Letteralmente Lung Knots si traduce con noduli polmonari, ovvero le macchie che appaiono sui polmoni durante un esame radiotomografico, dal decorso non necessariamente infausto, leggasi cancerogeno. Uno dei sintomi principali che l’organismo accusa in seguito alla loro comparsa è la dispnea, variabile a seconda dell’evoluzione del nodulo. La difficoltà respiratoria che chiude la gola determinando la “fame d’aria”, è anche la reazione più immediata che ho avuto nel momento in cui ho approcciato Golden Dirges, Molten Larynges, secondo album del progetto noise del finlandese Eeli Helin (Fawn Limb e Fargue), uscito in CD e cassetta grazie a Trepanation Recordings e Total Dissonance Worship, e in vinile 12″ tramite Tartarus Records.
Non ho mai amato particolarmente il noise, l’ho sempre trovato (e pensato in modo probabilmente superficiale) un po’ troppo fine a se stesso. Devo però in questo caso fare ammenda, ed ammettere che ci sono realtà come questa di Lung Knots, che mettono in crisi le mie convinzioni. Golden Dirges, Molten Larynges è qualcosa che va decisamente oltre gli stereotipi del genere. C’è forte e netta l’idea di creare qualcosa che pur andando in direzione contraria alla “forma canzone” standard non recida del tutto il legame con quest’ultima. Ma è ancora più forte l’ultraviolenza (sonora) di Burgessiana memoria, che annichilisce sin da subito ogni tentativo di lasciar andare il pensiero in un altrove che non è assolutamente contemplato. Un disco decisamente mutevole, che grazie ad un intelligente e variegato uso delle tecnologie oggi disponibili, riesce a mostrare una pluralità di sfaccettature (e di sfumature) che lo rendono sempre più interessante man mano che si procede nell’ascolto. Un disco umorale, che spiazza e conquista grazie anche e soprattutto al dolore che trasuda. Cacofonico ma mai confuso, Golden Dirges, Molten Larynges ha una sua precisa identità che sta a noi scovare in mezzo a così tanta angosciante assenza di luce.
Nelle note di presentazione si parla di Lung Knots come un progetto che cerca di incanalare l’odio verso gli esseri umani indirizzandolo verso una voragine (non solo uditiva) che possa raccogliere ogni moto di disprezzo per l’umanità. Non c’è dubbio alcuno che il risultato sia stato raggiunto. È un album che mi ha conquistato proprio per questo suo essere ai limiti della sanità mentale, per il suo carattere eccessivamente borderline, al limite della psicosi. Inquietante e opprimente ci tiene inchiodati alla croce impedendoci di interrompere l’ascolto. Fino a farci precipitare nella voragine di cui sopra, a contatto con quel buio che possa permetterci di aprire finalmente gli occhi e vedere le cose per quello che sono.