Se seguite la scena è inevitabile che abbiate incrociato, prima o poi, gli Zolle, o quantomeno le altre band in cui militano i loro membri, ovvero Morkobot e Viscera///. E’ infatti dal 2013 che il power duo lombardo formato da Marcello (chitarra) e Stefano (batteria) macina dischi e concerti con passo bovino, arrivando oggi al quarto album Macello, uscito ad aprile per Subsound Records. Ve ne parliamo qui, e più giù ne discutiamo anche con la band, in un semiserio scambio di battute.
Sguaiato, (auto)ironico, imprevedibile e del tutto personale è il lard rock degli Zolle, ovvero una sintesi di stoner, sludge, noise, math, heavy rock e tanti altri spunti, (quasi) interamente strumentale e completamente fuori di capoccia. Inutile cercare riferimenti esterni, perché i due sembrano rifarsi semplicemente a sé stessi e alla propria inventiva strabordante: Macello, come del resto gli ottimi album che lo precedono, è una cornucopia di riff vorticosi, catchy e ritmici supportati da una batteria in granito. Il loro incontro genera brani brevi, semplici, diretti, tutti incentrati sull’elaborazione di temi, come se si trattasse di una jam che risulta a un tempo istintiva e ragionata.
Il duo zampetta qua e là di situazione in situazione con semplicità impressionante, aprendo con il mood strambo e allucinato di “S’offre”, che per la prima volta nella storia della band si arricchisce di una linea vocale – sui generis ovviamente, effettata e processata, resa un ulteriore strumento da maltrattare come meglio viene. Le voci torneranno in “M’accetta”, stavolta robotiche e marziane, ma allo stesso modo stralunate. Citiamo anche le divertenti scorribande di “D’io” e “M’io”, il macigno “L’ara”, l’assurda “L’affetto” il cui motivo giocoso si aggiudica la medaglia di miglior riff del disco, e la conclusiva “L’aura”, che nei suoi quattro minuti e mezzo è il brano più lungo dell’album, con il suo finale aperto e introverso, un unicum.
Sarebbe un crimine non menzionare un lavoro ai suoni che lascia a bocca aperta, ma è inutile descriverlo ulteriormente perché potete ascoltarlo da voi. Sappiate però che l’album è stato realizzato in analogico, su nastro, con pochissimi overdub, con l’obiettivo (raggiunto) di rendere la registrazione più vicina possibile al momento live, e che le mani che lo hanno lavorato sono quelle di due teste di serie come Giulio Ragno Favero (rec, mix) e Giovanni Versari (mastering).
E c’è pure da dire che, grazie a una grande capacità di sintesi e controllo dei propri mezzi, Macello non soffre di alcun momento di stanca, e anzi si lascia ascoltare riascoltare a più riprese senza mancare alcun colpo. Insomma, gli Zolle riescono ancora una volta a dar vita a musica di livello, con smalto, serissima, e il bello è che lo fanno senza la minima intenzione di prendersi sul serio.
(Subsound Records, Hypershape Records, 2020)
1. S’offre
2. D’io
3. M’io
4. M’accetta
5. L’ara
6. L’ama
7. L’affetto
8. D’annata
9. L’aura
8.0
Ciao ragazzi, benvenuti su Grind On The Road. Partiamo immediatamente dalla fine, ovvero il vostro nuovo album Macello. Nelle note di descrizione spiegate, a un pubblico straniero, la polisemia del termine in italiano “macello”: in che modo i due significati coesistono nel contenuto sonoro?
Marcello: Grazie a questa domanda ho imparato cosa significa “polisemia”, grazie!
Stefano: L’importante è che almeno uno su due capisca… cominciamo bene, dai!
In Macello usate per la prima volta le vostre voci, in maniera del tutto destrutturata e atipica. Perché avete deciso di usarle in questo modo, e come mai proprio oggi, al quarto album?
S: Ti spiego la genesi della novità vocale, sul quarto album. Mancano circa tre settimane all’ingresso in studio. Siamo in saletta. Ore 22.30 circa. Vedo lacrimucce scendere sul volto di Marcio. A metronomo peraltro, perché lui è preciso anche quando piange! Gli chiedo come mai. Lui, singhiozzando e sbuffando: “Perché voglio cantare, voglio cantare”. Così gli passo il fazzoletto, lo invito a soffiarsi il nasino e gli prometto che Macello avrà voci. Anche un testo, quello del brano “S’offre”, per stare a tema. Se quel pianto fosse avvenuto qualche mese prima probabilmente avremmo esteso l’esperimento. Poi considera anche il fatto che nessuno di noi due è Freddie Mercury o Harry Armstrong.
