Derozer @Alcatraz, Milano, Gennaio 2025
Quando ci sono gruppi che rimangono punti fermi di un certo genere musicale per interi decenni, un motivo deve esserci e non può che passare anche da un’intensa attività live. I Derozer, in questo senso, sono in giro da più di 35 anni e, alla luce dell’appuntamento di gennaio a Milano, si può confermare che non hanno perso un briciolo della grinta che li ha sempre contraddistinti. Il pubblico, va detto, non è complessivamente dei più giovani, ma è davvero emozionante vedere quei “vecchi punk” di cui i Nostri cantano, nascosti sotto le mentite spoglie di distinti signori in camicia sportiva a scacchi e signore col giubbottino di jeans, abbandonarsi a canzoni che hanno sicuramente lasciato un segno indelebile nella loro (prima) giovinezza. Di giovani (non solo di spirito) comunque ce ne sono parecchi e si concentrano principalmente nel nutrito pogo centrale, cantando a squarciagola tutti i fantastici pezzi di una davvero lunga scaletta, che va dal “Mondo Perfetto” dell’apertura fino alle conclusive “Cielo Nero”, “Mururoa” e “Alla Nostra Età”, passando per “La Nuvola”, “Vecchio Punk” e “Tu Lo Sai”, solo per citarne alcune. Ovviamente chiude un concerto carico di emozioni genuine – oltre che di bellissime parole di Seby nei rari momenti di quiete – l’immancabile “Branca Day”, vero manifesto della band. A seguire, dato che l’Alcatraz propone la serata disco dal titolo “90 all’ora party”, dei “vecchi punk” si sono già perse le tracce.
Il Teatro Degli Orrori @Alcatraz, Milano, Marzo 2025
Devo essere onesto, quando Il Teatro Degli Orrori ha annunciato il tour 2025 dopo tanti (troppi) anni di assenza, mi è scesa una lacrimuccia. In questo interminabile limbo ho comunque avuto la fortuna di assistere alla performance di Pierpaolo Capovilla che recita Majakovskij e ad un’esibizione del progetto Cattivi Maestri, ma il Teatro ha sempre avuto un posto d’onore nel mio cuore e l’assenza stava diventando quasi logorante. Eccoci quindi con entusiasmo (e un po’ di groppo in gola) all’Alcatraz per la data conclusiva di questo Mai Dire Mai Tour, che ha toccato buona parte della penisola con un fantastico riscontro di pubblico. Non c’è apertura, e spetta direttamente a Capovilla e compagni aprire le danze. Non che a loro dispiaccia, data l’energia con la quale arrivano sul palco tra gli applausi di un Alcatraz più gremito che mai. Il concerto è trascinante e vede i tanti successi tratti dagli stupendi album che compongono la discografia del gruppo intervallarsi con un Capovilla che dialoga con sé stesso e con il pubblico. Siamo tutti colpevoli di non fare abbastanza, di arrenderci alla comodità dell’indifferenza, al sicuro nelle nostre vite che, seppur costellate di difficoltà, appaiono dorate in confronto a chi soffre davvero. Questo ci dice Capovilla, ma non è un “j’accuse” fine a sé stesso o, ancora peggio, un’invettiva atta a glorificare chi la pronuncia. E’ un ragionare insieme, un ricordarsi che si può fare la differenza anche solamente con un pensiero rivolto un po’ più in là. Tornando al live, questo è teatrale per le modalità espositive di Capovilla, che canta, grida, recita, padroneggia tempi scenici e silenzi duri come macigni e affilati come lame (angosciante e monumentale è, in questo senso, l’attesa dell’esplosione vocale sul “tuono” di “Majakovskij”). La scenografia e le luci sono minimali eppure azzeccatissime: ogni brano viene accompagnato da un unico colore tematico che richiama la canzone (passiamo dai bianchi accecanti ai rossi più accesi e infernali, passando attraverso quasi tutta la tavolozza dei colori), lasciando al gruppo sul palco il ruolo di unico vero catalizzatore dell’attenzione. Dopo più di 2 ore (2 ore, ribadiamolo) di un live emotivamente intenso e toccante Pierpaolo lascia il palco a basso e chitarra per il giusto e doveroso tributo da parte del pubblico. Chiude il live, e con esso il tour, un Francesco Valente che, in piedi sulla batteria, si prende anch’esso gli interminabili applausi dei presenti. Un ritorno con i fiocchi.
