Ideale punto d’incontro tra il doom desolato e romantico degli Swallow The Sun e il post-metal venato di gothic dei mai troppo compianti Ghost Brigade, tornano i finnici Hanging Garden con un nuovo EP, Neither Moth nor Rust, sei pezzi nei quali, lo diciamo subito, il suono dei Nostri non subisce particolari modifiche rispetto all’ultimo full uscito a maggio 2021, Skeleton Lake. Se diamo un’occhiata alla discografia del gruppo si rimane sorpresi dalla loro incredibile produttività e soprattutto dal livello qualitativo di ogni prodotto, segno che la vena creativa dei ragazzi è sempre viva e vegeta, e che nonostante un approccio ormai consolidato e riconoscibile c’è un mestiere, un saper fare alla base che li aiuta a non sfociare nella banalità o nel già sentito.
Neither Moth nor Rust parte con l’omonimo pezzo, una cavalcata di quasi quattro minuti nella quale si avvicendano tutte le caratteristiche che hanno reso distinguibile il suono degli Hanging Garden: chitarre robuste ma dal taglio melodico ed orecchiabile, una generale atmosfera dimessa e malinconica figlia degli ultimi Katatonia, l’alternanza di tre voci (femminile, maschile in pulito/growl feroce), una struttura ritmica solida, compatta, che con le sue solide basi contrasta efficacemente gli eterei tappeti tastieristici che fanno da sfondo. Elettronica e un maggior piglio aggressivo fanno capolino invece nel secondo brano, “The Last Dance”, nel quale i Nostri riescono a bilanciare con estrema bravura le diverse tensioni con le quali il pezzo è costruito, mantenendo alto il livello di interesse. La parte centrale dell’EP è più dolce e malinconica, assolutamente priva di accelerazioni e dedita a lavorare su atmosfere fredde e lontane che in parte possono ricordare gli Anathema di metà carriera: un rallentamento congeniale prima di dedicarsi alla chiusura affidata a “On the Shore of Eternity” che non aggiunge nulla di nuovo a quanto detto sopra ma che conferma il buon livello del lavoro. In realtà non si tratta dell’ultimo pezzo, il compito di chiudere il lavoro è affidato infatti al remix di “Fields of Reeds” (canzone presente in Skeleton Lake), che in questa versione perde ogni precedente pulsione malvagia ed aggressiva a favore di una massiva implementazione del suono delle tastiere. Ne esce un brano che non sfigurerebbe in qualche disco dei To/Die/For, un pezzo orecchiabile, ritmato e dall’animo essenzialmente gothic anni Ottanta/primi Novanta, carino ma tutto sommato trascurabile.
Neither Moth nor Rust è un EP nel complesso valido, che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto fin qui dimostrato dalla band di Helsinki. Onestamente non ci aspettiamo molto di più da loro: il livello raggiunto è ormai alto, ogni singola uscita è degna di essere ascoltata e apprezzata, e il lavoro degli Hanging Garden nel cercare di sintetizzare le varie influenze in qualcosa di riconoscibile sta dando ormai i risultati sperati. È di fatto però un disco forse più rivolto ai fan o ai collezionisti: dopo nemmeno un anno di distanza dal precedente full forse non c’era tutta questa necessità di far uscire qualcosa di nuovo. Ma se la verve creativa della band è sempre così strabordante di pezzi validi come quelli qui contenuti alla fine ben vengano anche uscite di questo tipo.
(Lifeforce Records, 2021)
1. Neither Moth nor Rust
2. The Last Dance
3. And Leave All Love Behind
4. The Raven Portrait
5. On the Shore of Eternity
6. Field of Reeds (Avalon Skies Rework)