L’era del Covid ha purtroppo tirato fuori anche il peggio delle persone, e ciò in qualche modo si è riflesso anche nelle varie forme artistiche. Nel caso del nuovo album dei God Damn, Raw Coward, è venuta fuori non l’animo peggiore ma la rabbia repressa, il dolore tenuto dentro per troppo tempo e le critiche contro il nazionalismo, cattolicesimo, l’industria musicale e la macchina capitalista si sono fatte ancora più ciniche ed affilate come la lama di un samurai. Stavolta la band si è affidata alle mura domestiche per lavorare all’album senza affidarsi agli studi di registrazione cercando la totale libertà. Aiutata dalla produttrice discografica Sylvia Massy (Smashing Pumpkins, Deftones, Johnny Cash, Slayer e Tool fra i tanti) i God Damn vedono un cambio di formazione con l’ingresso di due nuovi membri: Hannah Al Shemmeri alle tastiere e Robert Graham alla chitarra. Musicalmente è difficile dare una catalogazione in quanto il magma sonoro è talmente deflagrante che diventa incomprensibile.
Ci si prepari mentalmente perché ciò che si andrà a sentire è totalmente anti-commerciale e probabilmente pure anti-ascolto per la furia senza compromessi inoculata sia nei suoni caserecci (con tutti i problemi che ne possono derivare, come i rumori dei figli in sottofondo in alcune tracce) che nella violenza sputata in faccia a chi avrà il coraggio di approcciarsi al disco. Già dalla doppietta iniziale “English Slaughterhouse Blues” e “Yout” i muri tremano prepotentemente con dei frastuoni chitarristici e voci selvagge iper distorte. Dalla successiva “Radiation Acid Queen” entrano in gioco anche le fulminate tastiere tramutando la bestia blues in un alieno famelico di carne umana armato unicamente di riff che sono puro smembramento uditivo. “Cowkaine” pigia l’acceleratore su atmosfere ancora più ipnotiche e disturbanti con suoni storti e malvagi. “Shit Guitar” imbroglia partendo placida per poi esplodere in un micidiale muro di suono dove il rock viene sodomizzato senza pietà. Se il corpo, fino ad ora, viene fatto a brandelli, con la successiva accoppiata “Little Dead Souls” parte 1 e 2 si punta alla mente con strofe ossessive e pattern di batteria sempre più veloci condite dal lavoro di tastiera fuori da ogni schema. Verso la fine si tende a dare un minimo di tregua all’ascoltatore con la “leggera” “Raw Cawhide” e la drogatissima “Dog Shit in the Autumn Leaves” con delle pennellate acustiche poco consolatorie e i consueti rumori assortiti. E’ molto difficile approcciarsi a dischi chiusi come questo dove non sono concessi appigli agli ascoltatori più svogliati. E’ un modo di fare musica per pochi e qualsiasi tentativo di classificazione è inutile perché non sarebbe volutamente comprensibile.
Poco da aggiungere. Solo per veri impavidi e cultori del rumore, ma in qualche modo ci si sente più liberi interiormente dopo l’ascolto.
(One Little Indian Records, 2021)
1. English Slaughterhouse Blues
2. Yout
3. Radiation Acid Queen
4. Cowkaine
5. Shit Guitar
6. Little Dead Soul Part 1
7. Little Dead Soul Part 2
8. Drop Me Off Where They Clean The Dead Up
9. Raw Coward
10. Dogshit In The Autumn Leaves