Secondo album per kariti dopo il debutto Covered Mirrors del 2020 su Aural Music. Dheghom, recentemente uscito per l’olandese Lay Bare Recordings, riprende e amplia le tematiche emerse sull’album precedente. La scelta di kariti, infatti, è quella, dopo aver omaggiato gli estinti e gli scomparsi, di spostare la sua attenzione su quello che è il nostro mondo interiore, e in particolare di rivolgere uno sguardo approfondito alla dannazione del vivere, intesa come insieme di tutte le angherie e di tutto il dolore che siamo costretti a subire. Cantato a metà tra il russo e l’inglese, l’album mostra sin da subito come le premesse emerse poco più di tre anni orsono, siano state pienamente mantenute, andando a collocarsi in quel ristretto novero di release che spazzano via i concetti di tempo e di luogo, dischi in grado di crearsi una nicchia propria in cui tutto si svolge secondo regole aliene.
Dheghom mette subito in chiaro come le armonie create da kariti non possano non avere riscontro e supporto da un decisivo e profondo spessore culturale, segno di grande intelligenza e di maturità artistica. A tratti minimale, ma non per questo scevro da elegante decadenza, l’album si rivela emotivamente intensissimo, a tratti sublime nel suo essere essenziale e diretto, ma al tempo stesso ammaliante, grazie ad una varietà di soluzioni che ne fanno una piccola grande gemma da gusta a ripetizione. Un disco carico di misticismo, che condensa una serie di immagini cercando di renderle concrete agli occhi dell’ascoltatore, trascinandolo in un territorio dove tutto quello che conosciamo perde di significato, e dove ci piace sottolineare il tentativo di sposare il dolore in ogni sua forma. Sostanzialmente abbiamo tra le mani un album mutevole nella sua varietà sonora, che riesce però a mantenere una sua indiscutibile identità, immediatamente riconoscibile.
Quando la tristezza viene sublimata in modo così elegante è davvero difficile non restare affascinati. Così come è altrettanto impossibile non perdersi nel feat di Dorthia Cottrell, duetto che ho amato sin dal primo istante, quando ancora non hai preso le misure al disco e stai ancora studiando i dettagli della copertina, mentre le prime note si diffondono nel vuoto della stanza riempiendo il silenzio, come un’oscura ninna nanna che illumina le tenebre e risuona come una litania, come una preghiera pagana che celebra arcani culti ormai dimenticati. Se davvero esiste un immaginario che fa capo a quello che chiamano gotico americano contemporaneo, un disco come Dheghom non può non esserne il manifesto. Spettrale e magnetico come pochi.
(Lay Bare Recordings, 2024)
1. As Within
2. A Mare Called Night
3. Сон (Son)
4. Vilomah feat. Dorthia Cottrell
5. Reckoning
6. Metastasis
7. Sanctuary
8. River of Red
9. Emerald Death
10. Toll
11. So Without