Luce, colori, sole, spiagge, estati sempiterne e corpi discintamente arenati sulla sabbia ad arrostire, in attesa che la notte scateni un tripudio di ritmi latini o celebri i fasti dell’ultima moda dance in grado di recare puntuale oltraggio al pentagramma… se mai dovessimo predisporre un questionario sugli italici luoghi comuni più diffusi per definire la Spagna, sarebbero probabilmente queste, le risposte più gettonate, insieme all’immancabile lode per una lingua in cui, tutto sommato, basta aggiungere una “esse” in fondo alle parole per poterne legittimamente rivendicare la padronanza.
Sulla scia di siffatte banalità spacciate per scientifiche certezze, non stupisce che la scena metal d’oltre Pirenei non goda di grandissima visibilità e sia relegata piuttosto a una dimensione di periferia dell’impero, forse con la sola, parziale eccezione della nicchia power, dove il nome degli Avalanch circola con buoni riscontri e un discreto manipolo di seguaci. Sul fronte strettamente qualitativo, peraltro, ottime notizie sono arrivate recentemente dai metal pendii più oscuri, con la stella degli Helevorn a illuminare a giorno il cielo gothic-doom in un crescendo impressionante di rilasci culminato in una pietra miliare dell’intero genere del calibro di Aamamata. E di materia stellare in improvvisa e clamorosa deflagrazione possiamo parlare anche nel caso degli Ikarie, che con questo Cuerpos en Sombra si presentano sulla scena post a forti tinte doom con tutte le carte in regola per aspirare a un posto di primo piano nel panorama internazionale. Formalmente siamo in presenza di un moniker al debutto, ma va detto che alcuni dei protagonisti di questa avventura sono tutt’altro che degli sprovveduti novellini, come attestato dal passato symphonic black e prog death del vocalist Pablo Egido e della coppia di sei corde Daniel Gil/Paco Porcel sotto l’insegna Nahemah, nella prima decade del nuovo millennio. Annunciato come primo capitolo di una trilogia dedicata allo stigma della diversità figlia della patologizzazione e della contemporanea sottovalutazione dei problemi legati alle malattie mentali, Cuerpos en Sombra è un album che si aggira indubbiamente all’interno di un perimetro canonicamente post metal, ma che si finisce per non comprendere ed apprezzare appieno se si trascurano i consistenti contributi in arrivo dal quadrante doom, decisivi soprattutto nell’articolazione di quelle atmosfere che, a conti fatti, sono uno dei pregi più significativi del platter. Certo, sono innegabili i riferimenti alla visionarietà “cinematografica” di marca Cult of Luna (nonché, in verità ancora di più, i rimandi all’abrasività che squarcia tele intrise di malinconia secondo la lezione Amenra, soprattutto negli ultimi episodi della saga Mass), ma non sono meno importanti gli elementi di drammatizzazione narrativa che hanno fatto la fortuna della declinazione scandinava del doom, storicamente pronta ad accogliere e valorizzare spunti death (nella fattispecie, più Saturnus che Swallow the Sun, a cominciare dai riff struggenti alle soglie della commozione). Altre armi più che vincenti del quintetto sono da un lato l’equilibratissimo dosaggio della componente melodica, grande protagonista per tutto il dipanarsi dei solchi ma senza mai sconfinare in un ruffiano easy listening da cassetta, e dall’altro l’inserimento nel viaggio di brevi frammenti strumentali a sfondo prevalentemente acustico, che conferiscono all’insieme un alone di mistero e di sospensione del tempo in un sorta di poetica rarefazione delle tempeste scatenate dai passaggi più muscolari. Non dovesse ancora bastare, a strappare applausi provvede la prova al microfono di Pablo Egido (semplicemente strepitoso con il suo scream/growl soffocato e sabbioso e allo stesso tempo potente, in grado di spaziare con pari naturalezza dal registro dell’enfasi a quello del dolore), alle prese con un cantato in lingua madre che demolisce in pochi secondi inveterate convinzioni che vorrebbero alcune lingue geneticamente incompatibili con la grammatica rock. Sei tracce “piene” più quattro intermezzi per un totale complessivo vicino ai 45 minuti, Cuerpos en Sombra regala una tracklist ad altissimo tasso di coinvolgimento che, pur non potendo essere ricondotta alla dimensione del concept in senso stretto, sconsiglia fruizioni parziali o, peggio ancora, superficialmente improvvisate o armate della sola, occhiuta lente di ingrandimento attenta a pesare eventuali, rivoluzionari contributi della band alla storia dei generi. Piuttosto che impegnarsi in sterili operazioni di grammatura dell’originalità, allora, vale la pena concentrarsi sul flusso di emozioni che tutti gli episodi riescono a dispensare a piene mani, a cominciare dalla coppia “Barro”/”Cenizas”, trionfo dell’ortodossia post con la seconda a incarnare il possibile best of del lotto con i suoi toccanti saliscendi e le chitarre a disegnare trasognati arabeschi, o dalla perla monolitica della compagnia, “La Criatura”, che dopo un avvio cadenzato svela un’inattesa vena paesaggistico/descrittiva che si spinge a lambire lidi delicatamente atmosferici. Altre strutture double face contraddistinguono sia “Está en tu Cabeza”, solcata da onde space/drone prima di farci avventurare in zone della galassia dove esplosioni di energia sono l’anticamera per la nascita di nuovi mondi, sia “Redención”, in cui il muro granitico eretto dalla sezione ritmica María V. Riaño/Dom Santoro si trasforma progressivamente in una sorta di navata sotto cui si celebra un rito quasi liturgicamente declinato. La gran chiusura effettiva dell’album, prima dei rintocchi della breve e minimalista “La Herencia”, è affidata a “Maldición”, ennesimo saggio di bravura della band nella gestione del pathos, portato qui alla sua massima espressione grazie al potenziamento degli apporti melodici del comparto strumentale magnificamente bilanciati da un cantato che diventa progressivamente più acuminato e spigoloso fino al gran finale, segnato dai tratti dell’ineluttabilità di un orizzonte degli eventi verso cui tutti tendiamo… drammaticamente.
Un debutto sontuoso, uno sfoggio impressionante di potenzialità e di mezzi messi in campo per assecondarle, un approccio alla materia post e doom che unisce magicamente devozione per i classici e contributi personali, Cuerpos en Sombra è un album che non ha bisogno di alcun occhio di riguardo o anche solo semplice incoraggiamento dovuto al suo essere pur sempre un’opera prima. Gli Ikarie hanno messo a segno un grandissimo colpo, meritano assolutamente che gli venga riservato un posto in evidenza, sugli scaffali di questo 2021.
(Avantgarde Music, 2021)
1. Barro
2. Remedio
3. Cenizas
4. La Criatura
5. Despertar
6. Está en tu Cabeza
7. Redención
8. En el Río
9. Maldición
10. La Herencia