A distanza di due anni da “Miasma” il duo ritorna in sala di incisione e ci regala un disco che già dal primo ascolto promette di lasciare un profondo segno all’interno della fauna underground nazionale. Stefania Pedretti e Bruno Dorella rispondono alle nostre curiosità.
Ciao e benvenuti su GRIND ON THE ROAD! La costante alla base degli OvO la ricerca di un “primitivismo sonoro”, all’interno dei vostri lavori si è sempre lasciato molto spazio al minimalismo, seppure arricchito magistralmente con ogni tipo di sperimentazione. “Ignoto” sembra sviscerarsi ancora di più, tornando al nucleo originale del progetto. Ci spiegate com’è partita la scrittura di questo disco?
Siamo partiti con l’idea di fare un EP, due brani-macigno sludge-doom. La cosa ci è sfuggita di mano e ne siamo usciti con un album… Anzi, abbiamo dovuto pure tagliare qualcosina. Se no rischiavamo un doppio CD stile Corrupted! Più che un ritorno al nucleo originale (che era total impro), è un ritorno alla fase Load, in cui in ogni disco mettevamo un mammuttone doom. Avevamo ben chiaro però di voler continuare a usare l’elettronica, che ormai è un nostro marchio di fabbrica, ma volevamo dilatare anche quella, renderla a sua volta sludge.
A proposito di sound: “Ignoto” riesce a trasferire la forza espressiva che utilizzate sul palco nello spazio limitato di un disco, che sembra cogliere perfettamente la vostra anima più performativa. Quanto ha influito la massiccia esperienza live di tutti questi anni nella trasformazione del sound degli OvO?
Trasferire l’energia del nostro live in una registrazione è sempre stata un’impresa che ci sembrava di non riuscire a compiere. A un certo punto, per la precisione con “Abisso” (e un po’ anche col precedente “Cor Cordium”), abbiamo smesso di provarci, abbiamo iniziato a pensare al disco solo come disco, e non come trasposizione dell’impatto di un concerto. Abbiamo deciso di partire dalla costruzione dell’album, e non dal live (mentre prima era sempre stato il contrario). Da quel momento abbiamo cominciato a fare bei dischi. Se dici che in questo siamo riusciti a portare l’energia del live, ti crediamo e ci fa piacere, ma non è più una priorità per noi, perché consideriamo le due entità come separate.
Sicuramente gli oltre 1000 concerti fatti hanno influito sul nostro sound, ci mancherebbe! Ci evolviamo continuamente e suonare tanto ci permette di farlo con sempre maggiore consapevolezza. Poi questi due brani sono nati durante il lockdown, quando non si poteva suonare dal vivo. Ci siamo dunque trovati in sala prove, senza la pressione di tour e concerti, prendendoci il tempo di dilatare le strutture. Forse per questo si ha una maggiore sensazione di live.
Questo decimo disco segna un importante traguardo all’interno della vostra oramai più che ventennale carriera. Tra tutte, colpisce la scelta stilistica di essere più espliciti nei testi, optando per l’uso della lingua italiana. È sintomo di una nuova necessità comunicativa che fa parte della maturazione del progetto?
Non ce l’aspettavamo, ma è successo. Tutto è cominciato col brano “Miasma” del disco precedente, che ha una breve parte in italiano. Ogni sera, anche all’estero, ci dicevano quanto quella parte fosse intensa. Evidentemente, al di là del significato, il “dire”, in qualche modo, arriva. Allora abbiamo voluto esplorare ulteriormente in questa direzione. Non in tutto l’album, sia chiaro. L’utilizzo della voce come strumento, come suono puro da parte di Stefania, è ancora forte. Ma potrebbe essere l’inizio di una nuova fase. O forse no, vedremo. Le ripetute chiusure degli scorsi due anni ci hanno anche dato più tempo per leggere e riscoprire i classici della fantascienza, da cui è scaturito l’immaginario dei testi di “Ignoto”, che sono venuti in modo piuttosto naturale, in italiano.
Possiamo dire che entrambi siete membri molto attivi della scena musicale, pensate che le attività soliste e parallele agli OvO abbiano in qualche modo influenzato l’andamento e la maturazione del progetto?
Tutto influenza tutto, e sicuramente l’andamento di OvO è influenzato dalle pause dovute agli altri progetti, e dalle esperienze che abbiamo in altri ambiti. Oltre ai progetti musicali, siamo dentro a progetti di danza, teatro, performing art, cinema… Viviamo in mezzo agli input.
Il precedente lavoro, “Miasma”, è nato sotto una cattiva stella, in quanto uscito poco prima della pandemia con conseguente impossibilità di eseguirlo in concerto. Come vi siete rapportati rispetto a questa mancata opportunità? Ci sarà spazio all’interno del nuovo tour per il vecchio lavoro?
La scelta di impostare il nuovo lavoro (che, ricordiamo, nelle intenzioni originarie doveva essere un EP) come due pezzi lunghi derivava proprio dalla voglia di continuare anche a suonare i pezzi di “Miasma”. Pensavamo in questo modo di poterci gestire sera per sera, suonando uno dei due pezzi lunghi e una selezione da “Miasma”. Crediamo che alla fine sarà così, faremo un po’ da entrambi gli album, magari sacrificando qualche classico da “Creatura” che ancora suonavamo. Il tour di “Miasma” c’è stato, abbiamo suonato ovunque fosse possibile nei momenti di apertura. Ma abbiamo ancora voglia di suonarlo.
Molte altre band e progetti hanno superato la pandemia carichi di bisogno di espressività. Nonostante quella a voi non sia mai mancata in tutti questi anni, credete che “Ignoto” porti qualche segno della situazione mondiale all’interno delle sue tracce?
Probabile, ma è difficile dire quanto. Magari questi testi astratti, esoterici, legati alla fantascienza, potrebbero rappresentare una volontà di astrarsi da quella cosa? Chi lo sa, a livello inconscio questa storia ha agito in qualche modo su chiunque. Quel che è certo è che i due lunghi brani di “Ignoto” sono nati come prosecuzione e compensazione di “Miasma”, e con l’intenzione di poter suonare dal vivo sia i brani nuovi che quelli di “Miasma”, per recuperare il fatto di non averli potuti suonare tanto quanto avremmo desiderato.
Ho letto dal comunicato stampa che “Ignoto” si riferisce a quello che ci aspetta in futuro. Questa è una frase che mi ha dato da pensare, in quanto il disco suona molto apocalittico e tutt’altro che leggero. Mi chiedevo quale fosse la personale visione degli OvO rispetto all’attuale panorama artistico sia nazionale che estero, ci aspetta davvero uno scenario così desolante?
Che il futuro sia Ignoto è un’evidenza. Non possiamo certo spacciarci per ottimisti, l’essere umano sta facendo di tutto per non meritare nulla, nemmeno il pianeta su cui vive. Poi la nostra musica è pesante e cupa a prescindere, lo sarebbe anche se parlassimo di gelati alla fragola. Ma in realtà la scelta del titolo è basata su fatti personali, su problemi di salute di Stefania che hanno radicalmente cambiato le nostre vite, e sul dato di fatto che non sappiamo niente di niente, la vita e la natura possono piombare su di noi a ricordarcelo in qualsiasi momento. Sulla questione artistica invece, magari un po’ controcorrente, non siamo così negativi. C’è tanta roba interessante in giro, a tutti i livelli e in tutte le arti. Bisogna sbattersi a trovarla, e questo può essere frustrante. Ma c’è.
Grazie mille per il tempo che ci avete concesso e in bocca al lupo per questo nuovo disco!
Grazie a voi, keep on grinding!