Ah, tra l’altro cantiamo in coro su Macello, si sente? 😀
L’album è stato pubblicato in pienissima pandemia. Come mai avete deciso di non posticipare l’uscita? Cosa ha significato per voi presentare e promuovere un disco in questo contesto?
Z: Dispiace per i concerti. Stavamo concependo lo spettacolo di Macello, quando abbiamo dovuto metter tutto tra parentesi. Oramai eravamo in ballo, Subsound Records compresa. Tra l’altro non abbiamo mai venduto tanti dischi on line come in questo periodo! Ora vedremo gli sviluppi. Senza live, ci stiamo dedicando all’erede di Macello…
L’artwork è un baccanale cartoonesco, una sorta di Castello errante di Howl alla Zolle maniera – e non è la prima volta che una vostra copertina si distingue per esplosione cromatica. Vi va di svelarci due dettagli su come l’avete scelto e quali simboli nasconde?
Restando sul comparto grafico: il vinile di Macello è stato stampato in una bellissima edizione splatter a tre colori, mentre la versione tape uscirà a settembre per Hypershape Records, contenente delle illustrazioni originali realizzate a mano e uniche per ogni copia. In che modo si lega questo all’immagine degli Zolle? Avete un focus, un’idea generale che volete trasmettere?
Z: Solo un breve accenno sul significato dai, visto che graficamente hanno fatto tutto Marcio e Eeviac (come su Infesta e Porkestra). Macello significa confusione e la copertina può evocare questa sensazione, mostrando molti dettagli. In realtà, la confusione esistenziale nasconde la semplicità della compresenza di due elementi contraddittori: morte e vita, perdere e trovare… Siamo nel paradosso e nella capacità di abitarlo. Un bel Macello insomma. L’uscita in cassetta (era dal ’97 che non facevamo uscire una cassetta, dal primissimo demo dei klown, Ste e io, prima suonavamo nei temibili klown!) si lega graficamente all’artwork del vinile perché ogni cassetta sarà unica e conterrà un disegno fatto a mano di Berlikete (che poi è Marcello) rappresentante ognuno dei mille particolari della copertina di Macello, che Macello!
Abbiamo menzionato Hypershape, ma la release dell’album è stata curata da Subsound Records. Come vi siete trovati con queste etichette, e cosa vi ha spinto a sceglierle?
Marcello: Come Zolle collaboriamo con Subsound Records da Infesta, il nostro album precedente, ma ci conoscevamo già da prima, dai tempi dei MoRkObOt (con cui abbiamo fatto uscire due dischi molto particolari: uno split con i Vanessa Van Basten e un disco a otto mani con il temibile Eraldo Bernocchi). Ci siamo sempre trovati bene, ed è stata una delle prime etichette a cui ci siamo proposti. Poi non vediamo l’ora che Davide ci porti di nuovo a mangiare la porchetta di Ariccia.
Mentre con Hypershape la collaborazione è nata nel modo più all’italiana possibile. Michelone è un nostro amicone (lui ed io suoniamo insieme negli spietati Viscera///) e appena gli abbiamo fatto sentire Macello in anteprima si è subito proposto, nonostante suoni molto “allegro”. Ora ci tocca pagargli da bere però.
Poi, tieni presente che al giorno d’oggi solo i Metallica e gli Ufomammut possono scegliere tra decine di etichette per far uscire un disco. Ahahahah!
Domanda per gear nerd: la botta sonora, ora come in passato, è impressionante. Potete rivelarci qualche dettaglio sulla strumentazione utilizzata e sulle registrazioni?
Z: Su Macello abbiamo suonato insieme, sembra decisamente più live rispetto ai nostri dischi precedenti. Registrare con Giulio (Ragno Favero) in uno studio come il Sotto il Mare (a Madonna dell’Uva Secca!) ha fatto proprio la differenza. La batteria è la CQuadro in rame di Ste. Per l’amplificazione della chitarra nulla di digitale, una combinazione di quattro amplificatori (se non abbiamo perso il conto), la pasta del suono viene cotta da un preamp a transistor della Diezel, che poi è il pedale per chitarra più grosso del mondo (si, le dimensioni).
