Dopo cinque album di caratura piuttosto elevata gli Harakiri For The Sky non hanno certo più bisogno di presentazioni. Il duo J.J. – al secolo Michael Kogler – e M.S. – Matthias Sollak – ci hanno abituato ormai a dischi lunghi, intensi, e ciò nonostante via via sempre più accessibili. La forma-canzone imbastita dai Nostri non è propriamente convenzionale: la verbosità trascinante di J.J., impetuosa (e forse ormai un po’ troppo standardizzata e monocorde) non prevede “ritornelli” propriamente detti, che sono invece affidati agli hook melodici intessuti dalle chitarre di M.S., che di fatto costituiscono un vero e proprio collante e punto di riferimento in ogni pezzo. Queste caratteristiche, da sempre presenti nel DNA degli HFTS, acquistano se vogliamo maggiore forza con il presente Scorched Earth, un lavoro che, a detta della band, sin dalla copertina proposta vuole configurarsi come un compendio di tutto ciò che sono (stati) gli Harakiri For The Sky sin dalla loro nascita nel 2012. L’opera è dunque esattamente in linea con le ultime uscite del duo, non ultima Mære del 2021, e forse anche per questo qualcosa inizia, vagamente, a scricchiolare.
Il modus operandi di questi ragazzi, il post-black metal atipico da loro proposto, le loro melodie malinconiche e glaciali, la furia del cantato rabbioso e disperato, sono tutti elementi che, chi segue la band, ben conosce, e anche chi avesse ascoltato solo un loro lavoro non avrebbe difficoltà a riconoscere, e questo inizia ormai a generare un senso di deja-entendu latente, al punto che si inizia a faticare a collocare un determinato brano in uno specifico disco piuttosto che in un altro. I più maligni direbbero che ormai fanno sempre la stessa canzone: è un’estremizzazione, una provocazione, ma se vogliamo un fondo di verità c’è. I momenti più caratteristici anche in Scorched Earth sono quelli che beneficiano di ospitate, o le cover. “Heal Me” vede la collaborazione di Tim Yatras (Austere), “Too Late For Goodbyes” di Serena Cherry (Svalbard), e P.G. dei Groza infonde una nuova, splendida vita alla cover bonus di “Street Spirit (Fade Out)” dei Radiohead. In mezzo a tutto questo abbiamo altre cinque cavalcate della durata media di otto minuti, tutti pezzi che, onestamente, se fossero durati la metà sarebbero forse risultati meno dispersivi e con un impatto emotivo maggiore. Tutte canzoni notevoli, assolutamente, ma che non sorprendono più, che magari colpiscono ai primi ascolti soprattutto per merito delle pregevoli linee melodiche, ma la cui spinta furente, temiamo, scema presto lasciando poco.
Lo stile degli Harakiri For The Sky è questo, ormai lo abbiamo capito, e non sappiamo quanto sia lecito attenderci qualcosa di diverso. I saliscendi emotivi, le sfuriate black inframmezzate da parentesi sospese e malinconiche intrise di poetico post-rock sono il loro marchio di fabbrica, ma dopo tutto questo tempo è forse venuto il momento di cambiare qualcosa. Alleggerire la proposta, aggiungere qualche clean vocal in più, variare un po’ la monotonia del cantato di J.J. (assolutamente funzionale al genere, ma un po’ pesante e ridondante alla lunga), sono tutte ipotesi che probabilmente sarebbe il caso di prendere in considerazione per spezzare quell’uniformità che inizia, sottile, a serpeggiare album dopo album.
(AOP Records, 2025)
1. Heal Me (feat. Tim Yatras / Austere)
2. Keep Me Longing
3. Without You I’m Just A Sad Song
4. No Graves But The Sea
5. With Autumn I’ll Surrender
6. I Was Just Another Promise You Couldn’t Keep
7. Too Late For Goodbyes (feat. Serena Cherry / Svalbard)
8. Street Spirit (Fade Out) (feat. P.G. of GROZA) – Radiohead Cover