I Cayman the Animal sono ritornati da poco con il loro nuovo, bellissimo, ep Black Supllì (qui la nostra recensione), uscito per Mother Ship Records e No Reason Records. Ne abbiamo parlato con loro e ci hanno detto tutto quello che c’era da sapere. Buona lettura!
Ciao ragazzi e benvenuti su Grind on The Road. Black Supplì è il vostro quarto lavoro. In cosa sono cambiati i Cayman the Animal da Too Old To Die Young ad oggi?
Ciao a voi, grazie. Lasciamo le giacche qui? bene. Per prima cosa Black Supplì è stato registrato in presa diretta e forse questo gli dà più “botta” rispetto ai dischi precedenti. Musicalmente forse siamo diventati un po’ più essenziali. Bene o male abbiamo capito le cose che funzionano e quelle che invece sono orpelli. Cerchiamo di curare meglio la fase di scrittura, in modo da non dover strafare in fase di arrangiamento. Quando arrangi troppo può succedere che la canzone sparisce e questo va bene se la canzone è poca cosa. Per quanto riguarda il songwriting probabilmente siamo passati da un approccio molto immediato e fracassone a uno più sentito e intenso. Sono cambiamenti minimi ma chi ha seguito tutti i nostri dischi li ha notati.
Sette? Otto anni? In ogni caso siete attivi da un bel po’ e non è affatto una cosa comune di questi tempi in cui sono molti i gruppi che si sciolgono persino dopo il primo lavoro. Qual è il segreto della vostra longevità?
Suonerà zuccheroso ma è perché ci vogliamo bene. Abbiamo poche occasioni per stare insieme e il tempo che condividiamo (prove, spostamenti in macchina, date) è sempre un tempo molto atteso. In più abbiamo questa cosa che le decisioni le prendiamo come il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, all’unanimità (anche adesso vi stiamo scrivendo come un’unica entità). Questo significa che non ci sono quasi mai situazioni in cui qualcuno non si sente a suo agio o cose di cui qualcuno non è convinto. Sul lungo periodo è un atteggiamento utile. Negli anni le uniche frizioni sono dipese da rare decisioni prese senza sentire gli altri (in buona fede e per praticità).
Di che cosa parla Black Supplì? E perché questo titolo?
Black Supplì è semplicemente un disco sulla delusione, mascherato da musica punk mattacchiona. Se vedi un supplì ti mette allegria, ma se guardandolo meglio ti accorgi che è tutto nero e bruciacchiato ci rimani male.
Ah, poi è fico come suona.
Dando un’occhiata alla vostra discografia pare che tendenzialmente alterniate un full length ad un ep. È un caso o una scelta voluta?
Si tratta di una casualità. Quando ci viene in mente che è ora di far uscire qualcosa di nuovo contiamo le canzoni che abbiamo scritto e prenotiamo due giorni da Valerio Fisik all’Hombre Lobo Studio di Roma. Poi lui impone le mani e fa la magia.
Con Black Supplì siete pure tornati a pubblicare con la Mother Ship Records – oltre che la No Reason – con cui era stato pubblicato pure il vostro esordio. A cosa è dovuto questo ritorno alle origini?
In verità non abbiamo mai smesso! Abbiamo pubblicato tutto per Mother Ship, insieme a etichette sempre diverse. Mother Ship era nata qualche anno fa con l’intento di pubblicare gruppi rumorosi di Perugia (città di Diego). Solo che di gruppi così non ce n’erano più e l’etichetta è andata in stand by. Adesso ne sono spuntati di nuovi (Northwoods, Sterpaglie) e la faccenda ha ripreso ad essere interessante.
Domanda scontatissima: come è venuta l’idea di avere un gratta e vinci come artwork? Si può dire cosa nasconde?Tornavamo da un concerto a Verona e in macchina ci interrogavamo ossessivamente su quale fosse la trovata migliore per l’artwork del disco nuovo. Dopo quattro soste all’autogrill abbiamo capito che alla gente piacciono i gratta e vinci.
No, non possiamo svelare cosa nasconde.
Com’è, invece, che ancora non avete fatto nessun videoclip per Black Supplì?
Siete molto attenti, bravi. In effetti lo abbiamo già girato ma è ancora in lavorazione. Si tratta di un video strambo. Forse sarà già uscito quando pubblicherete questa intervista.
Situazione Tour? State provando a pianificarne uno?
In effetti sì ma per ora non è che ci stia riuscendo granché. Per adesso stiamo, con molta calma, suonando in Italia.
Descrivete Black Supplì con cinque aggettivi.
Quarto, forte, quinto, recensito, basilare.
Per entrare a far parte di quale band abbandonereste immediatamente i Cayman the Animal?
I Beatles.
Noi abbiamo finito, grazie. Potete concludere come volete.
Anche noi abbiamo finito. Attaccate prima voi, dai.