Ci è voluta tutta la pazienza del mondo da parte di due urbinati a raggiungere un posto come Arcidosso, un picco isolato nel pieno della natura della provincia Grossetana, un po’ per via dell’effettiva distanza e un po’ per via delle strade accidentate obbligatorie, ma alla fine si è raggiunta la ridente località.
Il piccolo ma promettente festival ci si apre dinnanzi in uno spazio non troppo grande, ma assolutamente perfetto per l’occasione. Il proverbiale camioncino dei panini ci attira immediatamente e dopo aver assunto le proteine necessarie e l’altrettanto necessario estratto di luppolo ed orzo ci si lancia a fare le chiacchiere con i Gotho (che per altro si son detti felici della recensione ricevuta da Grind On The Road), ma la cosa dura un attimo perché subito ci si lancia a vedere la prima band in scena.
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Hellephant foto di Anais Piccoli
Gli Hellephant rompono il ghiaccio alla stragrande. Forti di un bellissimo disco come Leviatano, hanno messo in piedi una parete di suono spessa e melodica e non c’era nessun dubbio che la loro proposta avrebbe funzionato perfettamente in sede live e proprio in quel posto. La conformazione della location ha favorito un ritorno di suono che ha effettivamente saturato l’area in cui stava il pubblico, facendoci rintronare, ma con il piacere di aver assistito a una dimostrazione di marcata durezza stoner e ipnotici fraseggi; ma se gli Hellephant si son dimostrati dei duri, i Cane Di Gøya hanno portato le atmosfere a una dimensione di paludoso inferno. La cosa affascinante è il fatto che l’inizio della loro performance non è stata scandita da un vero inizio, ci si è trovati dentro senza accorgercene ed è stato meraviglioso, quasi come addentrarsi o venir rapiti da un’entità demoniaca in un luogo di tormento ed esattamente come succedeva in Schiavi dell’Inferno, siamo noi a volerlo. Saranno stati alla fine del festival in toto la band di maggior impatto metallico. Il doom black emesso da questi ragazzi ci ha ricordato che il bello di questi eventi è la possibilità di trovare tutto quello che la buona musica può offrire. Siamo stati anche sorpresi del fatto che a un certo punto tra loro è emerso sul palco il buon Naresh direttamente dagli Hate & Merda, un momento catartico decisamente.
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Cane di Gøya, foto di Anais Piccoli
E la prima metà del fest è andata; è il momento di restare a bocca aperta di fronte a uno spettacolo di fuochi d’artificio sonori da parte del duo genovese. I Gotho, oltre ad aver praticamente attirato l’attenzione di tutti i presenti nessuno escluso, hanno messo su un circo allucinato fatto di tecnicismi che si sapeva avremmo sentito, ma non che ci saremmo divertiti a sentire. In quaranta minuti circa ci hanno lanciato addosso suoni cosmici e raffiche dai colori infiniti. Non hanno deluso il sottoscritto suonando un pezzo come “Gatta De Blanc”, venticinque minuti di totale follia sonora e conoscendoli è ovvio pensare che l’unica cosa che non hanno fatto è prendersi sul serio, quindi ficcar dentro riferimenti agli 883 è stato un attimo. Credo che la loro performance sia stata il vero orgasmo da parte di molti spettatori, compreso il sottoscritto.
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Gotho, foto di Anais Piccoli
Come ultima portata di questo menu croccante abbiamo avuto gli Splatterpink. Decisamente i più ostici del bill. La loro proposta a due bassi, suonati con una asprezza inaudibile, ma con notevole perizia tecnica e un drumming che definire ipercinetico sarebbe poco ha spiazzato soprattutto me, in particolar modo per l’approccio abrasivo dell’esecuzione dei brani che per la maggiore sono stati quelli di The Best Of Italian Music, Vol 5. Jazzcore insomma, lanciato addosso e in bocca a noi spettatori senza pietà e senza pudore. Un ottimo modo di terminare la serata.
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Splatterpink, foto di Anais Piccoli
In generale la serata musicalmente è stata puramente soddisfacente, tanta bella musica e situazione vivibile. E per quel che vale sono siamo stati sinceramente e positivamente sconvolti da alcuni bambini che si godevano del sano rock ‘n’ roll. Per quanto riguarda la partecipazione a livello di pubblico ci sarebbe da discuterne. Anzi no, non discutiamone, basterebbe semplicemente che ci andiate signori.