Jens Pauly è al suo terzo album con l’inglese Whitelabrecs, dopo Vihne e Below usciti entrambi in CD, nel 2019 il primo e nel 2020 il secondo. Questo suo 1989 è il primo che pubblica con la eRecords, sottoetichetta digitale della label britannica. Si tratta della seconda uscita per questo progetto parallelo alla label maggiore, progetto che si pone come obiettivo quello di diffondere online la propria musica per colmare quel gap derivante dalla contemporaneità e dalla sua velocità di consumo dei contenuti. Mentre la Whitelabrecs continua nella sua opera di realizzazione di album in formato fisico, con la eRecords assistiamo al tentativo di creare un nuovo oggetto. Infatti, per rendere l’algido e intangibile formato digitale più appetibile e meno standardizzato, il tocco di personalità che è stato scelto risiede nel pdf allegato ad ogni uscita. Un file multimediale che permette di entrare in contatto sia con il mondo dell’artista che con quello dell’etichetta, reso ancor più accattivante dall’uso delle polaroid digitali scelte come sfondo per l’interattività.
È un vero peccato che 1989 sia stato selezionato per questa operazione. La delicatezza dell’ascolto, e il pathos che ne deriva, avrebbero meritato un diverso supporto, più adatto a valorizzare l’intimismo di un album che affascina con la sua ricerca. Il suo è un suono che va in direzione di un momento senza tempo, disconnesso dal quotidiano caotico e frenetico che siamo soliti farci scivolare addosso, ormai senza dolore alcuno. È un tentativo di riappropriarci della nostra dimensione intima più pura, che va a pescare nel sottobosco emotivo che si apre tra il desiderio e la visione. È musica per sognatori. Nostalgica, delicata e tristemente concreta. Un viaggio tra ambient, fields recording e elettroacustica.
Non a caso è stato registrato interamente grazie ad incisioni in tempo reale, direttamente su nastro, seguendo l’improvvisazione del momento, come un evento unico, a se stante, quasi irripetibile, reso possibile grazie all’interazione e alla sovrapposizione tra chitarre elettriche, acustiche, e tutta una serie di macchinari infernali come Digitone, Deerhorn, Lyra 8, Matriarch, OP-1, Theiss Modular e Perfourmer. In pratica, come tiene lui stesso a sottolineare, con tutto quello che avesse a portata di mano. Come chiusura di un momento storico della sua carriera in cui aveva scelto di limitare al minimo l’uso dei macchinari come scelta stilistica. E come apertura di una nuova fase in cui mostrare al mondo ciò che abbiamo dentro.
(Whitelabrecs, 2022)
1. 1989
2. Ohne
3. Slope
4. Vast