Kuan significa, rifacendoci all’I Ching, il Libro dei Mutamenti Cinese, testo divinatorio considerato da Confucio libro di saggezza, “contemplazione silenziosa”. L’esagramma rappresenta la capacità di osservare noi stessi e ciò che ci circonda, e di acquisire ed interpretare i segnali così ricevuti per comprendere i cambiamenti che ci riguardano. Essere in pratica attenti a tutto senza concentrarsi su una cosa specifica. Detto questo la recensione potrebbe già essere bella e pronta. È tutto qui, sia concettualmente che da un punto di vista sonoro. Ma noi andiamo oltre, mossi soprattutto dalla curiosità per un duo del tutto inedito alle nostre orecchie. Quello di Kuan è infatti un progetto relativamente giovane, ma che dimostra sin da subito grandi potenzialità. Il duo fiorentino, nato non più di 24 mesi fa, e composto da Lorenzo Squilloni e Lorenzo Vicari, entrambi alla chitarra, ha realizzato Pictures From An Electric Landscape in presa diretta, per catturare e cristallizzare l’attimo in cui i suoni hanno preso vita propria. Il loro è un album solo apparentemente rumorista che difatti non sfocia mai nell’eccesso, resta sempre e comunque di base una forte ricerca della melodia e del ritmo che possa mantenere alta l’attenzione sul pezzo.
Pictures From An Electric Landscape è un’opera prima, e come tale ha luce ed ombre, ma, per quello che si sente in giro oggi, chiudiamo volentieri un occhio sui difetti, certi che il futuro porterà loro in dote una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. Da un punto di vista strutturale il disco è diviso in tre parti, della durata media di 20 minuti circa per un computo totale che sfora l’ora di musica. Ognuna delle tre parti a sua volta prevede una ulteriore suddivisione in più momenti che si susseguono spostando il pathos e l’attenzione e dando corpo e spessore alle divagazioni sonore del duo. Momenti più delicati ed intimistici fanno da contrasto a saturazioni noise in loop. C’è un pò di tutto all’interno dell’album, dalla psichedelia al noise allo stoner al doom. Il tutto come detto nella sola veste chitarristica. Senza alcun tipo di percussioni o aggiustamenti. Solo e soltanto chitarra. Sarebbe troppo facile e riduttivo infine pensare che l’album si incastri in un momento storico come questo in cui tutti si sentono in dovere di farci sentire quanto il lockdown ci abbia condizionato, credo per questo che il loro percorso di crescita abbia sì risentito di questo mutamento epocale ma che i prodromi di Pictures From An Electric Landscape siano da ricercare antecedentemente all’arrivo del coronavirus.
Quello che mi piace del disco è la sua spontaneità, la voglia di lasciarsi andare e prendere quello che viene, senza doverci tornare sopra a ritoccare quei dettagli venuti meno bene, quelle imprecisioni che inevitabilmente hanno fatto capolino laddove nessuno poteva prevederlo. Ma è proprio questo loro essere trasparenti, questo mostrare anche il lato “meno nobile” senza vergognarsene, puntando solo al risultato finale, all’impatto generale che me li fa apprezzare maggiormente. Lo specificano loro stessi, da subito, come a voler precisare che non ci sarà nulla di artefatto, di costruito a posteriori “this is a live recording without overdubs and post-production”. Prendere o lasciare, non ci sono alternative. Personalmente mi piace cogliere nel terzo e conclusivo brano (“Birth of an Ocean”) i primi sentori di quello che potrebbe essere il prossimo loro lavoro. Un qualcosa che possa andare a solleticare più delicatamente il nostro intimo, lasciando da parte quel rumore che in tanti adorano. Per una sorta di contestualizzazione contemporanea di quel fervente filone sperimentale che negli anni settanta ha creato un qualcosa di quasi irripetibile. Ma questa è solo la mia idea, figlia forse più di una voglia personale che non della realtà delle cose. In ogni caso l’unica certezza che ho è che se e quando potremmo avere nuovamente la possibilità di andare ai concerti il loro potrebbe essere uno di quelli più interessanti proprio per la versatilità dei brani che si prestano ad ulteriori sperimentazioni in sede live, con la dilatazione dei tempi e la rivisitazione delle partiture incise su disco, come in una jam spaziale senza fine.
(Autoproduzione, 2021)
1. Reflection of Lightning 2. Snowblind 3. Birth of an Ocean