Gli WOWS sono un gruppo veneto dalle sonorità dilatate che vertono sul post, sull’atmospheric black e sul drone metal. Quest’anno è uscito Ver Sacrum, il loro secondo full length, con il quale confermano la loro autenticità e fluidità formale. Coprodotti da una cordata italianissima (Dio Drone, Coypu Record, Hellbones Records e Shove Records), gli WOWS emergono dal silenzio in cui si sono avvolti dal 2015 (anno di uscita di Aion, il loro primo album), per regalare agli ascoltatori quella che è probabilmente una delle release italiane più interessanti del 2020. Abbiamo dunque colto l’occasione per intervistarli, buona lettura!
Benvenuti su Grind On The Road! Innanzitutto, come mai avete intitolato l’album proprio “Ver Sacrum” (se non erro, un antico rito delle popolazioni italiche)? Che significato ha per voi?
Ver Sacrum è la nostra voglia di esplorare nuovi territori sonici, proprio come i fanciulli che venivano allevati per essere mandati a colonizzare nuove terre secondo il rituale preromanico che porta il nome del nostro disco. Potrei dire un sacco di cose su questo disco ma non voglio cadere nel banale, dirò solo per noi è un disco importante, ci sono voluti cinque anni per comporlo, è un po’ il riassunto della nostra vita dopo aver pubblicato il nostro debutto AION.
Su Bandcamp, a proposito dell’album si legge: “is a Path Through Destruction, Emptiness and Rebirth”. Volete spiegarci cosa significa questa frase per voi?
Non c’è molto di più da dire in realtà, la frase di per sé descrive già bene l’essenza del disco. Posso dire che abbiamo cercato di descrivere questo percorso la musica, “Mythras” ad esempio è la distruzione che lascia il vuoto dietro di sé, un vuoto descritto da “Vacuum”, mentre la seconda parte del disco vuole rappresentare la lenta strada verso la rinascita con “Lux AEterna” che poi arriva a compimento con “Resurrecturis”. È una celebrazione il nostro Ver Sacrum, come un rituale che ci stacca dai pensieri terreni e ci solleva dalla realtà inesorabile del quotidiano.
Quali sono le atmosfere e le sensazioni che volevate evocare nell’ascoltatore con questo lavoro?
Devo dire che con questo disco abbiamo voluto tirare fuori il nostro lato più violento, più dissonante ma anche quello più sperimentale ed atmosferico. Ci siamo ispirati ad alcuni sottogeneri del metal per esprimere i vari mood del disco, al black metal per la distruzione, al post metal per la lenta rinascita, al noise e al drone per il vuoto. Le sensazioni possono essere di ansia, terrore, disagio ma poi c’è anche la liberazione, la speranza e la voglia di non arrendersi mai.
Non voglio influenzare nessuno però, ognuno ci può sentire quello che più ha senso con la sua esperienza di vita, il nostro è obiettivo è stato di cercare di dare un aiuto per raggiungere un piano di coscienza e di riflessione più alto, cosa che nella nostra caotica quotidianità può essere difficile da conquistare.
Rispetto al precedente Aion, uscito cinque anni fa, questo album ha molte più sfaccettature di generi che a volte si allontanano dal metal, come ad esempio l’intro “Elysium” (che rimanda alla musica neoclassica grazie alle note di pianoforte) e la traccia “Vacuum” (in cui riecheggiano gli Slint, con note post-hardcore). Come mai avete sentito la necessità di ampliare i vostri confini musicali?
Sai, è semplicemente la nostra natura. Quando non avremo più voglia di sperimentare ed ampliarci credo anche che smetteremo di suonare. Il nostro è un progetto puramente di espressione artistica, nient’altro.
Come vedete il percorso artistico da qui al prossimo album? Continuerete a sperimentare con i generi, oppure pensate di aver trovato la vostra strada?
Sicuramente proveremo a superarci come abbiamo sempre cercato di fare, non so se ci riusciremo ma la volontà c’è sempre. Non siamo legati a nessun genere in particolare e forse nemmeno al dover per forza “trovare una strada”, a noi piace sentire nostra la musica che suoniamo, sentire che per noi ha un senso profondo che vuol dire qualcosa, ecco questo è l’importante per noi.
Molti dei progetti più interessanti a livello nazionale arrivano dal Veneto, un esempio tra tutti sono gli Storm{O} e i Messa. Il Veneto è inoltre la sede del Venezia Hardcore Fest, uno dei festival più importanti in Italia. Pensate che si possa parlare di una vera e propria “scena” veneta? Con quali realtà avete stretto più legami?
