Anche quest’anno la bussola di Grind on the Road ci ha condotto ad uno degli eventi più importanti della stagione, oltre che uno dei principali punti di riferimento per tutti gli amanti del punk, dell’hardcore e dei generi ad essi legati che la penisola possa offrire. Stiamo parlando del Venezia Hardcore (di seguito, anche il “VEHC”), che arriva nel 2025 al traguardo delle dieci edizioni, anche stavolta nella cornice del CSA Rivolta di Marghera. Prima di addentrarci nel racconto di queste giornate di festa è doveroso premettere come il decimo anniversario del Venezia Hardcore sia dedicato al ricordo di Giacomo “Jack” Gobbato, 26enne originario di Mestre, attivista del Rivolta e amante delle sonorità che il VEHC porta avanti da sempre, che, nel settembre 2024, ha perso la vita nel tentativo di sventare una rapina. Ai bar del Rivolta ci sono le sue foto, sventolano alcune bandiere con il suo volto, ed è veramente toccante vedere come gli amici di Giacomo – o anche semplicemente chi prova ammirazione per un ragazzo che ha avuto il coraggio di non voltarsi dall’altra parte – passando si fermino un attimo di più a guardarle, a dedicare un pensiero, qualcuno anche a toccarle velocemente. Chi scrive è cresciuto con l’idea di una musica – l’hardcore – come sublimazione dell’idea di rispetto, amicizia, fratellanza nell’essere i “diversi”, nello stare insieme nella goliardia. In sintesi, nell’idea dell’unione di anime affini, che l’hardcore porta avanti più di qualsiasi altro genere. Vedere come il ricordo di un ragazzo scomparso sia motore per qualcosa che si espande in questa direzione sulle note di chitarre distorte e di risate tra amici è qualcosa di speciale.
Venerdì 16 maggio 2025
Superata la doverosa introduzione, il VEHC si apre con una giornata intensa e vissuta tutta d’un fiato, tra le interviste che ogni anno riusciamo a realizzare ad alcune delle band coinvolte e i concerti di questi gruppi, tra scoperte e certezze. Quale miglior apertura alle danze se non un po’ di hardcore roccioso e dritto in faccia? Gli Oltrezona scaldano subito l’atmosfera, e il pubblico risponde presente, movimentato e carico fin dai primi minuti. D’altronde, da una band con la loro esperienza non ci si può aspettare altro, e il frutto di più di venticinque anni passati a suonare in giro è il biglietto da visita ideale per quest’edizione del fest. I riff granitici fanno entrare a capofitto nell’atmosfera dell’evento, e nemmeno il tempo di assimilarli che arriva una delle tipiche, e apprezzatissime, sorprese che il VEHC sa offrire. I Chevalier sono giovani, ma di attitudine ne hanno da vendere, come si è visto chiaramente in un Nite Park che con la sua atmosfera più scura e intima, a modo suo, ha fatto da cornice ideale per un live dalla furia incontrollabile. Arrivati in questa sede senza conoscerli, non avendoli ancora intercettati dal vivo e considerando che del loro materiale in studio deve ancora uscire, l’emoviolence sferzante da loro proposto ci ha lasciato a bocca aperta. Realtà da tenere assolutamente sott’occhio. Tempo di seguire i primi due pezzi dei Complain, giovane promessa della scena metalcore locale, che non nasconde degli spunti intriganti col suo stile dinamico, e inizia la spola con le interviste, che ha reso il resto della serata molto frammentato per quanto concerne i concerti visti. Questo ha portato a dei rimpianti, su tutte aver mancato lo show dell’eclettico progetto giapponese VMO (Violent Magic Orchestra), ma anche i Joliette, tra le realtà interessanti del panorama centro-sud americano con uno screamo variegato e roccioso, di cui abbiamo intercettato solo uno scampolo di concerto. Almeno recuperiamo, anche se dal fondo, gran parte dell’esibizione degli Hate&Merda, formazione ormai di culto. Il duo ha imbastito il proprio tipico live pieno di intensità, asfissiante, grezzo e sfacciato. Fa male, sempre, un loro concerto, ma è quel dolore che serve, che risveglia l’anima, magari non con gentilezza, ma parlandoci in maniera sincera. Dopo questo paio di ore un po’ frammentato, arriva finalmente uno dei nomi principali dell’intero festival, i La Quiete, di cui riusciamo a seguire il live dall’inizio alla fine, godendoci una setlist che ruota principalmente attorno al loro capolavoro La Fine Non è La Fine. La formazione romagnola dimostra che non è a caso uno dei riferimenti principali per la scena screamo italiana e non solo. Un pezzo di storia autentico e travolgente è andato in scena sull’Open Stage del festival veneto, nient’altro da dire. Chiude la serata l’accattivante e a tratti goliardica performance di Arottenbit, che oltre alla sua proposta già interessante e che sta aiutando a far scoprire una nicchia quale il chiptune, dona una chicca non da poco: una versione a stile tutto suo di “Raining Blood”, a cui partecipa anche Naresh degli Hate & Merda.