Quale destino per n’Oi! Fest #3 @CSA Baraonda, Milano, Marzo 2025
Fine marzo e, come da 3 anni a questa parte, immancabile appuntamento con l’Oi! del Quale destino per n’Oi! Fest, anche in questo caso nella sempre accogliente cornice del CSA Baraonda di Segrate, appena fuori Milano. L’organizzazione, oltre che al Baraonda, è in mano alla Sixty-Nine Brigade, alla SHARP Milano e a Punkadeka, che confezionano un evento acclamato da subito come una delle date di riferimento della stagione. Davanti ad un pubblico foltissimo nonostante l’orario quasi tardo-pomeridiano, aprono le danze i Grandine dell’Ingiuria, nuovissima band milanese che, devo ammettere, non avevo ancora intercettato nel mio peregrinare tra portali punk/hardcore/Oi!. In un contesto diverso avrei probabilmente detto che non è semplice aprire ad un concerto del genere, ma in un ambiente in cui ben prima della mezzanotte è finito il Campari (e non certo per la penuria di bottiglie) si capisce bene come lo scaldare l’atmosfera sia una pura formalità. Missione in ogni caso portata a casa con assoluta tranquillità, dunque complimenti ai Grandine dell’Ingiuria, che si sono sicuramente guadagnati più di un nuovo fan. Il testimone passa adesso ai The Billows, nuova realtà di Torino facente parte della squadra Motorcity con all’attivo il bellissimo album Gattineri, suonato nella sua totalità. E’ la terza volta in meno di un anno che ho l’opportunità di vedere i The Billows (di cui una a casa loro, all’ombra della Mole) ed è incredibile riscontrare la crescita di pubblico che hanno avuto. Ospite d’onore Walter dei Menagramo, che accompagna i torinesi nella “Malessere Hooligans” che lo vede ospite anche su disco. Bellissimo il momento in cui il basso scende tra il pubblico e, nel delirio, conclude il concerto sulle note della title-track dell’album. E’ poi il turno degli Ostile, che giocano decisamente in casa. La presenza scenica di Dalila è trascinante, così come l’attitudine street punk dei quattro, che condividono la chitarra con i Sempre Peggio. Vera e propria istituzione milanese, frantumano timpani e ossa di tutti i presenti. Tocca ora agli Spirito di Lupo, a loro modo outsider della serata in quanto autori di un post-punk a due voci (maschile e femminile). In assenza di qualche tassello, i lupi sono accompagnati da Tadzio dei Golpe alla chitarra e dal basso dei The Chisel, unici ospiti internazionali della serata. Nonostante la formazione non sia quella ufficiale, la prestazione è più che solida e, tra il pubblico, la voce principale dei The Chisel apprezza i brani e l’inedita compagine dalla prima fila. Arrivano poi sul palco gli Uguaglianza, che non hanno certo bisogno di presentazioni. Pablo è carico, si vede dai primissimi minuti, e il pubblico canta a squarciagola tutti i brani del gruppo, compresi quelli estratti dall’ultima uscita discografica, il bellissimo EP Sogni Persi. Non si contano i ragazzi e le ragazze che cavalcano la folla lanciandosi senza timore dal palco, così come non si contano gli applausi per una vera e propria istituzione della scena quando la palla viene passata ai milanesissimi Sempre Peggio. Mi è capitato tante volte – almeno 5 o 6 – di vedere i Sempre Peggio, ma questa volta ho avuto davvero la percezione di essere davanti a un gruppo che ha fatto il grande salto verso l’apprezzamento di un pubblico diffuso (va ricordato, in questo senso, che alla serata in questione è presente una nutrita contribuzione da quasi ogni regione del centro-nord Italia) e finalmente nutrito. Neanche il malore di un ragazzo tra il pubblico, che ha messo comunque in evidenza una bellissima reazione dei presenti, che hanno aperto subito un corridoio verso l’uscita per permettere una gestione ottimale della situazione, ha fermato i Sempre Peggio. Accertata la buona salute dell’avventore in difficoltà, il concerto prosegue infatti tra goliardia, invettive politiche e un grande senso di appartenenza alle proprie radici sociali e culturali. Da autoctono, posso solo essere orgoglioso dei miei concittadini. Penultimo proiettile della serata, direttamente da Londra arrivano sul palco i The Chisel. Non si sa come mai, ma quando qualcosa deve andare storto, lo farà necessariamente con gli ospiti internazionali. Tra il microfono principale che fa le bizze e le linee di basso quasi inesistenti, i londinesi tirano fuori comunque una prestazione di enorme livello, scatenando un pogo selvaggio e, forse inaspettatamente, scoprendo di avere più di un fan sfegatato tra il pubblico capace di accompagnare ogni sillaba di ogni pezzo. Concludono la serata nientemeno che i Nabat. Senza dilungarci su chi sono, cosa hanno fatto e perché chiunque abbia assistito a un concerto punk italiano nella vita abbia sentito almeno una volta quell’iconico “fate i Nabat”, parliamo solo della prestazione. Ebbene, sontuosa. Steno comanda la folla, la aizza lasciando ad essa il comando di tutti i cori, la abbraccia e si fa abbracciare da essa a più riprese. Che altro dire dei Nabat, se non che gli anni passano per tutti ma non per la loro musica? Probabilmente, senza di loro questo meraviglioso evento neanche esisterebbe. Dopo baci, abbracci, sudore e tanta, tantissima birra, finisce la terza edizione del Quale destino per n’Oi!, ormai un punto di riferimento imprescindibile della stagione concertistica milanese. Un grazie agli organizzatori e al Baraonda, con l’unica raccomandazione, per la prossima edizione, di riconsiderare al rialzo il calcolo pro-capite di Campari.