Lunabardo dei padovani Il Fulcro è uno di quei progetti che è tristemente rimasto fuori dai consueti canali di informazione musicale e, anche se in ritardo, merita il dovuto approfondimento per i cultori della scena psichedelica. Il quartetto veneto (ora in versione momentanea a trio) nascono nel 2016 e si dedicano fin da subito a jam session di gruppo ed in generale all’improvvisazione strumentale senza avvalersi di voci. Piano piano il gruppo consolida il proprio sound e si esibisce dal vivo soprattutto in occasioni importanti come l’apertura per i giapponesi Acid Mothers Temple all’Argo 16 di Marghera dove dimostrarono tutto il loro valore. Chi scrive li ha visti sia in quartetto che in una situazione a tre (dove il mood era molto più all’osso in un’ottica ai limiti della fusion) e personalmente ritiene che lo stile del gruppo funzioni molto meglio in quattro grazie all’ausilio di più strumenti sul palco.
Questo debutto mescola al suo interno molte influenze risultando quasi progressive rock (anzi sarebbe meglio parlare del krautrock di scuola tedesca) per la moltitudine di elementi presenti. “Fulcrum” e “La Mandorla” aprono e chiudono rispettivamente l’album quasi come fosse un cerchio sfruttando il didgeridoo per dare un’aurea arcana e spirituale per poi darci dentro a suon di finezze tecniche di batteria/basso (messe molto in mostra) mentre la chitarra funge più da accompagnamento oltre che occuparsi del lavoro melodico tranne quando viaggia in spazi psichedelici. La musica muta spesso diventando rocciosa o esplosiva a seconda delle situazioni ma il termine giusto è forse quello di enigmatica dato il suo essere sempre storta, acida e folle allo stesso tempo. Le tracce nel mezzo non sono da meno e sono ricchissime di dettagli e atmosfere. “Pepe Verde” offre una melodia più rilassata della sei corde su un tappeto di synth per poi esplodere in un turbinio di effetti e distorsione trascinando tutta la band nella follia totale mentre a far da eco c’è la quadrata “Pane Elfico” con il suo beat ritmico incessante ed una chitarra liquida che viaggia nello spazio profondo fino all’epico crescendo ricco di melodie piene di pathos. Se ancora non bastasse arriva la pazzia di “Marcia Grottesca” che offre alcuni richiami all’Alice Cooper di Billion Dollar Babies in versione drogata e delirante per poi virare verso le bizzarrie di Frank Zappa incrociato con i Pink Floyd di Live At Pompeii della schizzata “New York” con quel micidiale siparietto finale di piano, violino e urla. La tecnica è davvero notevole e si sente quando il gruppo ci abbia lavorato su e la composizione non è da meno dato che ci sono parecchie idee interessanti che evitano la scopiazzatura forzata (si ascoltino anche le due sfiziose bonus track “Circuiti Interrotti” e “Reaper From The Future”) e cercano di creare una propria identità. Non ci si spaventi poi dalla notevole mole di materiale perché i brani non sono mai lunghissimi o tirati troppo per le lunghe ma condensano nel giro di poco tutto ciò che è necessario per appassionare l’ascoltatore.
Una piccola gemma nascosta che merita attenzione e supporto da tutti quelli che amano la musica in ogni sua forma. Una band giovanissima e di belle speranze per il futuro!!
(Autoproduzione, 2019)
1. Fulcrum
2. Pepe Verde
3. New York
4. Marcia Grottesca
5. Pane Elfico
6. La Mandorla
7. Circuiti Interrotti
8. Reaper From The Future (ft. Andrea Davì)