I Mountaineer vengono da Oakland e il qui presente Giving Up The Ghost è il quarto album per la band, che nel corso della sua storia ha subito alcuni cambi di line-up e aggiustamenti di genere, fino ad assestarsi all’attuale sestetto. La proposta dei Nostri è generalmente inseribile nel filone del post-metal, ma forti e ben presenti sono anche i rimandi ad un certo dark rock, allo shoegaze, fino a lambire territori ai limiti del progressive più melodico e orecchiabile.
Una proposta ricca di contaminazioni dunque, difficilmente spiegabile a parole ma che si autodefinisce con l’ascolto anche solo di “Blot Out the Sun”, secondo brano in scaletta dopo un’introduzione strumentale. In questo pezzo si attraversano senza particolari scossoni più momenti e atmosfere: un inizio teso nel quale la voce vagamente nasale e in pulito di Miguel Meza si accompagna ad un malinconico arpeggio di chitarra, poi sfocia in uno scream che, di pari passo con l’irrobustirsi del suono delle sei corde, innalza un muro sonoro di gran potenza, solenne decadente, a metà tra gli Isis e gli Hanging Garden. I toni si alleggeriscono dopo poco con un rientro in scena del clean al quale viene affidata una prima parte del ritornello, prima che, di nuovo, subentri il potente scream a completare la struttura del pezzo. Il tutto funziona egregiamente, i vari passaggi sono stati concepiti in maniera tale da confluire l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, naturalmente, in maniera tale che l’ascolto risulti semplice ed appagante. Con la successiva “Bed of Flowers” emerge tra i riferimenti della band anche lo shoegaze metallico (doomgaze?) e vagamente industriale di Jesu: le atmosfere grigie, pesanti, opprimenti, che si uniscono ad un cantato arioso sono tipiche di Broadrick, e sono qui ottimamente riproposte dai Mountaineer. Quando i Nostri aprono completamente alla melodia si hanno brani come il singolo “When the Soul Sleeps”, che nel suo approccio umbratile e altamente emotivo ricorda cose a metà tra l’emocore e il post-metal più malinconico (Rosetta o Red Apollo i primi nomi che ci sono venuti in mente). Il resto del disco si muove lungo le coordinate già descritte, alternando in maniera sapiente i vari ingredienti che caratterizzano il suono dei Nostri senza di fatto mai commettere passi falsi o particolari sbavature, per chiudersi poi con una traccia acustica ed atmosferica che fa l’effetto di quelle ultime gocce di pioggia che cadono alla fine di un temporale e che accompagnano i raggi del sole che escono nuovamente dalle nuvole. Un finale consolatorio, rassicurante e liberatorio, che però invoglia a premere nuovamente “play” e a reimmergersi di nuovo nell’ascolto: non è un caso infatti che questa canzone sia intitolata “Giving Up”, mentre la traccia posta in apertura, guidata dal medesimo riff portante, sia “The Ghost”.
Chi scrive non si è mai troppo affidato alle note che accompagnano i presskit rilasciati dalle etichette, preferendo un approccio più personale e privo di contaminazioni. Va però riconosciuto che quanto riportato nelle note che supportano il disco è quanto mai veritiero: “Giving Up The Ghost” is such an album, whose seven tracks you inevitably listen to in one piece and, at first, you don’t even realize how much you are drawn into the spell of the music”. I Mountaineer hanno creato un lavoro complesso e al tempo stesso semplice perché istintivo, emotivo, che arriva al cuore senza passare dal cervello. Un disco appagante questo Giving Up The Ghost, in grado di trascinare l’ascoltatore che vorrà affidarvisi in un viaggio turbolento ed emozionante: un album che saprà accontentare i palati più disparati, viste le tante influenze messe in gioco (e sintetizzate egregiamente, va ripetuto) dalla band.
(Lifeforce Records, 2022)
1. The Ghost
2. Blot Out the Sun
3. Bed of Flowers
4. Touch the Glass
5. When the Soul Sleeps
6. Twin Flame
7. Giving Up
8.0