Dopo l’esperimento del 2020 con lo split TIERRA / MAREE tornano Xabier Iriondo e Franz Valente, questa volta alle prese con un album (omonimo) a quattro mani. Il progetto sublima una conoscenza pluriennale, personale e professionale che li vede insieme nei Buñuel, e che culmina, appunto, nel (loro) secondo disco. Stando alle note di copertina l’album va nella direzione che intende “demolire le barriere esistenti tra sludge/doom e l’avantgarde elettroacustica.” A nostro avviso c’è di più, molto di più. C’è la consapevolezza che possiedono coloro che vivono, approcciano e pensano la musica dandole del tu, indipendentemente dal genere.
Quello che abbiamo apprezzato maggiormente è il carattere altamente sperimentale di MENK’, interamente registrato in un’unica sessione nel marzo di quest’anno all’interno della chiesa armena di Villa Albrizzi nel trevigiano. Un album fortemente intriso di misticismo e di magia, che guarda a mondi lontanissimi, che non esploreremo mai, e che forse nemmeno esistono. Ideale per una catarsi interiore più che mai necessaria, che possa guardare ad un distacco dalla frenesia consumistica contemporanea, in favore di una riscoperta interiore reale, intangibile, ma profonda. La scelta dell’armeno va proprio in questa direzione, riscoprendo i silenzi e l’oscurità, come fonti a cui abbeverarsi.
MENK’ è un album che necessita delle giuste condizioni per essere apprezzato, va lasciato decantare e poi ripreso, magari più volte, successivamente. Forse troppo ricercato per essere capito davvero con un approccio che guarda alla velocità di immedesimazione tanto cara agli internauti contemporanei. Siamo senza dubbio alle prese con un disco validissimo che però rischia di passare inosservato proprio per il suo carico davvero pregno di significati, che lo rendono un’autentica mela marcia in un mondo che i contenuti vuole bypassarli in favore di una fruizione immediata e quanto più indolore e superficiale possibile. Un album che mette in discussione tutto quello che pensiamo di conoscere in ambito musicale e tutto quello di cui ci piace vantarci nelle inutili e deleterie discussioni sui social network. E che, anzi, va esattamente nella direzione opposta rispetto a tutto ciò, grazie soprattutto alla capacità del duo di trasformare i suoni rendendoli un qualcosa di magico e penetrante, permettendoci la disconnessione con la realtà, fino ad abbracciare uno stato quasi di trance medianico, esaltato ancor di più dalla scelta della location, che sposa la componente più spirituale del disco, collocandosi alla perfezione nei silenzi dilatati della chiesa armena.
(Overdrive Records, Wallace Records, Dischi Soviet, Dio Drone 2023)
1. VentoOrientale
2. Corpus
3. FuocoImmortale
4. OndeSonore
5. EsplosioniLuminose
6. SospesoInAria
7. SibiliRiflessi
8. Abisso