Gli Inferno sono dei veri e propri veterani del black metal ceco, avendo alle spalle 25 fruttosi anni di carriera in cui hanno calcato le scene del genere spingendosi sempre e comunque “oltre”. In questo quarto di secolo infatti, gli Inferno hanno saputo mettere su tela con maligna maestria i nostri peggiori incubi, dandogli un taglio densamente esoterico, caustico e surreale, senza perdere un grammo di ispirazione. Dopo ben quattro anni dall’entusiasmante Gnosis Kardias (Of Transcension and Involution), la band ceca torna sulle scene con Paradeigma (Phosphenes of Aphotic Eternity), vera e propria opera in sei capitoli in cui ci accompagna fino all’ultimo scalino di un’ipotetica discesa in un mondo maledetto. Concettualmente Paradeigma (Phosphenes of Aphotic Eternity) prende spunto da un ampio ventaglio letterario, in cui a detta della band spiccano per importanza “The Cosmos as Self-Creation” di Michal Ajvaz, “La nascita del Tempo” di Lee Smolin e il “Libro Rosso” di Carl Jung.
Il minutaggio del disco non è eccessivo (non arriva ai 40 minuti) ma sono proprio la sua compattezza, insieme all’indubbia solennità, che ne costituiscono la cifra stilistica. I toni maestosi prendono già piede in maniera spinta con l’introduzione “Decaying Virtualities Yearn for Asymptopia”, per poi esplodere completamente con la seguente “The Wailing Horizon”: il muro creato da chitarre e batterie è possente e granitico, e crea un substrato acido perfetto per la voce, che assomiglia più che altro ad un lontano ed echeggiante lamento di divinità sommerse, piuttosto che un cantato tradizionale. Questa veste (nerissima, ovviamente) conferita alla voce di Adramelech è il vero valore aggiunto di questo lavoro, riuscendo a creare un’atmosfera decisamente malsana e che sembra provenire da un altro mondo. In “Descent into Hell of the Future” sono proprio le linee vocali e le chitarre che si mescolano insieme, creando un vortice di vento e oscurità pronto ad avvolgerci, in una danza scandita dal batterista Sheafraidh. Gli echi lontani e marziali di “Phosphenes” ci introducono alla possente “Ekstasis of the Continuum”, nella quale regnano le suddette ritmiche intricatissime e i tappeti/inserti elettronici che ricordano i migliori lavori di Blut Aus Nord. Anche la conclusiva “Stars Within and Stars Without Projected into the Matrix of Time” non sfigura affatto nello scenario creato da Paradeigma, creando un ulteriore maelstrom di chitarre e sintetizzatori, usanti sapientemente a creare un gioiellino di symphonic black metal.
Paradeigma (Phosphenes of Aphotic Eternity) è un nuovo passo avanti per la band, che non finiscono mai di stupire con le loro sperimentazioni. Il disco in questione risulta molto fruibile e diretto, sebbene il muro proposto dagli Inferno abbia una non-forma, eterea, opaca ed enigmatica. Le interpretazioni all’opera possono essere molteplici, e probabilmente ciascuna di esse è solo un segmento del dipinto finale che il gruppo ceco cercava di offrirci. In buona sostanza questo Paradeigma può essere fissato tranquillamente, almeno per il momento, nella classifica dei migliori dischi black di questo 2021, mentre la Debemur Morti Productions si conferma una delle etichette più floride di questo periodo storico.
(Debemur Morti Productions, 2021)
1. Decaying Virtualities Yearn for Asymptopia
2. The Wailing Horizon
3. Descent into Hell of the Future
4. Phosphenes
5. Ekstasis of the Continuum
6. Stars Within and Stars Without Projected into the Matrix of Time