Vi avevamo parlato dei Fuoco Fatuo qualche settimana fa nella recensione del nuovo album Obsidian Katabasis, terzo full length della band funeral doom metal lombarda. Ne siamo rimasti evidentemente colpiti, e non potevamo perdere l’occasione di contattare il quartetto per uno scambio di battute circa la genesi dell’album, approfondendo i processi di creazione di una musica così oscura, asfissiante e ricca di sfumature.
Partiamo con una domanda semplice: come vi sentite alla luce di un nuovo nato di questa portata, tenendo in considerazione un’imponenza e complessità gargantuesche come quelle che si trovano in Obsidian Katabasis?
Abbiamo faticato parecchio ma siamo soddisfatti di aver creato questa creatura oscura e contorta. La nostra visione musicale prosegue su una strada propria, alla ricerca di ciò che c’è oltre e lontana dai canoni. Sentiamo che questo nuovo capitolo da un’identità ancora più marcata al nostro progetto.
Avete riscontrato difficoltà durante tutto il processo di realizzazione del disco?
Una delle difficoltà è stata quella di aver registrato l’album durante il lockdown. Le registrazioni sono avvenute in diverse sedi e l’intero processo si è esteso per mesi. Anche la scrittura del disco è stata complessa e impegnativa. Abbiamo lavorato molto sulla nostra composizione, sulla dinamica, sulla stratificazione dei layer, sui diversi tipi di atmosfere che si dovevano fondere. È stata una ricerca al fine di creare un suono denso, infernale, trascendentale, che si impregna nella mente e porta ad una dissociazione della realtà trasportando nel sogno/incubo.
Obsidian Katabasis è un’altra tappa importante nella vostra ricerca del sound più drasticamente spettrale sperimentabile. Se mi permettete, in questo aspetto avete superato da tempo maestri come Esoteric o Thergothon. Dove pensate vi porterà questa ricerca?
Hai citato due mostri sacri del funeral doom. Ammiriamo la loro musica e non mi sento di dire che abbiamo superato questi capisaldi. Non facciamo meglio qualcosa che loro hanno già fatto egregiamente. Abbiamo una nostra direzione, e per il fatto che è personale e non un’imitazione, ha il suo valore nell’autenticità. La sperimentazione è alla base del progetto FF e la ricerca serve a portare un’esperienza di ascolto sempre più intensa. Parlando di Esoteric, Greg Chandler si è occupato del mastering di Obsidian Katabasis.
In occasione di questa intervista ho voluto rinfrescarmi la memoria e mi sono ascoltato di getto tutto il vostro lavoro a partire dal primo EP del 2012. Ho potuto notare che la vostra musica si fa nel tempo via via più cupa e claustrofobica, fino a Backwater, che per quanto riguarda la mia esperienza è uno dei dischi più angoscianti che abbia ascoltato in assoluto, ma Obsidian Katabasis, per essere una catabasi è al quanto “luminoso” rispetto al precedente. Si tratta di una mia impressione o condividete il mio pensiero?
Con Backwater abbiamo esplorato la vastità del funeral doom con tracce lunghe circa 15 minuti e tempi comatosi, creando ambienti plumbei e desolati, spesso accompagnati dai lamenti della chitarra d’arrangiamento. Con Obsidian Katabasis avevamo l’esigenza di rendere il suono più d’impatto e vario mantenendo l’intenzione di creare un viaggio cerebrale. Abbiamo estremizzato sia le parti più desolate, ora al limite dell’ambient, sia le parti più dure, con sfuriate di doppia cassa e riffing aggressivo. Il nuovo album si sviluppa su questo contrasto: dal totalmente oscuro e soffocante, a parti di respiro quasi meditative. Non a caso certi passaggi rappresentano la rinascita dopo la morte. La stratificazione dei vari layer, tra harmonizer, chitarre multiple ed effetti, amplificano lo spettro uditivo e visivo, in cui il nero pece è un insieme densissimo che assorbe anche materie più luminose. Nel complesso, pur essendo meno straziante, Obsidian Katabasis scava in luoghi più bui e lo fa con maggiore fermezza.
Ora che siamo all’uscita di Obsidian Katabasis, c’è qualcosa che avrebbe potuto essere aggiunto, tolto o siete pienamente soddisfatti?
