Da un lato, la platea dei devoti a prescindere, sempre pronti ad entusiasmarsi acriticamente a qualsiasi stormir di foglie che arricchisca una discografia, dall’altro, i detrattori in servizio permanente, perennemente a caccia di indizi a sostegno di tesi che alimentino uno scetticismo innato o sopraggiunto, nel nome del classico “non mi hanno mai convinto/non sono più quelli di una volta”. In un mondo attraversato da una simile dicotomia, anche per i giganti assisi sui troni dei metal sottogeneri ogni nuova uscita rischia di scatenare scie di polemiche e prese di posizioni quasi ideologiche, con il rischio di perdere di vista il contenuto artistico che si sprigiona dai solchi.
Con questa premessa, invitando tutti i naviganti a tenersi parimenti lontani da cieche venerazioni o preconcetti per partito preso, risulterà probabilmente più semplice affrontare il ritorno sulle scene dei Mournful Congregation, affidato a un progetto che prevede entro l’anno un doppio passaggio in formato EP riunito sotto il titolo The Exuviae of Gods e che vede oggi il rilascio della prima parte. Il combo australiano capitanato da Damon Good è ormai diventato planetariamente sinonimo del funeral doom declinato nella sua veste e forma più canonica e, almeno a partire da quel The Monad of Creation che ha davvero segnato la storia del genere, va considerato il punto di riferimento per chiunque scelga di aggirarsi dove il ritmo esala i suoi ultimi battiti, prima che spazio e tempo vengano cristallizzati in un’immobile fissità. Il piano di volo annunciato per questo primo cimento, in realtà, potrebbe non entusiasmare chi fosse in attesa dell’erede di The Incubus of Karma, ultimo monumento in formato full length cesellato ad Adelaide ormai quattro anni orsono, ma, se è pur vero che poco meno di quaranta minuti di ascolto complessivo di cui oltre un terzo dedicati a una “rilettura” di un antico brano possono sembrare poco più di un antipasto per chi è abituato ai loro pantagruelici banchetti, va detto che la portata servita è di primissima scelta e non manca di soddisfare i commensali. Al quintetto va innanzitutto riconosciuta la straordinaria capacità di aver saputo distillare anche su distanze relativamente brevi quella pozione che li rende unici nel panorama funeral, confermandosi una volta di più ispiratissimi e in grado di maneggiare con esiti sempre caleidoscopicamente nuovi una materia che la vulgata comune immagina ad alto rischio di ripetitività e saturazione. Inquadrate in questa prospettiva, allora, ecco che le tre tracce proposte assurgono alla dimensione di vero e proprio manifesto artistico della band, certificando contemporaneamente il tragitto completato sulla strada della maturazione in una carriera che sta per tagliare il ragguardevole traguardo dei trent’anni. Così bastano pochissimi secondi all’opener “Mountainous Shadows, Cast Through Time” per aprire squarci (o spalancare abissi?) intrisi di visionarietà secondo la classica ricetta Mournful Congregation, che prevede sterminati altopiani segnati da un’andatura quasi liturgico/cerimoniale che ricorre al ciclico riaffacciarsi di un tema portante ad alto tasso melodico in grado di fare da controcanto alla pesantezza opprimente delle strutture. Chi ha imparato a conoscere ed apprezzare gli australiani, però, sa che con loro un fulmen in clausula con i tratti dell’imprevedibilità è sempre in agguato e puntualmente anche stavolta l’attesa non viene tradita, complice un improvviso strappo dai vaghi contorni black che apre la strada a un assolo pulitissimo di scuola heavy ottantiana che si solleva come una sorta di monolite in emersione prima che il cadenzato e oscuro flusso lavico riprenda a scorrere. Saldato il debito con le componenti più ortodosse della poetica funeral, però, i Nostri cambiano immediatamente e radicalmente registro, assecondando nella titletrack quella vena minimalista di cui peraltro hanno già dato brillanti prove in passato (pensiamo a un gioiello come “When the Weeping Dawn Beheld Its Mortal Thirst”, che ha meravigliosamente spiazzato più di un ascoltatore ai tempi di The Monad of Creation), tra delicati rintocchi di sei corde acustiche e atmosfere rarefatte che lasciano filtrare la luce inquadrando sullo sfondo un paesaggio malinconico. L’ultimo atto è affidato alla rilettura della chilometrica “An Epic Dream of Desire”, originariamente rilasciata in modalità demo nel lontano 1995 e pronta ora a indossare una nuova veste senza comunque stravolgere gli assi portanti della versione originale. Come accade quasi sempre in simili casi, il rischio-flame è sempre in agguato, con annessi scontri filosofici tra passatisti inguaribilmente incatenati all’”essenzialità tragica” dell’originale e modernisti che invece loderanno i progressi messi a segno sul versante dell’articolazione ora quasi “teatrale” del brano, che sembra davvero mettere in scena una solitudine più prometeica che disperata. Anche in questo caso, ci sentiamo di consigliare un approccio laico che vada al di là di sterili dibattiti sulle forme, lodando in entrambe le declinazioni la capacità della band di inviare lo stesso, drammatico messaggio all’umana specie e ai suoi malriposti deliri di onnipotenza:
“The earth stands still, the air is silent
We all dream together, yet we are all alone.
The world is a lonely place, for all to pity our existence
Our minds in a maze, we do not know where to go from here”
Un grande ritorno per un moniker che si è ormai abbondantemente ritagliato uno spazio permanente nel ristretto novero delle eccellenze ben oltre i ristretti confini della nicchia su cui regnano da tempo, The Exuviae of Gods part 1 è un album che inchioda all’ascolto trasportando i viaggiatori in dimensioni parallele dove materia, vuoto ed energia si ricombinano regalando immagini in continua, poetica trasformazione. Per tutti quelli che non pensano che il funeral doom sia un uniforme (e in fondo banale) mantello nero posato su un piccolo pianeta ai margini del metal universo, i Mournful Congregation sono anche stavolta la risposta. Come sempre, definitiva.
(Osmose Productions, 2022)
1. Mountainous Shadows, Cast Through Time
2. The Exuviae of Gods
3. An Epic Dream of Desire