A tal proposito, per mix e mastering vi siete rivolti a due nomi di primissima caratura nel “rock” italiano, ovvero Giulio Ragno Favero e Giovanni Versari. Come siete arrivati a questa scelta, e com’è stato collaborare con loro?
Z: Conoscevamo Giulio per via di tutte le sue peripezie sonore davanti e dietro al mixer e, a dir la verità, dietro il mixer non lo batte nessuno. Ha due orecchie enormi (no, non le dimensioni), registra alla “vecchia maniera” e, date le sue doti, ha dato al disco un tocco grandioso. Stesso discorso per quanto riguarda il misterioso Giovanni, il master è una cosa un po’ strana e misteriosa (appunto), ma le cose che abbiamo sentito masterizzate da lui suonano effettivamente di più e meglio. Giulio ha suggerito di fare il master con lui, lavorano bene insieme, bravi! 😀
La nostra recensione di Macello si chiude con una considerazione: fate musica serissima, ma non vi prendete sul serio. Quanto conta per voi questo approccio giocoso e autoironico, e come avete pensato di farlo vostro?
Z: Mah, non è una cosa decisa a tavolino, e nemmeno a tavola, ci viene così e basta. Ci fa piacere che qualcuno se ne accorga. In fin dei conti noi stiamo giocando, di certo non ci metteremmo mai a fare la morale a qualcuno sui problemi del mondo. Zolle nasce nel 2013 come entità, considera però che suoniamo insieme da 25 anni. Il tempo ha consolidato le nostre identità individuali e la nostra identità di duo, in modo naturale. Quello che vien percepito fuori crediamo sia la conseguenza di questo processo. Ecco, siamo un vino genuino, non di quelli standardizzati.
Marcello è impegnato anche in Morkobot e Viscera///. Che legame vige tra queste realtà così diverse, con modi espressivi molto distanti?
Z: Tieni presente che, parere personale, esprimersi in un solo modo è noioso e limitante. Ricollegandosi alla risposta di prima, ci divertiamo a giocare con la musica, si possono fare un sacco di cose, non soltanto i soliti giri di accordi sentiti e strasentiti. Poi considera anche il fatto che da queste parti, le persone a cui piace suonare in un certo modo si contano sulla mano di ET, siamo stati costretti a suonare insieme! Ahahah!
Domanda ormai standard per tutte le interviste svolte in questo periodaccio. Se da un lato sembra che da qualche parte si stia tornando a suonare live, dall’altro sul suolo italiano molti locali storici si trovano costretti a chiudere. Insomma, voi come la vedete? Siete più o meno ottimisti?
Z: Come al solito guardiamo soprattutto nel nostro orto (anzi, in quello di Ste, ahahah). Non facendo venti concerti a settimana, per noi la situazione live non è degenerata eccessivamente, anche se, a dir la verità, le esibizioni ci mancano (e tutto quello che ci gira intorno). Ci spiace un sacco anche per molti locali che hanno dovuto chiudere anche i mesi di lavoro dietro al tour (ormai fantasma?!?) di Macello. Comunque sia, non vediamo un futuro rosa maiale per i live. Se i locali chiudono, ci sarà meno possibilità per tutti. L’unica cosa è sperare che molti gruppi si sciolgano, così, noi che rimarremo (corna e peperoncino) avremo più spazio. Scioglietevi! 😀
Ecco vedi, torniamo al significato di Macello per certi versi: “morte” artistica di altri per ricevere vita noi! Battute a parte, stiamo a vedere gli sviluppi strada facendo. Agricoltori stanno a meteo, come musicanti e locali stanno a Covid-19.
L’intervista è finita, concludete segnalando cosa ronza fra i vostri ascolti di recente.
M: Sto apprezzando un sacco il silenzio, il suono dei merli, le civette e le cicale, giuro!
S: Anche io il silenzio. Poi gli AC/DC, perché mi scattano in automatico appena salgo in auto… Diavolerie tecnologiche! Eheheh… Oh! Non è uno scherzo! Considera che sono un pigro con la tecnologia, anche un po’ invalido… Me li sto ritrovando da dopo il lockdown, a meno che non scelga di stoppare Spotify. Beh! Mi trasmettono una bella energia! Poi in questa fase di vita sono attratto dall’essenza, mi pare che loro la rappresentino egregiamente. Ah! Ho scoperto anche i Police! Mi piacciono! Quelli li ascolto in casa.