Originari di Austin, Texas, i Grivo approdano su Church Road Records con alle spalle un full ed un EP e danno alle stampe il presente Omit, che non sarebbe potuto uscire in un mese migliore. Lo slowcore dei Low e dei Codeine, alcune atmosfere “post” degli Slint, l’immancabile shoegaze fumoso di Jesu: unite questi elementi e potrete intuire quali sono le coordinate musicali dei Nostri.
In un momento che sembra favorevole al proliferare dello shoegaze i Grivo confezionano sette pezzi tutto sommato non originali ma assolutamente piacevoli. Il suono brumoso, corposo, stratificato e pieno di riverberi della band ammanta ogni singolo pezzo, con un cantante, Timothy Heck, dal timbro perfetto per questo genere musicale: pulito, levigato, incredibilmente melodico, si fonde con le chitarre in un pulviscolo freddo e appiccicoso, creando un ideale punto di incontro tra l’intimismo minimale dei Low e i robusti muri sonori di Jesu, e al contempo facendo leva su una dolcissima malinconia di fondo che caratterizza ogni canzone.
I Grivo hanno un solo difetto (o un pregio, a seconda di come lo si vuole interpretare): anestetizzano. Il tempo in Omit sembra non scorrere, i brani si susseguono e spesso conservano le stesse caratteristiche strutturali e melodiche, al punto che in alcuni momenti sembrano quasi fusi gli uni con gli altri. Natura ambivalente questa, perché se da un lato contribuisce a gettare l’ascoltatore in un limbo sonnolento e cullante, ovattato e lontano da tutto, dall’altro può far apparire la proposta un po’ monotona e poco varia. D’altra parte è una delle caratteristiche dello shoegaze e dello slowcore, pertanto se non si è amanti di questi generi si potrà essere inclini a bocciare il disco dopo un ascolto. Per noi Omit va molto vicino a centrare il bersaglio e a portare a casa esattamente quello che promette, anche se, lo riconosciamo, sono usciti album, anche per la stessa Church Road, che hanno saputo ottenere un risultato migliore. Non tutte le canzoni riescono infatti a coinvolgere e a catturare l’ascoltatore, con il risultato che non sempre il livello di attenzione rimane costante, ci si sente insomma lambiti solo in parte dalla caligine che i Nostri vorrebbero trasmettere.
Omit si piazza assolutamente ben oltre la sufficienza, ma non riesce a farsi distinguere restando, ahimè, “uno dei tanti”. Ma i Grivo si meritano attenzione, soprattutto se vi nutrite di queste atmosfere sospese: magari non ve ne innamorerete, ma siamo certi riusciranno a farvi trascorrere quasi un’ora di totale distacco dal mondo e da quello che vi circonda, e per adesso va bene così.
(Church Road Records, 2022)
1. Trammel
2. Omit
3. Fatigue
4. Fatal Blue
5. Attuned
6. Languor
7. There