Attivi da ormai sedici anni, gli irlandesi God Is An Astronaut tornano con il loro ottavo LP Epitaph, trasformando in maniera a tratti radicale le sonorità più vellutate ed oniriche che da sempre li hanno contraddistinti e non solo rivalutando, ma anche incrementando il loro genere di appartenenza, ovvero il post-rock.
Con un chiaro riferimento al lutto, la title track illustra la direzione del percorso affrontato dal trio: il superamento di una perdita attraverso una catarsi emotiva condotta mediante una musicalità connotata da sonorità dark ambient. Il pianoforte, elemento intorno al quale ruotano distorsioni chitarristiche e ampi momenti corali, dona una venatura neo-classica, monumentale, a questa prima traccia. Esso viene interrotto in un primo momento da un crescendo di suoni che rimembrano il fruscio delle foglie durante una burrasca, per lasciare spazio ad un riff lacerante, ed infine ritornare arricchito dai cori “angelici”, impastati dalle distorsioni noise. “Mortal Coil”, sostenuta e trionfale, riprende gli elementi della prima traccia e ne potenzia gli effetti catartici, figurando un’ascesi colmata dalla sua controparte spoglia e fredda “Winter Dusk/Awakening”, ampia ed eterea, sostenuta da un tappeto di batteria incalzante. “Seance Room” è un crescendo vorticoso e complesso di sonorità che trascina in un gorgo caotico, rafforzato da un riff contorto su se stesso che ricorda dapprima i lavori stoner dei My Sleeping Karma ed infine rivolgendosi verso un sound post à la Mogwai ed infine quasi doom. È proprio questa traccia, coinvolgente e dalla profonda portata emotiva, a testimoniare la capacità compositiva dei GIAA. L’atmosferica “Komorebi” è, nel suo piccolo, un concerto per pianoforte, sostenuto da synth ed aeree dilatazioni. Le ultime due tracce, ovvero “Medea” ed “Oisín”, portano a compimento la struttura dell’album: infatti, la prima è impetuosa e dal sound slanciato, mentre la seconda è celestiale e spoglia dal caos. Questa ambivalenza sta ad indicare la natura interdipendente di ciascun elemento dell’album. Esso non si esaurisce nella dualità forme-informe ed ordine-disordine, ma rivela una coesistenza degli elementi, come se ad ogni yin corrispondesse uno yang e viceversa.
Per chi non si fosse convinto con il precedente Helios/Erebus, questo album costituisce la ri-conferma dell’eleganza e della cura immessa nella ricerca sonora e nella composizione musicale da parte del gruppo, il quale ha magistralmente creato un equilibrio profondamente sinestetico. I GIAA stupiscono nuovamente poiché si dimostrano capaci di discostarsi dal canonico post-rock allargando il proprio spettro di influenze e per la spiccata sensibilità sottostante ad ogni composizione.
Epitaph è etereo ed onirico, a tratti freddo e spietato, come la morte – tema concettuale dell’album.
(Napalm Records, 2018)
1. Epitaph
2. Mortal Coil
3. Winter Dusk/Awakening
4. Seance Room
5. Komorebi
6. Medea
7. Oisín