Quando esce un album si dà testimonianza di un determinato periodo. Chi siamo stati in questi ultimi 4 anni con pensieri ed idee. Tutto quello che abbiamo ritenuto necessario dover esprimere lo abbiamo inserito in questo album e non sarà ripetibile, a meno che il nostro percorso come esseri umani non si sia interrotto. Dare vita a qualcosa di unico, poiché riflette in maniera trasparente le persone che lo creano, è la cosa più importante. Riteniamo che Obsidian Katabasis dovesse suonare in questa maniera e siamo soddisfatti delle sue peculiarità.
Domanda à la Lucarelli: se i vostri dischi fossero libri, in quale autore v’identifichereste?
Evochiamo dimensioni ultraterrene e remote, e questo può ricordare le sovrannaturali descrizioni cosmiche di H.P. Lovecraft, che ci ha anche ispirato per il titolo di “Thresholds of Nonexistence Through Eerie Aeon”. Mi piace pensare anche ai gironi dell’Inferno di Dante, ma credo sia inappropriato associare il nostro abominio ad un’opera cosi inarrivabile.
Questa domanda è più una mia curiosità: come compongono i Fuoco Fatuo? Lo chiedo perché appunto da qualche tempo la vostra proposta sta diventando sempre più complessa e stratificata e per me è difficile pensare a un metodo adatto a creare meravigliose aberrazioni indescrivibili come “Psychoactive Katabasis”.
Si parte da un riff di chitarra e lo si sviluppa in sala prove ragionando sulla sua funzione nell’album. Tendenzialmente il nuovo riff è la continuazione del lavoro fatto fino a quel momento. Si sviluppa fino a renderlo utile per lo scopo e si lavora sull’atmosfera che si vuole dare in quella parte attraverso effetti ed arrangiamenti. Così si procede fino ad avere la struttura finale delle tracce. Componiamo L’album come se stessimo scrivendo una storia, abbiamo nella nostra testa immagini, ambientazioni e atmosfere che vogliamo descrivere con la nostra musica. Più si va avanti, più il mostro presente nelle nostre teste prende forma.
Sul piano personale posso immaginare si tratti di esprimere la propria visione e arte, ma dall’altro lato, quello del pubblico… per quanto riguarda me, ascoltare voi è come risentire i Portal o gli Aoratos, provando un forte ma piacevole disagio. A cosa punta la musica dei Fuoco Fatuo?
Nella nostra musica sono presenti molteplici dissonanze ed intrecci di melodie che rendono il suono sinistro e angosciante. Questi suoni non sono tutti immediatamente riconoscibili. Alcuni sono a un livello quasi subliminale e difficili da percepire. L’insieme è costituito da questa trama ricca e fitta, e questo magma sonoro viene assorbito trasportando la mente verso substrati seppelliti e il viaggio verso luoghi primordiali prende forma. Per noi rappresenta le viscere dell’essere, il vuoto interiore, il contatto con la morte. Qualcosa che spaventa ma nel quale è necessario entrare.
Se doveste descrivere la vostra musica con un’immagine quale sarebbe?
Un viaggio mentale ma tangibile dentro una dimensione ancestrale, scura e opprimente. Un oltretomba dove il terrore è ammaliante e magnetico. Dove scorrono fiumi di lava che divora corpi e anime disperate, e si ergono templi monumentali neri nei quali risiedono i pensieri più reconditi dell’animo umano.
Ultima domanda. Obsidian Katabasis sembra essere un calderone in cui sono confluite una moltitudine di idee e spunti, vi è rimasto qualcosa da parte o ci penserete più avanti?
Quando scrivi un album la preoccupazione non è quello che avrai da dire dopo ma fare al meglio quello su cui stai lavorando. Negli anni maturiamo come ascoltatori, musicisti, e persone in generale. Le nostre menti necessiteranno qualcosa di nuovo, nella vita e nella musica. Le nuove esigenze prenderanno forma con lo step successivo.
Grazie per il vostro tempo e per la disponibilità, siete un faro di speranza del territorio italico per quanto riguarda la qualità di una forma d’arte che ormai è relegata a un sottobosco freddo e umido anche se brulicante di vita.
Grazie a voi.