Se le note di presentazione del precedente G_d’s Pee AT STATE’S END! recitavano “Our side has to win”, in questo nuovo disco dei GY!BE ci troviamo davanti a una mesta affermazione, ossia “this new century will be crueler still. war is coming”. È il caso di partire da questa considerazione per provare a recensire un disco che, come spesso capita con le uscite del collettivo del Quebec, si attesta come un qualcosa di monumentale. “NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD” (nessun titolo, come nessun nome hanno i 28.340 morti conteggiati al 13 febbraio 2024) è il quinto disco da quando i Godspeed You! Black Emperor hanno interrotto la loro decennale pausa, successiva all’uscita di Yanqui U.X.O. Da qualche parte si è letto che l’album può essere definito come un requiem per Gaza e, fondamentalmente, non c’è niente di sbagliato in questa definizione (è facile immaginare come le persone morte del titolo siano le vittime del sistematico sterminio che lo stato israeliano sta portando avanti in Palestina e sappiamo benissimo come i Nostri siano sempre stati molto vicini alle vicissitudini di quella terra martoriata). C’è però di più, molto di più.
“NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD” è letteralmente un’opera di musica contemporanea che vede sì la classica strumentazione rock arricchita da violino, contrabbasso e altro dove però la ben nota e apprezzata formula dei nostri esce arricchita. Quindi composizioni strumentali, dove la voce compare solo in campionamenti e nastri, che vanno avanti per stratificazioni (anche se riguardo a una proposta musicale ben distante da questa vengono in mente le parole di Mark Fisher sulla musica di Burial), per progressioni armoniche care al compositore polacco Górecki (ricordiamo che in passato questo fu il titolo alternativo di “Moya” contenuto in Slow Riot for New Zerø Kanada) fino a esplodere nelle a noi care cavalcate cinematiche e morriconiane che si aprono solitamente con le lancinanti note della chitarra di Menuck. I brani, o sarebbe meglio scrivere movimenti, sono sei, di cui due stavolta stanno sotto ai 6 minuti e fanno da contrappunto e pausa ai quattro pezzi più lunghi, strutturati e complessi. Spiccano la potente “BABYS IN A THUNDERCLOUD”, con andamento coinvolgente e il susseguirsi emozionante di aperture caratterizzate dai puntuali contrappunti del violino di Trudeau, e la conclusiva e sintetica (per i canoni GY!BE) “GREY RUBBLE – GREEN SHOOTS” che qualche settimana fa aveva anticipato l’uscita del disco. Il collettivo alterna sapientemente pacate riflessioni a momenti più robusti e drammatici e, come sempre, seppur con una registrazione e produzione volutamente grezze dove comunque ogni strumento ha il proprio spazio e risalto, ogni particolare è cesellato al dettaglio, ogni nota sta dove deve stare per esprimere tutto ciò che i singoli musicisti devono trasmettere. Appunto. Fino a qua si è parlato di musica e si può anche continuare, parlando dei singoli brani o dell’album per intero, della potenza della doppia batteria, di come il crescendo di ogni brano ci porta a una sorta di mantra finale dove i pezzi esplodono letteralmente lasciandoci piacevolmente sconvolti. Oppure si potrebbe parlare di come il disco racconti l’urgenza di comunicare (del musicista) e sentire sotto pelle (da parte del musicista e di chi ascolta) il dolore, l’impotenza di fronte all’Orrore e come tutto questo non possa lasciare indifferenti nonostante nulla si riesca a fare. I Godspeed con “NO TITLE” ci mettono di fronte in modo impietoso alle domande “Dov’eri tu di fronte all’orrore? Cosa hai fatto per reagire?” e si ascolta l’album con la tremenda consapevolezza che poco e nulla, appunto, abbiamo fatto.
“NO TITLE= what gestures make sense while tiny bodies fall? What context? What broken melody? And then a tally and a date to mark a point on the line, the negative process, the growing pile. The sun setting above beds of ash while we sat together, arguing. The old world order barely pretended to care. This new century will be crueler still. War is coming“. Questo un estratto dalle note di presentazione dell’album da cui all’inizio della recensione si erano estrapolate solo alcune frasi. La decima uscita (EP e raccolte compresi) dei Godspeed You! Black Emperor è un disco non solo importante ma necessario, dove la proposta musicale è funzionale al caos emozionale che ognuno di noi si porta dentro in questi anni spietati anni Venti e che le note riportate sopra descrivono perfettamente. Un disco che va ascoltato e riascoltato, cogliendo le innumerevoli sfaccettature che in qualche modo ci sono di conforto e sprone. Per provare a resistere, per non mollare, per scegliere, una volta per tutte, da che parte stare.
(Constellation Records, 2024)
1. SUN IS A HOLE SUN IS VAPORS
2. BABYS IN A THUNDERCLOUD
3. RAINDROPS CAST IN LEAD
4. BROKEN SPIRES AT DEAD KAPITAL
5. PALE SPECTATOR TAKES PHOTOGRAPH
6. GREY RUBBLE – GREEN SHOOTS