Le band provenienti dai Paesi Bassi ci hanno sempre abituato ad una certa “mobilità” quando si tratta di andare ad individuare il genere musicale di appartenenza. L’ecletticità è un loro valore aggiunto (o un loro difetto, secondo come la si vuole vedere), e Iskandr in questo senso non fa eccezione. Praticamente una one-man band dell’enigmatico O. (in questo caso coadiuvato dal batterista M. Koops), il Nostro si distacca notevolmente dalla matrice black metal che aveva animato i suoi precedenti lavori per buttarsi a capofitto con questo Spiritus Sylvestris nella darkwave (nelle sue diramazioni più disparate) e nel folk apocalittico. Già un primo ascolto delle sette tracce che compongono il lavoro ci può fornire qualche punto di riferimento: una grandeur mistica, antica e sacrale, sicuro lascito dei Dead Can Dance più ispirati (e perché no, anche di alcune cose dei Lycia), si unisce alle atmosfere algide e lapidarie dei Joy Division e dei The Cure periodo Faith – Seventeen Seconds – Pornography. Una marzialità à-la Death in June nelle ritmiche e nel timbro vocale di O. fa da collante ed insieme da spina dorsale a tutti i componimenti, con dei tempi che in linea di massima si mantengono sempre lento-medi, quasi da doom venato di psichedelia (merito questo anche del sapiente ricorso al Mellotron e all’organo Hammond).
Sebbene il valore complessivo di Spiritus Sylvestris sia assai buono ci sono alcuni punti d’ombra che non ce lo fanno apprezzare appieno e non lo fanno decollare come dovrebbe. Alcuni pezzi si trascinano un po’ stancamente per tutta la loro durata, non forniscono guizzi o picchi emozionali tali da destare l’ascoltatore da quel torpore (tipico del genere e tutto sommato piacevole) nel quale inesorabilmente cade. In generale l’album si lascia comunque ascoltare con interesse e i momenti migliori possiamo trovarli in “Knagend Zout”, “Hoor het Smeken” e “Nachtvorst”, ma diciamo che, appunto, vive più di istanti e di intuizioni che riescono a tirarlo su e a farlo apprezzare.
La darkwave di O. nelle sue vesti più minimali, classicheggianti, eteree o algide, risulta ben concepita ed ispirata, ma non costante nelle emozioni che, teoricamente, potrebbe regalare. Iskiandr ha delle notevoli potenzialità quando si muove nei bui territori che caratterizzano Spiritus Sylvestris, ma non è ancora riuscito a mettere pienamente a fuoco la sua proposta. Ciò non toglie che il disco risulti gradevole per chi, chiaramente, ama queste sonorità distanti e meste, ma c’è bisogno da parte sua di un piccolo sforzo in più per arrivare a qualcosa di davvero rimarchevole.
(Eisenwald, 2023)
1. Spiritus Sylvestris
2. Knagend Zout
3. Waterwolf
4. Hoor het Smeken
5. Hof der Valken
6. Interlude
7. Nachtvorst