Disco di debutto sulla scena per i finlandesi Graven Sin, nuovissimo progetto che ci propone con Veil Of The Gods undici brani di heavy metal sì tradizionale, ma con i piedi ben piantati nell’attualità sia per le scelte musicali e compositive sia per l’ottima produzione. Nuova band che, però, vede rispettivamente alle corde e alla batteria due membri della storica band black metal Horna, ossia Ville Pystynen alle corde (Shatraug, voce, chitarra e fondatore degli stessi Horna e dei Sargeist) e Ville Markkanen alla batteria (VnoM, bassista degli Horna). Completa il trio, alla voce, il greco-cipriota Nicholas Leptos, lead vocalist in The Hunt for Damien, disco dei Warlord del 2015 ma con tante altre esperienze al suo attivo.
La proposta musicale dei Graven Sin parte da un heavy metal che possiamo ben definire classico, suonato benissimo e con arrangiamenti curati. Nelle undici tracce dell’album si sente l’influenza dei Candlemass ma è innegabile riconoscere qualche riff che ricorda i Metallica (l’inizio di “Beyond Mesopotamia”) o, come nel caso di “Cult of Nergal”, il thrash tedesco di Kreator e Destruction. Leggendo il materiale promozionale non neghiamo la sorpresa di leggere il nome dei Deep Purple, ma effettivamente qualche passaggio di tastiera (mai invadente) o fraseggio vocale ce li riporta alla mente (e forse ancora di più, i Rainbow più muscolari). Ed è proprio sulla prestazione del cantante Nicholas Leptos che vale la pena spendere qualche parola in più, anche considerando che il genere proposto dai nostri necessariamente porta l’attenzione sulla prestazione vocale (magari in fase di mixaggio, nel caso specifico, poteva essere abbassata un po’). Leptos è bravissimo e molto intonato, in assoluto molto più convincente sulle tonalità alte, quando colora di un leggerissimo growl alcune parole e diventa più aggressivo o, addirittura, se sceglie un’impostazione tenorile che ci mostra quanto Nicholas sia preparato. È forse un po’ più debole la sua prestazione quando rimane su tonalità basse o quando prova un’impostazione più teatrale ma di certo questo non va a inficiare l’ottima prova del nostro. Ma veniamo alle canzoni, partendo dall’arrembante “The Morrigan” che ci illustra fin dai primi secondi dove andremo a parare con il disco e l’elevata qualità media della proposta. Bella l’incalzante doppia cassa nella strofa del terzo pezzo, “Bloodbones” dove Leptos comincia a volare alto soprattutto nei ritornelli. La prima metà del disco è sì valida, ma è nella seconda metà che il tutto si fa veramente interessante. “Cult of Nergal” ha un chorus potentissimo da cantare a squarciagola (anthemico, avrebbero scritto sul compianto H/M) e, poi, con “The Scarlet Night” si apre un trio di pezzi tutti caratterizzati da melodie, scale e vocalizzi che potremmo definire orientaleggianti. “Beyond Mesopotamia” è bella potente e la vicinanza ai quattro di Frisco è evidente. Viene da fare headbanging con “The Jackal God” con il cantante che si sente a suo agio con accenti e svolazzi mediterranei. L’album si avvia verso la fine con “Wand of Orcus” e “As the Erinyes Emerge”. Nella prima il tasso di epicità è molto alto e ci si avvicina allo speed metal nelle parti strumentali con, ciliegina sulla torta, un ritornello a tutta doppia cassa che ci fa venire voglia di sfoderare spada e scudo (qualcuno ha detto Rhapsody?). Degna conclusione del disco il mid-tempo marziale dell’ultimo pezzo che chiude in grande stile un bell’esordio.
Quindi il voto è rotondo e convinto per questo che sembra essere un progetto parallelo di musicisti che hanno una loro affermata carriera ma che ci presentano, comunque, un lavoro composto, arrangiato, suonato e prodotto senza lasciare nulla al caso. Meritano davvero attenzione questi Graven Sin, sia per la cura certosina dedicata alle canzoni sia per l’effettiva qualità delle singoli canzoni e per la coerenza della proposta, che mostra rispetto per le tradizioni ma che prova a proporre il tutto con freschezza, quasi a dimostrare che l’heavy metal è in salute e che è ben lungi dalla sua fine. Certo, ci sarebbero, come si evince dalla recensione, alcune limature da fare ma il trio ha sia l’esperienza che la capacità di lavorare su questi aspetti per eventuali uscite successive.
(Svart Records, 2023)
1. The Morrigan
2. From the Shadows
3. Bloodbones
4. She Who Rules Niflheim
5. I Am Samael
6. Cult of Nergal
7. The Scarlet Night
8. Beyond Mesopotamia
9. The Jackal God
10. Wand of Orcus
11. As the Erinnyes Emerge