I Kayo Dot sono una di quelle realtà che servono nel mondo della musica, servono a far capire quanto il concetto di “genere” sia assai obsoleto. Una di quelle band come i Tool o i Primus che se chiedi che genere fanno l’unica risposta possibile sarebbe “beh, sono i Kayo Dot…”. Con l’ultimo Moss Grew on the Sword and Plowshares Alike non si sono smentiti. Di nuovo qualcosa di strano e splendido.
Non è facile descrivere un disco dei Kayo Dot, non lo è mai stato: ogni maledetto disco dei Kayo Dot è qualcosa di alieno, non a caso ho menzionato la loro inetichettabile natura. Ed è sempre incredibile come tutto quello che creano suoni così tanto armonioso e sinergico, probabile che conti molto il fatto che siano tutti polistrumentisti, per estensione capaci ognuno di entrare nella testa degli altri e decodificarne i pensieri. Amo questo cosa, perché è così che vengono fuori lavori di inestimabile valore artistico come questo. Non si può parlare di questo disco senza menzionare l’assoluta mancanza di canonicità della scrittura sia per quanto riguarda l’approccio che per un concetto di mera struttura; non che una struttura non ci sia, al contrario, ma è talmente stratificata da essere quasi insondabile a meno che non si passino ore e ore all’ascolto di questo diamante allo stesso tempo grezzo e finemente lavorato. Forse uno dei pochi episodi di struttura classicamente intesa si manifesta con il brano estremamente notturno “Void in Virgo (The Nature of Sacrifice)”; brano, tra l’altro, che se lo si ascolta ad occhi chiusi è impossibile non lasciare che palesi nella mente dell’ascoltatore sensibile un oblò di una navicella spaziale da cui è possibile scrutare il rapido avvenimento di fenomeni immensi che trascendono la bellezza e la trasformano in divinità e, meno importante, a un certo punto il canto si fa molto simile a quello di Burton C. Bell, poi ovvio che Toby Driver è tutt’altra pasta. Ogni suono in questo disco è indistinguibile e allo stesso tempo insostituibile. Il suono di un basso riverberato alla perfezione e capace di farti sentire la plettrata è letteralmente magico e quelle tastiere, quei sintetizzatori… combinano qualcosa di assolutamente fuori dalla normalità, creano dei piani sonori che sono fisicamente eterei. È un disco fantascientificamente romantico sotto certi aspetti e rude come una tempesta di asteroidi allo stesso tempo. Ma qui la musica non è solo cosmica, è anche e soprattutto spirituale e onirica; “The Necklace” per esempio, è una manifestazione da incubo da cui non ci si può svegliare e se succede ci si augura di aver dimenticato, perché è troppo, la mente non regge certe abominazioni. Potrei parlare per ore di questo disco, prendendo ogni suono e trasformarlo in immagini, ma penso che poi non sarei in grado di smettere. Moss Grew… è di più. Moss Grew… è una battaglia nel fosso di Helm, è una disfatta del Generale Vulneraria, è la scoperta che il dimenticato pianeta Terra è ormai un sasso ricoperto da una fitta atmosfera nociva e radioattiva. È…
…Non mi azzardo a dire quella parola apertamente, ma per come la vedo io personalmente, molto personalmente, nel profondo della mia mente e delle mie emozioni, questo disco è un vero e proprio capolavoro; un disco necessario che apre la mente e fa capire quanto servano musicisti come i Kayo Dot e la loro musica. Potrei dire che questo è un perfetto disco Doom Metal, Sludge, Ambient, Post Rock… Potrei dirlo sì, ma la verità è che è un disco perfetto e basta. Non me ne voglia chi mi legge e magari pensa che dovrei stare anche un pochino più basso, ma il mio cuore mi dice questo.
(Prophecy Productions, 2021)
1. The Knight Errant
2. Brethren of the Cross
3. Void in Virgo (The Nature of Sacrifice)
4. Spectrum of One Colour
5. Get Out of the Tower
6. The Necklace
7. Epipsychidion