I Medico Peste vengono dalla Polonia e suonano black metal. Bastano pochissime coordinate per inquadrare la faccenda, perlomeno per il lettore più smaliziato. Ma fughiamo subito ogni dubbio: il combo di Cracovia non è uno dei tanti cugini di secondo grado dei Mgła ma, se proprio vogliamo, un fratello minore. Nati nel 2010, pubblicano il proprio debut album nel 2012 (lo stesso anno di With Hearts Towards None, per intenderci) e, elemento più importante, due membri suonano proprio con i Mgla come live session men.
Non l’ennesimo gruppo di incappucciati, quindi, ma una band che ha contribuito a creare quella che è l’ondata di black metal che va per la maggiore oggi, i Medico Peste tornano sul mercato ben otto anni dopo l’esordio con ב: The Black Bile, uscito a fine marzo per Season Of Mist, divisione Underground Activists.
Schizophrenic black metal, così leggiamo in cartella stampa. E, al netto di strambe classificazioni, è proprio vero che il contenuto di questo disco è una versione allucinata, schizoide e piuttosto inquietante dello stesso tipo di black che la band ha contribuito ad impostare. Se l’album d’esordio, un lavoro di grandissimo spessore, già denunciava una buona percentuale di instabilità pur mantenendo tutti i punti cardine del genere, questo The Black Bile raggiunge proprio un nuovo livello, con contenuti del tutto rivisitati. Del resto otto anni sono tanti, e pare che la band ne abbia spesi buona parte sotto effetto di stupefacenti.
Non si spiegherebbe altrimenti questo continuo alternarsi di ferocissime tirate, urla belluine e breakdown grandguignoleschi, spazi atmosferici lugubri ed episodi di inatteso dark cabaret. E tutto ciò solo nell’iniziale “God Knows Why”, figuratevi il resto. Il dato assurdo è che però tutto ciò funziona, funziona terribilmente bene, che ci sia da affondare la lama o da sbeffeggiarti impunemente. Le chitarre sono a modo loro melodiche, e non mancano diversi momenti catchy (il riff rockeggiante di “All Too Human”), il basso ha un suono molto definito e un ruolo importantissimo nel mantenere l’elemento stramboide anche quando il resto della band tira (“Skin”), la batteria è creativa nella composizione come nei suoni, un po’ vintage. Le voci seguono l’andamento del brano con massima espressività, sia quando vomitano che nei momenti più teatrali – entrambi riassunti nella tragica “Weere Saviours Believers?”. Brani come il suddetto o “Numinous Catastrophy”, con quell’intermezzo dall’andamento jazzy a dir poco inquietante che apre a una roba da strapparsi le viscere, o ancora l’epica conclusione “The Black Bile” sono piccole perle oscure di assoluta instabilità.
Insomma, questi polacchi sembrano esser usciti del tutto fuori di senno, ma con grandissima lucidità. E’ un paradosso e a noi i paradossi piacciono un sacco. Per questo motivo vi consigliamo di non lasciarvi scappare i Medico Peste e questo nuovo album, sicuro candidato al podio delle uscite estreme per il 2020. E specialmente in questo periodo, in cui di atrabile – la bile nera appunto, che nella medicina ippocratica indicava la malinconia e l’introflessione – pare non se ne possa fare a meno.
(Season Of Mist Underground Activists, 2020)
1. God Knows Why
2. All Too Human
3. Numinous Catastrophy
4. Weere Saviours Believers?
5. Skin
6. Holy Opium
7. The Black Bile