Escludendo il più che discreto Little Lucid Moments (2008) o l’ultimo Behind the Sun (2014), gli ultimi lavori dei ragazzi di Trondheim risultano insufficienti, anacronistici e pericolosamente di mestiere, soprattutto se confrontati con quanto prodotto nel ben più glorioso passato, che rischia di diventare ormai molto lontano, costringendoci alla ricerca di quella freschezza, sincerità e originalità che hanno lasciato il segno nella storia dell’alt-rock anni 90 e nel cuore di molti. Spesso deludendoci enormemente, come nel confusionario e logorroico Heavy Metal Fruit (2010), nell’inutile Still Life with Eggplants (2013) o nel barocco e orrendo Unicorno (2012).
D’altro canto Here Be Monsters rappresenta l’episodio più riuscito nella discografia dei Motorpsycho degli ultimi otto anni, risultando il lavoro più maturo e a fuoco del “nuovo” corso dei Motorpsycho, i quali, senza inutili divagazioni e deliri da guitar hero tornano a coinvolgere come non avveniva da tempo immemore. Il lavoro era stato commissionato in origine per l’inaugurazione del museo della tecnologia di Trondheim. Here Be Monsters trasuda evidenti stilemi psichedelici di Floydiana memoria, in cui le atmosfere sono costruite non a casaccio, e le melodie tutte ispirate. Difatti, le tracce più lunghe non sono canzoni tirate troppo per le lunghe e colme di intermezzi fini a sé stessi, ma sono componimenti che crescono, evolvono e ipnotizzano. L’anima del disco è delineata come sempre dal basso dinamico e granitico di Bent Sæther il quale sembra dirigere gli altri componenti. Snah sembra tralasciare – quasi – le recenti manie di chitarristica logorrea per tornare all’essenzialità e a suonare più col cuore che con la tecnica. Anche il talento immenso di Kenneth Kapstad risulta pienamente integrato negli ingranaggi del trio fornendo un apporto di groove e tecnica invidiabile, seppur l’ingenuo feeling e gusto dello storico Gebhardt rimane ineguagliabile. Questa volta l’ospite d’onore è Thomas Henriksen, i cui synth spaziano tra momenti di aperture prog e vivide elucubrazioni al limite della fusion.
Partiamo quindi con il brano più riuscito del lotto, la conclusiva “Big Black Dog”, epica e monumentale cavalcata psichedelica. Il taurus di Sæther martella il tema principale del brano, rendendo l’intera composizione ossessiva e paranoica, mentre l’evoluzione degli accordi fa piombare l’ascoltatore da una bucolica realtà a un plumbeo purgatorio in poche battute. I paragoni con “The Wheel” si sprecano, anche se “Big Black Dog” è molto meno liquida, ma più simile a un pachiderma dissonante e evocativo. “Lacuna/Sunrise” rappresenta un altro momento di alta classe del disco, in cui la melodia vocale rimane impressa come non avveniva da tempo, mentre la canzone evolve in un turbine di crescendo e dinamismo che richiama ai migliori momenti di Trust Us, nonchè agli stilemi chiari e limpidi dei Pink Floyd o alle eteree atmosfere dei Grateful Dead. È inoltre presente nel lotto “Spin, Spin, Spin”, una cover di un brano folk degli HP Lovecraft riproposta in chiave pop-rock dal ritmo molto catchy e sixties, che richiama certe soluzioni di Let Them Eat Cake. Sulla stessa scia si muove la strumentale “Running With Scissors” comandata dai mellotron di Henriksen, i quali si intrecciano con delicatezza e sapienza con le melodie acustiche. L’unico momento sottotono è invece rappresentato da “I.M.S.”, brano collegato al passato recente dei Motorpsycho fatto di divagazioni space-hard rock che nulla aggiungono a quanto già dimostrato in precedenza. Segnaliamo anche l’esistenza della title-track che è possibile ascoltare nel vinile presente ai live del tour europeo di quest’anno (Here Be Monsters Vol.2, per l’appunto). Trattasi di un pezzo tutto sommato riuscito, molto atmosferico, toccante e colmo di richiami ai deliri seventies à la Tangerine Dream e di melodie mellotroniche dei King Crimson, che consigliamo di recuperare. Fosse stato presente al posto di “I.M.S.”, qua si starebbe notificando un ritorno col botto dei norvegesi. Here Be Monsters potrebbe non essere un ritorno di fiamma passeggero, visto che i Motorpsycho hanno dichiarato di aver iniziato con questo disco una nuova fase stilistica che noi speriamo essere ben lontana dalla precedente fatta di improvvisazioni senza capo nè coda e mestiere spassionato. Sperando di non dover sempre continuare a vivere nel passato, o cercare echi di quel che fu, non possiamo non constatare l’emozione di tornare ad essere coinvolti e inseguiti dai quei sinceri mostri che ci hanno cresciuto. Mostri che vorremmo volentieri associare non solo agli anni 90, ma anche a questo primo decennio del secondo millennio. Mostri che spuntano fuori solo quando i Motorpsycho dimostrano di essere i Motorpsycho.
(stick man records, 2016)
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HBM Vol.1
01. Sleepwalking
02. Lacuna/Sunrise
03. Running with Scissors
04. I.M.S.
05. Spin, Spin, Spin
06. Sleepwalking Again
07. Big Black Dog
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HBM Vol. 2
01. Here Be Monsters Pt.1
02. The Etching of the Seed-Atom
03. Here Be Monsters Pt.2