Difficile riuscire a piazzare tre notevoli album uno dopo l’altro nel giro di circa due anni eppure questo trio chiamato King Buffalo c’è riuscito. Regenerator è l’ultimo capitolo della cosiddetta “trilogia pandemica” iniziata con il bellissimo The Burden of Restlessness seguito dall’ipnosi mistica di Acheron. La band americana decide quindi di mischiare le carte fondendo l’irruenza stoner rock alla componente più psichedelica/kraut/desert rock ed elevando le proprie sonorità ad un livello sempre più maturo e lontano da echi di colleghi più famosi o manie di grandezza.
Come di consueto si inizia con un brano lungo e lisergico ma comunque pregno di dinamiche appetitose: la title-track “Regenerator” si dipana fra tappeti di tastiere atmosferiche alla Vangelis ed una chitarra lasciata libera di viaggiare fra gli astri. A far da collante ci pensano una solidissima, ma elegante, sezione ritmica e le vocals sempre eteree come da tradizione. L’attenzione viene sempre mantenuta alta ed in un genere come l’heavy/psych non è una cosa facile. La tecnica si rivela essere sempre sopraffina senza però mai dimenticare la rocciosità e lo si evince dalle bordate imponenti contenute in “Mercury” o nei poderosi inserti di basso dell’impetuosa “Hours” (interessanti le spruzzate di elettronica). Proseguendo nell’ascolto ci si trova dinanzi a moltissimi elementi, spesso in un’unica traccia, che dimostrano una crescita sempre più sostanziale. “Mammoth”, a discapito del titolo, parte lenta e granitica ma si evolve continuamente in un turbine di groove e inserti blues fino ad arrivare ad una corale epicità che prepara il terreno per la successiva “Avalon”. Qui il pathos è palpabile grazie alle linee eroiche sognanti, ma anziché puntare unicamente sulla componente battagliera si predilige un approccio molto elaborato ed aristocratico ai limiti del progressive rock ed unendoci la consueta furia stoner. Chiude il lavoro un altro viaggio, stavolta nei meandri dello space rock, a nome “Firmament”, anch’esso colmo di dettagli e cambi di atmosfera che rendono l’ascolto sempre appagante e che invoglia ad immergersi nuovamente nell’album.
Nonostante una scelta di produzione troppo laccata e suoni fin troppo puliti i King Buffalo fanno di nuovo centro!
(Autoproduzione, 2022)
1. Regenerator
2. Mercury
3. Hours
4. Interlude
5. Mammoth
6. Avalon
7. Firmament