Pesanti e sgraziati come non mai, gli Heavy Harvest dopo un assestamento stilistico (partivano come band stoner) pubblicano per Czar of Crickets la loro seconda fatica Iron Lung.
Iron lung è un atto di amore per il noise più metallico fatto di chitarre taglienti e rullante ben tirato. Riff circolari e feedback richiamano fin da subito i grandissimi Unsane: ascoltate la devastante “Noisebleed” dove declamazioni vomitate sul microfono fanno il paio con un basso schiaccia sassi e vi farete una idea della potenza del trio. Rispetto all’esordio il suono della band è più maturo e la produzione è un deciso passo avanti. Questo grazie al lavoro fatto al REC Studios (Knut, Zatokrev) di Ginevra: un suono limpido e aperto rende i brani maledettamente efficaci. Dopo la devastazione della prima parte del disco, “Oven” è un interessante ponte tra la potenza e un approccio più melodico con tanto di riuscito refrain che spezza il flusso rabbioso. La finale “Skeleton” ha songwriting più personale, che vanta interessanti passaggi dove la dinamica ha un ruolo importante senza necessariamente sbattere in faccia solo rabbia e aggressività.
La durata relativamente breve dei brani aiuta l’ascolto del disco che nella sua mezz’ora e poco più di durata regala soddisfazioni. L’unico vero difetto del combo svizzero è la mancanza di una personalità forte, ma sicuramente non tarderà ad arrivare.
(Czar of Crickets, 2020)
1. Worship
2. Scream
3. Nosebleed
4. Body Hammer
5. Needles
6. Oven
7. 7845-04
8. Fertilizer
9. Iron Lung
10. Pig Doctor
11. Candy
12. Skeleton