Dopo un’attesa di sei lunghissimi anni ecco nuovamente i Loia con il loro carico di hardcore old school adrenalinico e senza compromessi. Sei anni in cui più di una volta ci siamo chiesti che fine avessero fatto dopo l’ottimo “Nodo alla gola”, album di esordio che li presentò come una delle realtà più interessanti nel contesto italiano legato a quel background sociopolitico che da sempre caratterizza un certo tipo di musica. Da allora è cambiato quasi tutto. Il trio, dopo aver perso la batterista, si è allargato a quartetto, ampliando decisamente il proprio sound, senza però snaturare quella matrice tipicamente italiana con cui siamo cresciuti, e che vede in nomi storici come Wretched, Raw Power, Impact, giusto per citare i primi che ci vengono in mente, i capisaldi a cui fare riferimento. Siamo negli anni d’oro del punk hardcore italiano, nella seconda metà degli anni ottanta, quando il mondo intero veniva a lezione di musica da noi. Il nuovo assetto a quattro mostra immediatamente di essere molto più funzionale rispetto al trio originario per quello che vuole essere l’imprinting sonoro dei Loia. C’è una maggiore padronanza a livello tecnico immediatamente percettibile soprattutto a livello della sezione ritmica, ora molto più definita con l’ingresso del basso e di un batterista finalmente all’altezza della situazione. Ciò permette alla chitarra di Stefano (aka Coito Negato, autore anche delle grafiche) di potersi sbizzarrire nel riffing senza doversi preoccupare di altro, inserendo scelte sonore che ampliano il campo di azione e amplificano l’impatto dei brani. L’irruenza di un tempo è stata sostituita da una lucidità che fa ben sperare per il prossimo album, quello che dovrebbe sancire la maturazione completa del gruppo sotto ogni punto di vista.
Quello del quartetto fiorentino è un riuscitissimo processo di ricollocazione temporale e ricontestualizzazione di quello stesso grido disperato, che oggi come allora parte dalle periferie dell’impero capitalista coinvolgendo ogni realtà che si definisca antagonista. Concettualmente “Sotto la mia pelle” è l’inevitabile, e ideale seguito del discorso intrapreso con “Nodo alla gola”. Sono cambiati gli strumenti di lotta ma i nemici sono sempre gli stessi. La rabbia che i Loia hanno sottopelle cresce quotidianamente, nutrendosi dei drammi della quotidianità da cui non riusciamo ancora a emanciparci. Dalla schiavitù moderna del lavoro precario e male retribuito, all’ansia per l’incertezza di questo vivere privo di prospettive, passando per il rigetto dell’ingerenza della nostra amata Sacra Romana Chiesa. Il loro è un nichilismo tutt’altro che di facciata, che trasuda odio da ogni frase urlata nella tiratissima mezz’ora abbondante dell’album. Un disco decisamente e volutamente “politico” che ha scelto l’unica strada percorribile per dare forza al proprio incandescente grido di rivolta. Ci sono tutte le tematiche antagoniste di questi nostri anni, con particolare riferimento al recente drammatico biennio, caratterizzato da storture più antisociali che sanitarie. La stessa scelta della sola pubblicazione in cassetta viaggia in direzione di un distacco da tutto ciò che oggi rappresenta la musica, la sua facile fruibilità e il circo mediatico di cui si è dotata ad ogni livello. Un ritorno alle origini, per riscoprire quei valori dati per scontati e troppo frettolosamente dimenticati. La nostra è una società ormai al crepuscolo. Questo i Loia ce lo urlano nelle orecchie con ferocia, cercando di spingerci alla riflessione. Non cercano un nemico, perché sono perfettamente consapevoli che siamo noi il peggior nemico di noi stessi e della nostra intelligenza. E lo siamo da quando ci siamo lasciati sedurre dall’ipocrisia di un facile successo specchiandoci nella palude mentale della dipendenza da social network, vero cancro narcisistico del nostro contemporaneo.
Un album diretto e sincero, di cui c’era bisogno, non fosse altro che per sradicare tutte le recenti uscite che in tempo di pandemia non hanno portato nulla di buono. Ci sono una miriade di modi per sublimare la chiusura (mentale e non) di questi due anni. In molti hanno provato a raccontarci il loro inconscio in modo intimista, veleggiando su sonorità di ricerca. I Loia vanno nella direzione opposta, al rumore delle nostre notti insonni aggiungono altro rumore. Troppo facile ribellarsi davanti a un computer nella comodità di casa o ancor peggio cellulare alla mano mentre si fanno acquisti su Amazon. Troppo facile accodarsi alla protesta del momento, dimenticando tutto quello che non fa notizia ma che continua a mietere dolore, precarietà, emarginazione e morte. È anche contro questo che si scagliano i Loia con il loro recente “Sotto la mia pelle”. Un manifesto di denuncia a cui non si può restare indifferenti che non risparmia nulla e nessuno, che attacca in modo diretto la società consumistica che abbiamo contribuito a creare. La ripartenza di cui tutti parlano non ci sarà se non capiremo che dovrà per forza di cose essere figlia di una nuova rivisitazione delle priorità e della consapevolezza di aver fallito su tutti i fronti. I Loia hanno preso atto della loro maturazione e ci stanno invitando a fare lo stesso.
(Italian Extreme Underground, 2022)
1. Sotto la mia pelle
2. Loia of death
3. Nessun problema
4. Crepuscolo
5. Caccia all’ombra
6. Naufraghi
7. Famiglia
8. Nella mia testa
9. I chiodi della tradizione
10. Voci
11. Catrame II
12. Apnea
13. Streghe
8.0