Sabato 17 maggio 2025
Dopo l’abbuffata serale, ci troviamo nuovamente sotto al palco il giorno successivo sin dal primo pomeriggio. Per scaldarci scegliamo lo show dei Norman Bates, formazione che ci accoglie con un hardcore senza fronzoli, ricco di rallentamenti e breakdown che fomentano il mosh di buona parte dei presenti. Dalle gradinate laterali ci godiamo una mezz’ora di spettacolo quasi pirotecnico comandato da un vocalist che, con passamontagna nero sul volto, arringa la folla, la incita, la guida nel ballo autodistruttivo per eccellenza. Appena finito lo spettacolo, corriamo a prendere posto nel Nite Park, il palco secondario, per goderci l’inizio dei Put Purana. A piedi scalzi, lanciandosi a più riprese sul pubblico, Sandrino è il miglior direttore d’orchestra immaginabile. Come in ogni concerto screamo che si rispetti, il microfono è più nelle mani del pubblico che in quelle del frontman, a cui brillano gli occhi nel vedere quanto il pubblico sia partecipe all’esibizione. Un gruppo che avevamo già elogiato in occasione del recente Can I Scream Fest, ma al quale rinnoviamo i nostri complimenti per come riesca a coinvolgere un pubblico sempre più appassionato. Terminati i Put Purana, ci godiamo un po’ di pura sfacciataggine e sana ignoranza con i Bowie, mentre il pubblico risponde a suon di two step. La realtà friulana mostra i frutti dei primi anni di carriera in cui si è già fatta conoscere sia in studio che dal vivo col suo metallic hardcore, condividendo il palco con nomi di tutto rispetto, e quale miglior occasione per mostrare i frutti di questi primi anni di carriera se non il VE HC? Tra l’altro, si fa apprezzare anche la comparsa di Jei Doublerice, cantante dei Despite Exile. Subito dopo, torniamo immediatamente al Nite Park, per goderci dalle primissime file il concerto dei The Billows, band che abbiamo seguito a più riprese nel corso dell’anno e che, finalmente, arriva su un palco prestigioso come quello del VEHC. I torinesi regalano come sempre uno show intenso che, dati i tempi ristretti, non riesce a coprire tutta la pur breve discografia, ma riesce a pieni voti a coinvolgere il pubblico, che si abbandona in un pogo che sfocia quasi in un ballo di gruppo. In un momento particolarmente intenso il basso scende dal palco e si infila in un groviglio di mani e corpi festanti. Il vero punk è questo: uno scambio di emozioni, un dare e avere tra pubblico e musicisti. Breve pausa al merchandise, ai banchetti distro e al cospetto del contest skate, che inizia ora a raccogliere più di un appassionato, e siamo di nuovo sotto il palco per l’esibizione dei Respire. Il collettivo canadese ha un pregio su tutti: la coesione tra tutti gli elementi che ne fanno parte, sia musicalmente che umanamente. I richiami stilistici sono diversi, una sorta di “post tutto” che non annoia mai, integrando anche strumenti come violino e tromba, e ben si contestualizza anche in un festival del genere. Anche il pubblico apprezza, passando da momenti iniziali in cui si percepisce una certa sorpresa, banalmente per la formazione inusuale ma anche, e soprattutto, per l’impatto che hanno i Nostri, per poi far crescere gradualmente il coinvolgimento e il movimento. Inizia a farsi tardo pomeriggio e la scaletta che ci siamo costruiti ci porta ora al cospetto dei Confine e del loro “punk hardcore dalle paludi venete intriso di umidità e nichilismo”. Ebbene, giocare in casa è senza dubbio un grande aiuto, ma immaginare un coinvolgimento così elevato da parte dei presenti era comunque