Giunti con The Direction Of Last Things al traguardo del quinto album in dieci anni di attività, gli Intronaut si presentano come una delle realtà più interessanti dell’intero panorama post. Sono diretti allievi di quel prestigioso corpo docenti che comprende Neurosis, Isis e Mastodon: certamente con un’attitudine da primi della classe in quanto a capacità tecniche, nondimeno fantasiosi nella rielaborazione di quanto appreso. Ciò contribuisce a rendere la loro proposta difficilmente etichettabile, in quanto la struttura-tipo del brano degli Intronaut è un continuo ondeggiare fra distorsioni sludge, sensibilità prog, contorni atmosferici, a tratti post-rock. Commistione efficace, riuscita, ma dalla quale la band non riesce ad districarsi, come intrappolata nelle sue stesse maglie.
Già con “Fast Worms” (primo singolo e tra i migliori brani del lotto) i quattro di Los Angeles mettono in chiaro che l’impostazione dell’intero lavoro non sconvolgerà le formule a cui siamo stati abituati: tempi dispari, riff pestati, feeling psichedelico e tanto tecnicismo. Il brano presenta per sommi capi la stessa struttura-tipo di cui sopra, con un lungo interludio jazz/fusion giocato su incastri fra basso e batteria capaci di spezzare la tensione fortemente heavy d’apertura e chiusura. Questo è il modo in cui gli Intronaut intendono il prog, decisamente lontano dai funamboli e dai velocisti dello strumento. Tuttavia The Direction… non è un album che scorre facilmente, poiché di tanto in tanto la band perde il filo del discorso e sembra incastrarsi in soluzioni fini a sé stesse; in più i brani tendono ad uniformarsi, e dunque ripetersi, in una composizione fin troppo coerente, dai tratti logorroici. Si dice, ed è quasi una frase fatta, che l’abilità del bravo musicista stia nel far sembrare elementare qualcosa di molto complesso; al contrario i Nostri sembrano volersi compiacere delle loro capacità straordinarie sbandierandole continuamente in faccia all’ascoltatore. Questa vulgar display rende The Direction… ben distante dalla punta di diamante della discografia della band, quell’album immenso che fu Valley Of Smoke (2010), in cui l’equilibrio fra la le parti era invece ponderato con maestria. Sebbene, dunque, il disco goda anche di ottimi episodi – si pensi a tracce come “Sul Ponticello” o “The Unlikely Ending Of A Water Landing” – essi si trovano sotto chili di note e strati di poliritmie; dissotterrarli richiede pazienza.
Tirando le somme, da una prossima uscita sarebbe lecito aspettarsi l’album della definitiva consacrazione, dopo aver meditato con due dischi (questo e il precedente Habitual Levitations) che appaiono come lavori di transizione, malgrado siano senza dubbio riusciti. In ogni caso bisogna sottolineare come un album così ben prodotto e così ben suonato sarebbe oro colato per moltissimi, e che gli Intronaut godono di una maturità artistica tale da aver raggiunto una propria dimensione ed un suono personale e riconoscibile: basta questo a porli su un piano più alto rispetto a tanti altri comprimari.
(Century Media, 2015)
1. Fast Worms
2. Digital Gerrymandering
3. The Pleasant Surprise
4. The Unlikely Event Of A Water Landing
5. Sul Ponticello
6. The Direction Of Last Things
7. City Hymnal