A distanza di tre anni da In Flickers tornano i Lycia di Mike Van Portfleet. Stabilmente consolidati in una formazione a quattro che comprende la veterana Tara VanFlower, John Fair e David Galas. Ancora una volta sotto l’egida di Avantgarde Music di Roberto Mammarella (Monumentum, Cultus Sanguine) che ha da non molto ristampato il loro debut album Ionia in una elegante versione in doppio 12″. Prosegue dunque il sodalizio con l’etichetta nostrana, che aggiunge al proprio catalogo, già ricchissimo, un’ulteriore gemma, forse meno “spendibile” per chi ama sonorità più ostili ed intransigenti, ma assolutamente in linea con quella che è la scelta stilistica/etica dell’etichetta, volta a premiare la qualità indipendentemente dal tipo di proposta sonora.
Inizialmente pensato come un 7″ che doveva ruotare intorno a “A Quiet Way to Go” (brano che poi è diventato l’apripista dell’EP) Casa Luna ha visto aumentare progressivamente il numero delle tracce fino ad arrivare alla sua versione definitiva. Sei tracce in cui le atmosfere gothwave del quartetto statunitense continuano a brillare nel buio delle emozioni interiori che riescono a tirare fuori in ognuno di noi. Sei tracce in cui il sound dei Lycia si fonde con sonorità (solo) apparentemente inconciliabili, dando vita ad una mezz’ora di sollievo e di distacco dalle storture del quotidiano. Sei tracce che seducono e conquistano sin da subito, ma che ad ogni successivo ascolto rivelano ulteriori spunti, sempre più nascosti e sempre più intriganti. Tra i brani che compongono l’EP, oltre ai quattro inediti che proseguono nella direzione intrapresa di recente dal quartetto, ne ritroviamo due del primissimo periodo della band, riarrangiati e riproposti in una veste che dona loro maggiore impatto e sostanza, dimostrando di essere in perfetta forma.
Casa Luna mantiene saldi ad un legame ideologico con il precedente album, attraverso i cardini su cui i quattro nel corso degli oltre trent’anni di attività hanno edificato stabilmente le proprie sonorità. Da momenti più strettamente dark wave a passaggi industriali ed elettronici, in un costante alternarsi tra scelte più graffianti e più sognanti. Possiamo dire tutto ma non che questo progetto non abbia una sua identità autonoma indipendente da ciò che il mainstream ordina e chiede, e che continui a dimostrarlo con grande personalità. È quindi proprio qui che si palesa l’unica sostanziale distanza con In Flickers, cioè nella ricerca sonora che si fa ancora più forte, più decisa, virando verso sperimentazioni ancor più inusuali ed inaspettate, ma sempre proiettate verso quell’introspezione che da sempre caratterizza gli album del quartetto, volta a ricercare gli abissi dell’anima. Sostanzialmente possiamo vederlo come un EP che racconta ancora una volta le tenebre che scuotono intimamente Van Portfleet andando a cercare quell’equilibrio che possa permettere di mantenerle inoffensive. Meno apocalittico e claustrofobico degli esordi ma non per questo meno incisivo, solido nelle sue consolidate certezze sonore, per alcuni forse datate, ma ancora fortemente attuali per chi come me ha voglia [e necessità] di perdersi in lidi onirici come quelli raccontati dai Lycia. È la malinconia che come sempre tira le fila delle giornate. È quel senso di abbandono figlio di una mancanza di certezze che il quotidiano ti rovescia addosso costantemente a farti scegliere dischi come questo per alienare queste sensazioni e provare a fare pace con quel passato che torna fortemente a chiedere il conto e che la stessa Tara VanFlower ha ritratto in copertina.
(Avantgarde Music, 2021) 1. Quiet Way To Go
2. Do You Bleed?
3. Except
4. On The Mezzanine
5. Galatea
6. Salt & Blood