difficile. Un muro umano che si erge fin quasi al bar, posto al lato opposto della sala rispetto al palco, rende difficile avvicinarsi ad una delle band più amate della giornata. Davanti è un tripudio di musica e di palloni gonfiabili voltanti, che rendono ancora più spassoso lo show di una band che sa perfettamente cosa vuol dire suonare dal vivo. Di nuovo una corsa verso l’Open Stage e siamo ora sulle gradinate a gustarci il grande spettacolo offerto dai Klasse Kriminale. La storia non ha bisogno di presentazioni e parla da sé, esprimendosi sulle note di grandi classici quali “La ragazza dalla t-shirt”, “Oi! Fatti una risata” o “Uniti si vince”. Come per i Nabat recentemente apparsi su questi canali, anche per i Klasse Kriminale gli anni passano solo sulla carta d’identità, ma il suono, la grinta, l’attitudine che portano sul palco rimane da anni immutata. Un gruppo che, il VEHC lo conferma, non smette di insegnare come fare il punk, punto fermo della scena tutta. La prossima band che scegliamo di seguire sono i Discomostro, usciti quest’anno con l’ottimo Oh No!, dal quale viene tratto ben più di un pezzo, sempre sapientemente accompagnato dalle taglienti introduzioni di Carlame. Siamo alla sinistra del palco e vedere il trasporto con cui viene interpretato un brano significativo come “Persona”, cantato da larga parte dei presenti, riempie il cuore di emozione. Avendo avuto modo di vedere l’evoluzione dei Discomostro, sia in studio che in sede live, pensiamo sia davvero arrivato il punto di maturazione di una band che è ormai parte del patrimonio delle eccellenze nostrane. È ormai tarda sera – o notte, chi lo sa – e sul main stage salgono i Rifle, una delle band più attese della giornata. Ebbene, l’attesa viene ripagata con uno show lungo, intenso, seguitissimo da un Open Stage gremito fino all’orlo. Un tripudio di esseri umani volanti, che spiccano il volo da sopra e sotto il palco (tra cui noi, ebbri non solo di musica), si materializza davanti agli occhiali da sole di Max, Líder Máx(imo) della formazione londinese. È proprio lui il personaggio indiscusso della serata, con mocassini, calzini rossiben in vista e tanta, tantissima voglia di far assaggiare al VEHC un prodotto discretamente unico, che abbina le sonorità tipiche del punk inglese anni ’70 alle classiche sfuriate hardcore della grande scuola americana. Uno show da ricordare. Ultimo proiettile della serata, e così anche dell’edizione numero dieci del VEHC, è rappresentato dai Jivebomb, formazione hardcore di Baltimora che presenta in laguna il primo full-length dal titolo Ethereal. Non suonano tantissimo, ma quello che viene proposto è un live tritaossa (nel vero senso della parola), che delizia gli amanti del mosh più estremo e chi ama mostrare trionfalmente i lividi il giorno successivo. Kat Madeira e compagni convogliano in una mezz’oretta di live un’adrenalina unica, che si nutre delle ultime energie rimaste agli avventori del VEHC.
Spossati, sfiniti, fiaccati da ore di condivisione di passione per una musica capace più di tante altre di unire e far muovere all’unisono anime e cuori di centinaia di persone, concludiamo la nostra esperienza al Venezia Hardcore 2025 portando il ricordo di un’esperienza totalizzante e di vera condivisione di passione e amore per il punk e per il sentimento di affinità che questo sa creare. Un grazie sentito a Trivel, al Rivolta, alle band che ci hanno concesso qualche minuto per una chiacchierata. Lunga vita al Venezia Hardcore.
Edoardo Manfrini e Jacopo Silvestri