I King Bastard sono dei giovani di belle speranze che hanno fondato il gruppo nel 2018 durante il periodo universitario. Il quartetto di New York decide quindi di dedicarsi a costruire un proprio sound prima con un paio di demo (“Have You Seen This Man?” ed il live “Live at the Haunted Barn”) e poi concentrarsi sul vero e proprio debutto, cioè questo It Came From The Void, avvalendosi, per l’occasione, della collaborazione di Colin Marston (Gorguts, Krallice). L’idea di base è quella di evolvere il canonico doom metal in qualcosa di speciale infarcendolo di piccoli dettagli utilizzando strumenti “meno abituali” come sassofono, strumenti ad arco, synth e altre piccole diavolerie, ma qualcosa deve essere andato storto, aprendo un pericoloso vortice da cui in molti non sono più riusciti a venirne fuori.
I riff pachidermici del chitarrista Mike Verni irrompono grassi e doomish nella cupissima opener “From Hell to Horizon” gonfiati a dismisura dai muri di distorsione del basso di Arthur Erb. Entrambi compongono la colonna portante su cui si dipanano le sonorità plumbee dell’album. Nella già citata traccia di apertura si tenta di dare un’impronta jazzata mettendola come intermezzo che pare però un caso isolato ma purtroppo sarà uno schema che la band ripeterà in molte occasioni fallendo nel cercare di amalgamare innovazione in maniera omogenea ottenendo il risultato che sia troppo distaccata – un peccato, perché il tocco elaborato di batteria di Matt Ryan aveva il suo perché. Ne sono prova il sax dello stoner/doom psichedelico di “Kelper-452b”, il wah wah acido/infernale nell’interessante, ma dispersivo, finale di “Black Hole Viscera” o le estreme incursioni nel metal più violento, ai limiti del black, di “Psychosis (in a Vacuum)” con tanto di screaming rabbioso e detonazioni sulfuree in odore di post-metal presentandosi però troppo lunga e prolissa. Le composizioni soffrono molto di mancanza di idee proprie limitandosi a riproporre i soliti cliché che possono intrattenere ma non per tempi lunghi e dispiace che le incursioni sperimentali del cantante/polistrumentista Isabel Guido siano chiuse in una piccola bolla senza una forza tale da dare vigore alle canzoni. Il moto ondoso del flusso sonoro è troppo scolastico (“Bury the Survivors_ Ashes to Ashes”) ed acerbo però ha del potenziale e lo dimostra la lunga e riuscita “Succumb to the Void” colma di denso fumo, violente esplosioni di rabbia, impennate imponenti di rumore e una lunga coda drone/noise che si protrae fino al monolitico finale. Tale brano dimostra che non serve chissà cosa per risultare interessanti, l’importante è sempre il “modo” con cui viene esposto un pensiero, non tanto il “cosa”. In definitiva il disco è apprezzabile ma è un esordio che deve essere un punto per iniziare a crescere altrimenti il futuro sarà ancora più arduo da intravedere.
Opera discreta, con molti margini di miglioramento che, si spera, vengano analizzati e portati ad un livello superiore. Per il momento ci si deve accontentare di un lavoro onesto ma nulla di più.
(Autoproduzione, 2022)
1. From Hell To Horizon
2. Kepler-452b
3. Psychosis (In A Vacuum)
4. Bury The Survivors/Ashes To Ashes
5. Black Hole Viscera
6. Succumb To The Void