
Con il loro trentunesimo full record, i Motorpsycho segnano un nuovo, ennesimo, punto di svolta della loro carriera: una rinascita simboleggiata dal nome dato al disco, che, in quanto omonimo del gruppo, rappresenta una dichiarazione d’intenti. Infatti si ribadisce che i Motorpsycho sono ufficialmente ridotti ai due membri storici: Bent Sæther e Hans Magnus Ryan. Pur essendo un duo, l’album è arricchito da collaboratori importanti — tra cui i batteristi Ingvald Vassbø e Olaf Olsen, la violinista Mari Persen, la cantante Thea Grant e il chitarrista, collaboratore veterano, Reine Fiske. Musicalmente, Motorpsycho sembra una fusione tra il loro prog-psichedelico più epico e momenti più accessibili, ma, diversamente da alcuni episodi del recente passato, la freschezza e il gusto degli arrangiamenti torna a stupire piacevolmente, facendoci dimenticare del mezzo passo falso mostrato nel precedente Neigh!!. Il disco alterna brani brevi e immediati, come a voler recuperare e rifondare la forma canzone che tanto li ha fatti consacrare nel mondo musicale, a suite di 20 minuti, passaggi acustici intimi, improvvisazioni psichedeliche e momenti orchestrali. Il lavoro suona quindi davvero come una dissoluzione e una purificazione, una ricostituzione nella loro forma più fondamentale. Questo senso di libertà e rigenerazione è palpabile nella produzione: suoni organici, sperimentali, ma allo stesso tempo “terreni”, non smaccatamente e gratuitamente cerebrali.
L’album si apre con una delle tracce più maestose e coinvolgenti del lotto, “Lucifer, Bringer Of Light”. Il brano è un perfetto esempio della capacità dei Motorpsycho di miscelare il rock psichedelico e il prog con un’intensità emotiva palpabile. La composizione è dinamica, in continua evoluzione, passando da momenti più esplosivi a passaggi più calmi e riflessivi. Il riff iniziale è potente e cattura immediatamente l’attenzione, mentre la sezione ritmica sostiene il tutto con una solidità che non viene mai meno, al limite della robotica ossessione debitrice del kraut rock più riuscito. Sulle stesse coordinate si muove “Three Frightened Monkeys”, traccia che gioca con strutture ripetitive e un’atmosfera da jam session, ma dall’impatto travolgente e impreziosita da un atmosfera seventies in cui le melodie degli assoli di Snah e delle tastiere di Sæther si fondono perfettamente. “Balthazaar” è un altro degli epicentri dell’album, un brano epico che combina psichedelia e rock progressivo in una suite di oltre 10 minuti. La traccia esplora una gamma estremamente dinamica di emozioni e paesaggi musicali ben radicati in ritmiche serrate, marchio di fabbrica della versione più moderna dei Nostri. Queste caratteristiche culminano e raggiungono la piena maturità in “Neotzar (The Second Coming)”, un vero viaggio psichedelico che non si preoccupa di seguire linee melodiche tradizionali, ma che cattura costantemente l’attenzione e vera evoluzione dell’apprezzata psichedelia presente in un altro dei dischi più notevoli degli ultimi tempi, Here Be Monsters. A questi episodi più arzigogolati, i Motorpsycho abbinano altre composizioni apparentemente meno complicate e più dirette come “Core Memory Corrupt”, “Stanley (Tonight’s The Night)” o la bellissima “Dead Of Winter” che chiude l’intero lotto. Mentre le prime due si distinguono per groove penetranti e melodie azzeccate – strizzando l’occhiolino ai classici del periodo Blissard/Angels And Daemons At Play – in cui il basso di Bent Sæther ne è la consueta spina dorsale, l’ultima traccia si sviluppa a partire da una sezione sognante, altro marchio di fabbrica dei Motorpsycho di epoca Timothy’s Monster, verso un crescendo emotivo che lascia il segno, con una conclusione potente. La conturbante “The Comeback” invece si sviluppa attraverso un gioco di tensioni tra il passato psichedelico della band e un approccio più moderno, ma senza rinunciare alla complessità che contraddistingue i Nostri. La composizione ruota attorno a un groove denso e avvolgente, dove chitarra e basso giocano in perfetta simbiosi, reminiscente di alcune dinamiche prog anni Settanta di Yessiana memoria. A conclusione di questo viaggio menzioniamo anche “Laird Of Heimly” e “Bed Of Roses”, ballad semi-acustiche la cui evoluzione inquietante viene impreziosita da trovate oscure e malinconiche che sembrano una versione ammodernata di arrangiamenti già apprezzati nelle tracce più introspettive di uno dei loro capolavori, Demon Box. Persino un intermezzo come “Kip Satie” offre spunti di riflessione nonché un cambio di ritmo significativo. Qui i Motorpsycho esplorano una sonorità più minimalista, con un uso predominante del piano che ricorda le atmosfere di Erik Satie. La traccia è funzionale in quanto offre una pausa di quiete prima di entrare nel cuore più dinamico dell’album.
Possiamo affermare di trovarci a uno dei dischi dei Motorpsycho più riusciti degli ultimi dieci, se non venti, anni. Non ci sono tracce di riempimento: ogni pezzo ha una sua identità ma, come ogni doppio album, richiede tempo e attenzione dato che potrebbe risultare dispersivo per chi cerca un ascolto rapido e diretto. L’autentico rinnovamento proposto dal lotto rappresenta un vero reset artistico in cui val sicuramente la pena perdersi, che sa guardare al passato senza esserne prigioniero o che sa trarre fresca ispirazione senza risultare stucchevolmente reminiscenti di specifiche soluzioni. Per i neofiti, Motorpsycho è un ottimo punto di ingresso e uno degli album più fedeli alla loro unica identità: un manifesto dell’essenza del duo e funziona come un compendio della loro identità più completa, mostrando cosa rende i Nostri un’entità così peculiare nel panorama rock europeo. Bentornati!
(Det Nordenfjeldske Grammofonselskab, 2025)
1. Lucifer, Bringer Of Light
2. Laird Of Heimly
3. Stanley (Tonight’s The Night)
4. The Comeback
5. Kip Satie
6. Balthazaar
7. Bed Of Roses
8. Neotzar (The Second Coming)
9. Core Memory Corrupt
10. Three Frightened Monkeys
11. Dead Of Winter