Seppur sia molto bello avere degli orgogli regionali, in verità non ci ho mai pensato. Nel senso non credo che la provenienza di una band sia in qualche modo legata alla performance o al livello, voglio dire se gli Storm{O} o i Messa fossero emiliani o campani o calabresi li ascolterei allo stesso modo. Senza dubbio in Veneto ci sono dei bei festival, ma anche in Lombardia il SoloMacello Fest spacca, come anche il Frantic o il fu Krakatoa, ti risparmio le band ma vale la stessa cosa. Io spero solamente che tutti quanti continuino a crederci e a tenere in piedi queste splendide realtà, nella regione che preferiscono. Per quanto riguarda i legami farei prima a dire le realtà con cui abbiamo legato poco ahah ma non lo faccio, non mi sembra molto carino. La maggior parte delle persone che abbiamo conosciuto sono diventati nostri amici e credo che proprio questa sia la cosa più bella di avere una band e di far parte di una “scena”.
Ver Sacrum è edito da Dio Drone, Shove Records, Coypu Records e Hellbones Records. Vi va di spiegarci come sono nate queste collaborazioni?
Ognuna a modo suo tutte queste realtà hanno creduto e contribuito alla nascita di Ver Sacrum. Con Nàresh di Dio Drone abbiamo un rapporto oserei dire familiare, è stato il primo a voler produrre il nostro Ver Sacrum, ancora prima di sentire una nota registrata su disco. Per noi queste cose valgono più di tutto, la fiducia e la stima sono ottime basi su cui costruire una collaborare. Shove Records per noi è sempre stato un punto fisso nell’underground italiano, quando Manu ci ha detto che il disco gli piaceva e che l’avrebbe prodotto con noi, eravamo al settimo cielo. È un onore per noi far parte di una label come Shove. Con Coypu è stato un incontro fortunato così come con Hellbones, entrambe sono realtà che sostengono musica originale e di valore, siamo contenti di essere in label con band come i Soviet Soviet, i generi possono essere diversi ma se la musica è potente allora il genere passa in secondo piano. A breve uscirà un annuncio, ci sarà una quinta label che è nata durante il lockdown, non vi anticipo niente vi dico però che sono CARICHI.
L’artwork dell’album è di Paolo Girardi. Le influenze di Zdzisław Beksiński sono evidenti all’interno delle sue opere. Voi cosa ne pensate? Qual è la vostra interpretazione del dipinto che ha realizzato per Ver Sacrum?
Credo che l’interpretazione di Paolo Girardi delle nostre suggestioni abbia influito più di tutto il resto. Abbiamo dato indicazioni al Maestro per rendere al meglio la copertina del nostro disco, poi lui ha filtrato questi nostri pensieri con il suo immenso talento e ha prodotto questi edifici diroccati ispirati ai terremoti che hanno devastato il centro Italia, la mezzaluna come una ferita aperta, la polvere che si alza a coprire il cielo, proprio come nel testo di “Mythras”. Non potremo essere più felici della collaborazione e sono sicuro che non si fermerà a questi due dischi.
Parliamo un po’ di interessi e di influenze musicali. In ambito nazionale, quali sono i gruppi che apprezzate maggiormente e che più vi stimolano?
Una domanda scomoda ahah, ci sono un sacco di band italiane che ci piacciono anche se come dicevo sopra la provenienza di una band per noi non conta niente, se la musica è buona è buona che sia italiana o neozelandese è uguale. Se proprio dovessi fare nomi sicuramente non riuscirei a includerli tutti, ne sceglierò tre in modo molto arbitrario che personalmente mi piacciono un sacco: Demikhov, Sunpocrisy, Organ.
In ambito internazionale, invece, quali sono i gruppi a cui guardate maggiormente?
Più o meno vale quello che ho detto sopra, poi contando che siamo in sei sicuramente le band che ci hanno influenzato si moltiplicano. Anche qui ne scelgo tre: Deathspell Omega, Blut Aus Nord, Neurosis.
Immaginate di essere su un’isola deserta e che possiate portare con voi un unico album da ascoltare per il resto dei vostri giorni. Quale sarebbe? Potete rispondere singolarmente o come gruppo.
Ma raga su un’isola deserta serve il cibo, un riparo, magari dei fumogeni per cercare aiuto. Oppure degli utensili, o dei semi da coltivare, tipo Cast Away no? Non mi pare avesse dei dischi lui ma magari ricordo male.. Wilson! …WILSOOON!!!
Siamo giunti alla fine di questa intervista. Vi ringraziamo molto per la vostra disponibilità. Salutate i lettori di Grind On The Road come preferite!
Vogliamo ringraziare di cuore GOTR e i suoi affezionati lettori per l’interesse che avete sempre dimostrato nel nostro progetto fin dall’inizio, per noi questo vuol dire tantissimo, speriamo davvero di risentirci al più presto!