Jayne Dent si avvale per la prima volta di una band vera e propria, e il risultato è innegabile. L’apporto di John Pope al contrabbasso/basso elettrico, Faye MacCalman al clarinetto e Ewan Mackenzie (Dextro/Pigs x7) alla batteria, è quanto di meglio potesse pensare nel momento in cui ha iniziato a scrivere questo suo ultimo lavoro. Una band dunque, e non più dei turnisti che l’accompagnino soltanto dal vivo. Questo il segreto che ha generato This Material Moment, e che ce lo presenta come uno degli album più interessanti di questa intollerabile stagione calda. Da un punto di vista sonoro siamo sempre nel campo del folk che si contamina con l’elettronica, ma questa volta la Dent fa un ulteriore passo in avanti, andando a sposare elementi più vicini all’ambient e alla musica improvvisata, il tutto senza lasciare lo scheletro del folk su cui ha eretto la propria creatura sonora.
This Material Moment è il suo quarto disco e arriva a distanza di due anni da RPG, il concept album sull’idea di vivere la vita come dentro un gioco di ruolo che tante soddisfazioni le ha dato, sia come critica che come vendite. La nuova release è quella che che più scende in profondità nella ricerca sperimentale della Dent, andando in cerca di quegli elementi che, se inizialmente possono far sembrare il tutto molto confuso, in realtà, ribaltando la prospettiva, ci mostrano tutto come limpidissimo. Cambia tutto in un attimo, e ci si rende immediatamente conto di avere tra le mani un disco di grande qualità. Perché il trucco, con questo disco, è proprio quello di avere il coraggio di guardare le cose da tutte le angolazioni possibili, cercando di astrarre il (proprio) pensiero.
This Material Moment è album che la stessa Dent ha infatti definito come il più personale tra quelli realizzati finora, quello che meglio esprime i suoi conflitti interiori, radicati intorno all’idea di non riuscire a trovare quella bellezza dell’arte che sta rincorrendo. Un album d’avanguardia, ma al tempo stesso legato alle tradizioni del proprio territorio, e che spiazza l’ascoltatore, in difficoltà nel tentativo di andare a cercare quei riferimenti a cui aggrapparsi, che qui mancano completamente, o meglio, sono talmente numerosi che è difficile capire l’entità del progetto di insieme che viaggia libero sulle ali del pensiero libero (e liberato) mai così distante dall’idea di linearità (dogmatica) del pensiero. Un album che alterna momenti diretti, ad altri di eccessiva introspezione che necessitano di un’attenzione maggiore, ma che non determinano un calo della tensione emotiva, anzi forse la sublimano ulteriormente, la innalzano ancor di più. Un album che riesce a esaltare l’astrattezza di cui è composto attraverso la materialità del pensiero che lo ha concepito, dove la realtà più tangibile è proprio quella più irreale, più vicina alla magia e che è nato come flusso di coscienza. Mezzo voto in meno per la copertina orribile.
(Upset The Rhythm, 2025)
1. Useful Analogies
2. Compromise!
3. Lasting, Not to Last
4. A Painting of the Wind
5. Still Life
6. A Souvenir
7. Ancient Summer
8. Take it on Board
9. A Small Hand, Clamped
10. An Affirmation
11. Vanishing Point
12. Have You Been Changing?