Haavard è il debutto da solista di Håvard Jørgensen, un nome che i fan del black metal della prima ondata (quella norvegese soprattutto) immediatamente sapranno ricondurre agli Ulver. Il Nostro è stato infatti chitarrista dei “lupi” dal primo vagito discografico al 1993, firmando tra l’altro quei capolavori che rispondono al nome di Bergtatt – Et Eeventyr i 5 Capitler, Kveldssanger e Nattens Madrigal – Aatte Hymne til Ulven i Manden. Ma non vi aspettate dal debutto omonimo Haavard delle sonorità black metal: qui di metal non c’è nulla, siamo infatti dalle parti di un lavoro totalmente acustico e nella quasi totalità dei casi strumentale (solo un brano su tredici vede infatti una voce, tra l’altro quella di Kristoffer “Garm” Rygg). Ma il sodalizio spirituale con gli Ulver non si ferma qui, se solo pensiamo al fatto che nella tracklist figura un pezzo dal titolo “Kveldssang Ii”, un ponte diretto con Kveldssanger del quale questo lavoro si vorrebbe porre come ideale prosecutore.
In realtà, diciamolo subito, l’opera che abbiamo tra le mani non stupisce più di tanto, non riesce alla fine ad evocare quella magia sonora che ci si aspetterebbe… Ed è un peccato, visto che la partenza è deliziosa: “Printemps” è un pezzo elegante, cullante, perfetto con il suo titolo nel rievocare una natura che si risveglia dal torpore invernale. Fiumi e laghi ghiacciati che iniziano a sciogliersi accarezzati dai primi caldi della primavera, il sole che filtra tra le fronde di un bosco fitto e quanto mai rigoglioso, un inno alla vita che si rianima. La potenza del pezzo emerge con tutta la sua forza con il suo crescendo che, oggettivamente, entusiasma e conquista sin da subito per la sua grazia e delicatezza, con una luce ed un chiarore ai quali si oppone la successiva “Heartwood”, più oscura e intima grazie agli archi che stendono un sontuoso e vagamente mesto tappeto sul quale danzano le note della chitarra di Jørgensen. Atmosfere così opposte vengono riprese anche con “Oberon” e “Snøhetta”, forse un po’ meno affascinanti dei brani precedenti ma comunque ancora in grado di portare a casa risultati più che soddisfacenti. Purtroppo però da questo pezzo in poi il livello di interesse verso la proposta di Haavard cala un po’, colpa forse di momenti meno ispirati o inconcludenti, e giusto con “Niende Mars” e “Mot Soleglad” la situazione torna a migliorare. Proprio “Mot Soleglad” vede la già citata partecipazione alla voce di Garm, che mette in luce un altro punto debole di questo lavoro: la mancanza di un accompagnamento vocale. La canzone in questione non è certamente la punta di diamante del disco, eppure assume un valore aggiunto proprio alla luce di questa collaborazione, di questo “in più” che dona una profondità maggiore alla musica del Nostro. Ci chiediamo dunque se non sia il caso, in futuro, di approfondire questa soluzione, in grado di dare un corpo maggiore anche in casi di composizioni che altrimenti risulterebbero troppo leggere o flebili.
Haavard lascia insomma l’amaro in bocca. A fronte di una partenza buona e di momenti convincenti ne abbiamo altri, la maggior parte ad essere sinceri, che non riescono a creare quella magia che un lavoro come Kveldssanger aveva saputo creare a suo tempo (e non a caso è ritenuto uno dei capolavori di quel certo periodo). La pretesa di fornire un seguito spirituale a suddetto disco va dunque presa molto con le molle, andando a considerare Haavard per quello che effettivamente è: un disco acustico di ispirazione naturalistica suonato in maniera egregia, ma dalla poca profondità e ancora poco centrato. E’ però di fatto un debutto per Håvard Jørgensen, e viste anche alcune buone cose messe in luce, restiamo speranzosi per il futuro di questo progetto.
(Prophecy Productions, 2022)
1. Printemps
2. Heartwood
3. Oberon
4. The Chase
5. Snøhetta
6. Emmanuelle
7. Eastwood
8. Niende Mars
9. Kveldssang II
10. Sørgemars
11. Mot Soleglad
12. Myrull
13. Athena