo pezzo di storia ovvero l’esibizione di Alice Tambourine Lover (nati da una costola degli storici stoner rockers Alix) duo bolognese composto da Alice Albertazzi (voce e chitarra) e Gianfranco Romanelli (chitarra) anche loro con una nuova uscita discografica in arrivo, ossia l’EP Forse Non Sei Tu . Questa coppia è sempre una garanzia ed il loro folk/blues psichedelico è sempre placido e delicato. La voce particolare di Alice ha un timbro sinuoso e forte e si integra perfettamente con i voli acidi della chitarra di Gianfranco. Inossidabili, i due bolognesi, fanno volare le note in un turbine psichedelico che riporta alla mente gli anni ’60 proponendo diversi estratti dai quattro album finora pubblicati non mancando di deliziare i presenti con delle nuove canzoni dall’EP già citato incantando i presenti in maniera semplice, calorosa ed efficace arrivando diritti al cuore degli ascoltatori preparando il terreno per l’ultima band della serata, una delle leggende nascoste del nostro paese.
Ed ecco salire sul palco i piacentini Not Moving LTD (in origine si chiamavano Not Moving, ma si è deciso di cambiare nome a causa della sola presenza di tre membri originali della vecchia formazione. “L” sta per Lillith, “T” per Tony e “D” per Dome), probabilmente gli ospiti più importanti a livello storico della serata e che non sono mai riusciti ad ottenere il meritato successo, anche loro forti di una recente uscita discografica ovvero la recente ristampa del live album Live In The Eighties, uscito in versione vinile .
Dopo l’entrata in scena, in modo molto glam, la cantante Rita “Lilith” Oberti si leva la parrucca e poco a poco altri indumenti mettendosi in qualche modo a nudo denotando fascino ed eleganza che metterebbero a disagio anche una ventenne. Con il tempo la voce ovviamente è mutata, meno furibonda ma è sempre potente nel suo essere un faro punk. Rita si dimena sul palco ironizzando sul fatto che molti la prendono in giro affermando “Provate voi a fare quello che faccio io alla mia età!”. Domenico “Dome La Muerte” Petrosino alla chitarra e Antonio “Tony Face” Bacciocchi alla batteria sono l’altra componente old school e non lesinano in potenza ed energia. Domenico è l’anima più dura e la sua chitarra pone la componente più rocciosa mentre il quadrato e fulminante drumming di Antonio viaggia veloce memore della componente più post-punk. Niente tastiere e niente basso per questa formazione ma fa capolino la seconda chitarra della bellissima e giovane Iride Volpi che tira fuori degli impressionanti muri di suono, oltre che dei riffs micidiali, che tirano giù letteralmente i muri del Bloom. Una band rinata (attualmente al lavoro su di un nuovo album in presunta uscita nel 2022 con consueto tour di supporto) vogliosa di suonare e piena di passione per quello che fa riuscendo nell’arduo compito di mettere in soggezione anche bands molto più giovani ed estreme.
La serata va avanti fino alle due di notte fra risate, chiacchiere e tanto affetto di cui si sentiva davvero la mancanza. Non ci sono stati gruppi deludenti, ma solo tanta bella musica che avrebbe meritato molto più pubblico, quest’ultimo forse troppo legato a concerti mainstream o da numeri oltre le diecimila persone per essere davvero interessato, dimenticando che l’arte non è soltanto cifre alte.
Un sentito ringraziamento al Bloom ed alla Go Down Records.