Nel folto e appassionato panorama musicale italiano, i Messa occupano un posto sempre di maggior rilievo. Infatti, oltre a cimentarsi in qualcosa che fanno in pochi in Italia, la band veneta riesce a farlo sempre dannatamente bene. La loro combinazione di doom, stoner, hard rock psichedelico e jazz ha incuriosito fin da subito e li ha portati, dopo l’esordio Belfry, al più completo e maturo Feast for Water. Sono passati quattro anni da allora, e la band è passata sotto le maestose ali della Svart Records, trovando probabilmente una casa accogliente e creativa. Il primo frutto di questo celestiale (o dovremmo dire, infernale) matrimonio è Close, che ci mostra un’altra brillante e graditissima evoluzione dei Messa. La band infatti appare più in forma che mai, affiatata e con una gran voglia di espandere il suo suono in tutte le direzioni: sfruttando strumentazione decisamente non convenzionale per una band “pesante”, l’acustica di una grotta e le capacità dei singoli che diventano collettivo, il quartetto padovano questa volta ci ha davvero stupito. Ma veniamo al disco.
Partiamo col dire che Close è un album che riserva moltissime sorprese al suo interno, che vi stupirà, e se vi divertirete a spostare la luce che lo illumina potrete trovare angoli e ombre sempre nuove. “Suspended” per esempio, è un pezzo molto cangiante, che dopo l’inizio in sordina ci regala un’atmosfera che potrebbe sembrare un perfetto meticcio tra Chelsea Wolfe e i Windhand. Si cambia decisamente registro con la successiva “Dark Horse”, in cui l’acceleratore viene premuto ma non in maniera avventata, bensì in modo ragionato e sinuoso. Il riff portante infatti è avvolgente come una tempesta di sabbia e, sfruttando le grandi potenzialità vocali di Sara (sempre più sciamana di questo incantesimo) e i continui cambi di tempo, ci rapisce totalmente. Fin qui possiamo dire che quello che abbiamo sentito è in pieno stile Messa, ma ecco che con “Orphalese” le carte in tavola cambiano ancora. Dando maggior enfasi a toni orientali e sfruttando il riferimento all’opera di Kahlil Gibran, la band si butta a capofitto nella grande tradizione psichedelica anni Settanta e ci regala un tassello corale, lisergico e in cui tutte le voci che animano lo spirito dei Messa vengono fuori a cantare in un coro fantastico. Il risultato è assolutamente perfetto. La perla successiva è “Rubedo”, che come dice la parola stessa è una canzone dai toni decisamente accesi e rubino (a metà quindi tra luce e oscurità), a rappresentare lo spirito dell’essere umano iniziato all’alchimia. “Pilgrim”, primo singolo del disco, è probabilmente la canzone meno inaspettata di Close, ma talvolta aspettarsi qualcosa non è sempre sintomo di mediocrità. Anzi. “Pilgrim” è una canzone potente, estremamente evocativa e viene arricchita da un riuscitissimo videoclip, in cui il protagonista assoluto è il nakh, ballo rituale algero-tunisino in cui il movimento ritmico della capigliatura porta le donne (soltanto loro possono eseguirlo) ad uno stato alterato di coscienza. “0=2” è il capitolo più lungo dell’album, e nel suo climax continua il percorso ipnotico solcato dalla band, coniugando molto bene ritmiche più doom, sonorità mediterranee e jazz dai toni decisamente acidi. Si potrebbe quasi dire che, più che ispirarsi ai Black Sabbath, i Messa adesso cercano una chiave più heavy alla musica dei seminali Dead Can Dance. Ne è un’ulteriore prova, il lento e delicato crescendo di “If You Want Her To Be Taken”, maestoso, carico di emotività e danzante: talmente tanto danzante che ci scaraventa, in modo molto inaspettato, alla brevissima “Leffotrak”, una delle poche spruzzate black metal di tutto Close, quasi a chiudere il cerchio. La conclusione è affidata a “Serving Him”, ottima prova collettiva da parte del quartetto e degna chiusura del sipario.
Mea culpa, devo confessare che non mi aspettavo un disco così profondo e ipnotico da parte dei Messa. Facevo parte infatti di quella schiera di persone convinte che con il precedente Feast for Water si fossero già superati, e che il loro stile non sarebbe mutato facilmente in qualcos’altro. Ma devo ammettere che grazie a Close hanno raggiunto un livello superiore. I Messa hanno saputo rivoltare il loro stile ancora e ancora, in qualche modo amalgamandolo ancora di più con le influenze jazz ed etniche, creando un suono in cui si sente sempre meno uno stile prevalente, a favore di un’esperienza unica e che ti avvolge del tutto. Questo coraggio e questa dedizione al lavoro rendono Close una delle uscite più belle di quest’anno, e in generale penso uno dei momenti più importanti nella carriera della compagine veneta. C’è sempre più bisogno di band come i Messa in Italia e di album del genere, che allargano gli orizzonti e penetrano a fondo, arrivando in profondità dove nascono il desiderio e la passione.
(Svart Records, 2022)
1. Suspended
2. Dark Horse
3. Orphalese
4. Rubedo
5. Hollow
6. Pilgrim
7. 0=2
8. If You Want Her To Be Taken
9. Leffotrak
10. Serving Him